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Il Papa “spreta” don Antonio del Santuario di Pompei: “Molestava militari”

La decisione, presa direttamente dal pontefice, approvata dalla Congregazione per il Clero e comunicata dalla Diocesi di Pompei è inappellabile: al sacerdote è stata respinta anche una domanda di grazia presentata al Papa. Don Antonio è staro accusato di aver aiutato giovani ad entrare nell’Esercito, anche in cambio di favori sessuali.
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La Congregazione vaticana per il Clero ha “dimesso allo stato clericale”, cioè ha “spretato”, don Antonio Marrese, appartenente alla prelatura di Pompei e già cappellano militare. Marrese si sarebbe macchiato di molestie su soldati: il comunicato ufficiale chiarisce che le accuse di cui è stato ritenuto colpevole l’ormai ex sacerdote non riguardano minori. La decisione è stata presa direttamente da papa Francesco. Il provvedimento è “inappellabile e non soggetto ad alcun tipo di ricorso, giunto al termine di un processo penale canonico avviato nel 2018” come ha comunicato la diocesi di Pompei. Il sacerdote ha già presentato una domanda di grazia al pontefice, domanda che è stata respinta nel giro di pochi giorni.

Marrese, originario della provincia di Potenza, ex vicerettore della Basilica Pontificia di Pompei, è stato accusato di molestie sessuali, minacce e stalking da un carabiniere in servizio a Pisa. La magistratura italiana ha aperto un fascicolo contro di lui, ma la giustizia vaticana è stata più veloce. A Pompei è noto anche per aver curato personalmente i preparativi per le visite ufficiali al santuario di ben tre papi: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco.  Non sono doti i dettagli della decisione papale, ma è chiaro che le indagini abbiano scoperchiato più di quanto è trapelato contro don Marrese negli ultimi anni. Marrese, infatti, era stato accusato dai magistrati italiani di essere un vero e proprio faccendiere, al centro di trame e scambi di favori che avrebbero consentito a decine di persone di avere corsie preferenziali per accedere a posti pubblici nell’Esercito o nei Carabinieri, in cambio, pare anche di favori di tipo sessuale.

“Sottoposto pure al vaglio della Giustizia italiana, Antonio Marrese, nel procedimento canonico che non ha riguardato imputazioni inerenti a persone minori ma aspetti fondamentali della vita sacerdotale, è stato ritenuto colpevole di gravi reati, alcuni dei quali lesivi della reputazione di diverse persone, arrecando sofferenze e procurando pubblico scandalo e nocumento alla comunità ecclesiale. – chiarisce la nota ufficiale – Egli ha avuto ampia possibilità di difendersi, esercitandola sia attraverso ricorsi gerarchici, sia attraverso deposizioni orali e scritte sue, del suo legale e dei testimoni da lui indicati.

Antonio Marrese, dunque ha perso i diritti propri dello stato clericale e non può più esercitare il ministero sacerdotale. Tuttavia “rimane in comunione con la Chiesa in quanto fratello battezzato in Cristo ed è invitato ad attingere, come ogni fedele, alla grazia della Parola di Dio e dei sacramenti. – prosegue il comunicato della diocesi di Pompei – Una pena nella Chiesa viene inflitta sempre in vista di un bene maggiore, per colui che ne viene raggiunto e per l’intera comunità cristiana. Accogliamo con docilità questa decisione, custodendola nella preghiera e nel rispetto dell’interessato”.

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