Bandiere per la Palestina e polemiche per il gruppo queer ebraico: cos’è successo al Pride di Napoli

A Napoli è tornato il Pride e questa volta è stato accompagnato da diverse polemiche su Palestina e Israele. A concludere la manifestazione è stata Gaia, madrina per l’edizione del 2025, con un discorso contro la guerra.
A cura di Gaia Martignetti
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"Io non voglio un Pride che tace, voglio un Pride che grida non in nostro nome!". Quando Gaia dal palco del Pride di Napoli pronuncia queste parole, è notte fonda. Il corteo ha attraversato la città non senza polemiche. Era impossibile immaginare non ci sarebbero state, visto il clima che aveva preceduto la manifestazione. Prima il viaggio in Israele del presidente della locale Arcigay Antonello Sannino e una spaccatura resa poi evidente dalle posizioni successive. Qualcuno, come l'associazione I – Ken ha deciso di disertare il Pride, altri di prendervi parte ma in modo critico. Non è mancato il gruppo ebraico queer Keshet Italia, contestato quando sale sul palco per "l'open mic". Ma facciamo un passo indietro.

L’inizio del Pride di Napoli/ foto G.Martignetti per Fanpage.it
L’inizio del Pride di Napoli/ foto G.Martignetti per Fanpage.it

Quando lo striscione che apre il corteo parte da piazza Municipio, in testa ci sono molte istituzioni: il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, l'ex presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico, il presidente di Arcigay Napoli Antonello Sannino e la madrina del Pride, Gaia. La cantante mostra un simbolo con la bandiera della Palestina per la foto di rito poi decide, come aveva annunciato, di marciare tra le persone accanto alla comunità trans. "È fondamentale prendere una posizione in questo momento. Ho scelto di marciare insieme alle persone perché il Pride è della gente. Il Pride è un atto rivoluzionario, va difeso, non va assolutamente strumentalizzato. È fondamentale che noi riprendiamo la narrativa del Pride in mano".

Gaia lascia la testa del corteo e marcia tra le persone/ foto G.Martignetti per Fanpage.it
Gaia lascia la testa del corteo e marcia tra le persone/ foto G.Martignetti per Fanpage.it

Le polemiche che hanno preceduto il Pride sembrano sparite. Al centro resta solo la sfilata arcobaleno. Il sindaco Manfredi spiega che "Napoli è la città dei diritti, dove la diversità è un valore. E questa grande partecipazione, sia della comunità, ma anche di tanti cittadini, è il segno che Napoli è una città che è avanti nella democrazia e nel riconoscimento e nella difesa dei diritti di tutti". Diverse bandiere della Palestina affollano il corteo, molto partecipato. Ci sono tutti: le famiglie arcobaleno, la comunità trans e tutte le realtà che lottano per i diritti.

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Una volta arrivati a piazza Dante dov'è allestito il palco però, iniziano le prime proteste. Quando esponenti dell'organizzazione del Pride salgono prendono la parola, partono fischi. Danilo Di Leo, mentre continua la contestazione, spiega che "i Pride sono manifestazioni pacifiche, contro ogni guerra, contro ogni genocidio. Contro ogni sterminio, contro ogni violenza. Le violenze dal vivo, verbali, quelle sui social".

Un momento della contestazione /foto G.Martignetti per Fanpage.it
Un momento della contestazione /foto G.Martignetti per Fanpage.it

Sul palco successivamente si alternano diverse realtà fino al momento dell'"open mic", uno spazio che era stato pubblicizzato anche sui social del Napoli Pride e che metteva a disposizione due minuti di tempo per ogni intervento. Con però delle regole precise: "Non daremo voce a gruppi che promuovono odio contro le persone LGBTQIA+ o che si riconoscono in ideologie di estrema destra. Non c’è libertà di parola dove c’è negazione dei nostri diritti e delle nostre vite".

Tra i partecipanti al momento dell'"open mic", c'è il gruppo queer ebraico Keshet Italia. Chi sale sul palco è accompagnato da bandiere arcobaleno con al centro la stella di David. Appena prendono parola, dal pubblico partono forti contestazioni da chi sventola la bandiera della Palestina. "Siamo ebrei italiani, i diritti delle persone queer sono sotto attacco in tutto il mondo", spiega il presidente dal palco, mentre parla delle condizioni in cui vivono le comunità dell'Ungheria di Orban e degli Stati Uniti di Trump. Tutto l'intervento è accompagnato dai fischi.

Saliranno anche altre realtà su un palco in cui la presenza delle bandiere della Palestina non manca. Loredana Rossi, presidente di Atn, ha sul polso i colori della popolazione martoriata a Gaza mentre canta "Bella ciao". Simbolo e segno, quello della Palestina, che l'associazione ATN ha da sempre abbracciato sin dalle prime polemiche attorno al Pride.

"Il Pride ha vinto è stata la risposta più bella", ha poi spiegato Sannino, presidente di Arcigay Antinoo Napoli poco prima della fine della manifestazione". "È anche una grande lezione di civiltà, continua, perché nel rispetto di posizioni diverse siamo tutti in piazza per dire no alla guerra".

Loredana Rossi sul palco / foto G.Martignetti per Fanpage.it
Loredana Rossi sul palco / foto G.Martignetti per Fanpage.it

A sancire però il superamento di ogni polemica è Gaia, madrina del Pride. Con voce commossa spiega di aver a lungo riflettuto sulla sua partecipazione, ma di aver capito l'importanza della sua presenza. Poi, tra gli applausi, pronuncia parole che uniscono e non dividono.

Il discorso di Gaia

"Ci sono esseri umani che muoiono sotto le bombe, nella paura, nella fame. Ci sono madri che piangono, bambini che tremano, famiglie che non esistono più. Non sono solo civili, sono esseri umani. E noi sappiamo esattamente cosa significhi non essere visti, non essere considerati. La pace io sono certa, sono certa che non sia una parola vuota, perché l'ho sentito oggi, l'ho sentito tra le persone, tra la gente. L'ho sentito che chi c'era era qui per un intento, una motivazione giusta per stare dalla parte della storia, quella giusta. Io sono qui dalla parte della giustizia e della verità come voi, quindi non possiamo accettare che il nostro movimento, il nostro Pride, venga usato per legittimare chi bombarda, chi occupa e chi opprime. Il Pride non è e non è mai stato questo. Io non voglio un Pride che tace. Io voglio un Pride che grida “non in nostro nome”. “Non in nostro nome”, se il nostro silenzio copre il suono delle sirene a Gaza. Non in nostro nome, se l'arcobaleno viene usato per mascherare crimini d'odio. Non in nostro nome, se qualcuno decide che alcune vite valgono meno di altre. Il mio orgoglio, oggi, s'inchina davanti a voi, che avete scelto di esserci per un Pride umano, politico e indivisibile. Il nostro silenzio non salverà nessuno, ma la nostra presenza può sicuramente cambiare qualcosa. Quindi io dico urliamo insieme il Pride è di tutte, tutt*, tutti e non sarà mai in nostro nome"

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