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Blitz all’Ilva, 7 arresti: c’è anche Fabio Riva, vicepresidente del gruppo

Altri sette arresti nell’ambito dell’inchiesta “Ambiente svenduto” che riguardano vertici della società di Taranto ma anche politici e funzionari pubblici. Bloccata la commercializzazione dei prodotti realizzati dallo stabilimento.
A cura di Susanna Picone
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Altri sette arresti nell’ambito dell’inchiesta “Ambiente svenduto” che riguardano vertici della società di Taranto ma anche politici e funzionari pubblici. Bloccata la commercializzazione dei prodotti realizzati dallo stabilimento.

Nuova bufera con un’altra raffica di arresti all’Ilva di Taranto, dopo quelli dello scorso luglio nell’inchiesta per disastro ambientale. Sono sette le persone destinatarie di provvedimento cautelare emesso dal Tribunale di Taranto: tre di loro finiscono in carcere e gli altri quattro sono agli arresti domiciliari. Sono dirigenti Ilva ma anche dirigenti pubblici accusati a vario titolo di associazione per delinquere, disastro ambientale e concussione: tra le persone raggiunte dalle misure cautelari ci sono Fabio Riva (vicepresidente del gruppo), Luigi Capogrosso (ex direttore del siderurgico di Taranto), Michele Conserva (ex assessore all’Ambiente della provincia di Taranto), Girolamo Archinà (ex dirigente Ilva licenziato nei mesi scorsi da Ferrante).

Nascondere o ridimensionare l’impatto dell’inquinamento – I provvedimenti odierni sono legati a un’inchiesta denominata “Environmenti Sold Out” (Ambiente svenduto) e curata dal pm Remo Epifani che è parallela a quella per disastro ambientale che ha portato al sequestro degli impianti dell’area a caldo del polo siderurgico. Gli arresti sono stati eseguiti dalla Guardia di Finanza sulla base di due ordinanze di custodia cautelare firmate dai due Gip Patrizia Todisco e Vilma Gilli. Secondo i magistrati l’Ilva avrebbe corrotto politici, periti e imprenditori locali per ridimensionare le attività inquinanti dell’industria. Contemporaneamente ai nuovi arresti i militari delle Fiamme Gialle hanno sequestrato anche tutto il prodotto finito giacente sulle banchine del porto di Taranto utilizzate dall’Ilva: è un sequestro preventivo chiesto e ottenuto dalla Procura e necessario per evitare che la merce possa essere commercializzata. Si tratterrebbe, infatti, di prodotti realizzati in violazione della legge.

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