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Maurizio De Giovanni: “Se andassi via da Napoli non scriverei più una parola”

Dallo scrittore e sceneggiatore napoletano una dichiarazione d’amore verso la città natale: “Fossi lontano da qui non scriverei più nulla”.
A cura di Cir. Pel.
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Maurizio De Giovanni è noto oltre che per i suoi romanzi e per essere l'autore napoletano più rappresentato in tv – ad oggi da suoi lavori sono tratte quattro fiction di successo: "Mina Settembre", "I Bastardi di Pizzofalcone", "Sara" e "Il Commissario Ricciardi" -. È noto per essere un super-tifoso del Napoli e per alcune sue dichiarazioni plateali, atti d'amore assoluto verso la sua città.

In questa categoria è sicuramente da inscrivere la dichiarazione resa a Radio Rai 1, alla trasmissione "Giù la maschera", oggi dedicata alla città partenopea dal titolo "All'ombra del Vesuvio: tra speranza e fatalismo".

Rispondendo ad una domanda rivoltagli in diretta da Marcello Foa e Alessandra Ghisleri, lo scrittore, sceneggiatore ed editorialista spiega: «Se andassi via da Napoli non scriverei più una parola». Poi continua: «Racconto quello che dice la città. Una città assorbente, ‘stretta'. Basti pensare che è il posto più densamente popolato d'Europa, nonostante i rischi. Le problematiche da zona rossa, che ci sono sempre state, sono notoriamente incombenti. Purtroppo abbiamo avuto una serie di scosse molto recenti, anche oltre il magnitudo 3. Credo che questo renda la città diversa, ‘stretta', in cui le classi sociali sono sovrapposte e interagiscono tra loro. Questo crea una omogeneità culturale, che è una ricchezza straordinaria».

Due per Maurizio De Giovanni le peculiarità di Napoli e dei napoletani:

Innanzitutto la provvisorietà, che porta alla duttilità, alla capacità di guardare il futuro sempre con ottimismo. La seconda è il fatalismo, perché sappiamo che contro il Vesuvio, come contro i Campi Flegrei, non c'è possibilità di combattimento.

La scaramanzia? È un vezzo: nessuno crede realmente alla scaramanzia. Un esempio è lo scudetto vinto dal Napoli lo scorso anno: nonostante mancasse la matematica, abbiamo iniziato a festeggiare due mesi prima, perché era tanta la voglia di farlo.

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