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Il 14 marzo 1702 il terremoto di Irpinia e Benevento: 6.5 di magnitudo e oltre 400 morti

Il 14 marzo 1702 un violento terremoto tra Benevento e Irpinia di 6.5 di magnitudo rase al suolo diverse città: centinaia di morti e migliaia di sfollati.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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L'alba del 14 marzo 1702 la Campania venne scossa da una violentissima scossa di terremoto, stimata in 6.56 di magnitudo. L'epicentro fu tra Benevento ed Irpinia, e anche in quell'occasione come tante altre volte nel corso della storia distrusse intere comunità. Una conta precisa delle vittime è impossibile, ma si stima che almeno 400 persone morirono per i danni causati dal sisma, ma si pensa che almeno altrettanti non furono mai contati. Migliaia gli sfollati, mentre intere città vennero abbandonate e mai più ricostruite.

Tutto accadde attorno alle 5.30 del mattino del 14 marzo, quando tra le valli dell'Ufita e del Calore, che marcavano il confine tra il Regno di Napoli e l'enclave di Benevento che apparteneva allo Stato Pontificio, si ebbe il violento terremoto che scosse l'appennino campano. A peggiorare il tutto fu anche il quadro meteorologico: nei giorni precedenti, così come in quelli successivi alla scossa, tutta la zona era funestata da abbondanti nevicate e violenti piogge, che resero ancora più difficili i già complicati soccorsi, resi tali anche dalla mancanza di una rete stradale e di infrastrutture capace di permettere lo spostamento e l'arrivo di vivevi e aiuti per la popolazione.

Nella sola Benevento, che all'epoca contava poco più di 8mila abitanti, si ebbero oltre 150 morti, mentre vennero giù palazzi già gravemente danneggiati nel terremoto del 1688 e mai del tutto ricostruiti. Ad Apice morì quasi il 3% della popolazione, danni enormi anche ad Ariano Irpino e Mirabella Eclano. Le scosse di assestamento durarono giorni, ma quella del 14 marzo si avvertì fino a Napoli dove, fortunatamente, non fur,ono registrati danni. Una zona, quella a ridosso tra Benevento e Irpinia, che già in passato era stata teatro di violenti terremoti, come quello del 25 ottobre 990 dopo Cristo, ed ancora quello del 5 dicembre 1456 e quello del 5 giugno 1688; e che in futuro ne avrebbe dolorosamente vissuti altri, ben peggiori.

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