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Nadia Murad: la yazida resa schiava del sesso e fuggita all’Isis è la Donna dell’Anno 2016

L’attivista, già ambasciatrice dell’Onu, ha ricevuto il riconoscimento del premio promosso dal Consiglio regionale del Valle D’Aosta perché “ci insegna la dignità di non chiudere gli occhi e di combattere per i propri valori”.
A cura di A. P.
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"Incarna il cambiamento e con la sua testimonianza di vita ci insegna la dignità di non chiudere gli occhi e di combattere per i propri valori”, con questa motivazione il Premio internazionale Donna dell’Anno è stato assegnato per il 2016 a Nadia Murad Basee Taha, la donna irachena di origini yazide la cui storia ha commosso il mondo dopo essere riuscita a liberarsi e fuggire dalle torture dell'Isis che l'aveva resa una schiava del sesso. A lei sono andati i 25mila euro destinati in attività di aiuto alle donne e messi in palio dal Consiglio regionale della Valle d'Aosta per il premio che è giunto alla sua diciottesima edizione con il patrocinio della Camera dei Deputati e del Ministero degli Affari esteri.

Nadia Murad, per la giuria del premio, ha incarnato perfettamente lo spirito dell'iniziativa non arrendendosi mai di fronte alla barbarie del sedicente Califfato islamico che nel 2014 ha assaltato  il suo villaggio uccidendo i suoi sei fratelli e la madre 45enne, e trasformandola in schiava del sesso. Un destino purtroppo toccato ad altre centinaia di donne, soprattutto yazide come lei. Dietro la tragedia di Nadia Murad infatti c'è la tragedia di una intera comunità presa di mira dall'Isis e massacrata.

Per questo, dopo esseri liberata grazie ad una famiglia locale durante uno dei tanti tentativi di fuga ed aver trovato rifugio in Germania, Nadia ha deciso di raccontare a tutti la sua storia e quelle di tante altre ragazze come lei, ripetutamente violentate dagli uomini del Califfato. Nadia ha voluto che tutti sapessero l'orrore avvenuto nelle terre sotto il controllo dell'Isis. In questo ruolo dal settembre scorso Nadia è stata nominata anche ambasciatrice Onu con il compito di aiutare le donne irachene vittime del Califfato.

"Gli occhi di Nadia fissano l'interlocutore che ha davanti e, senza bisogno di parole, raccontano. Raccontano di dolori inauditi, di lutti, di ferite che non si possono rimarginare. Raccontano di un popolo sterminato, di uomini uccisi e di donne che invocano la morte per essere finalmente alleviate da tutte le atrocità" ha ricordato la giuria , concludendo: "Una volta scampata a queste torture, Nadia avrebbe potuto chiudere gli occhi ed evocare l'oblio. Invece i suoi occhi sono sempre restati ben aperti sul mondo, perché ciò che è successo non venga dimenticato e non si ripeta. E così ha deciso di far sentire la propria voce, di dare il proprio volto per questa missione di difesa e riscatto della sua comunità, in un'infaticabile attività di sensibilizzazione. Trasformando la paura in coraggio, la schiavitù in ribellione, la fuga in opportunità".

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