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Trans uccisa a Milano, pm chiede l’ergastolo per l’ex banchiere: “La vittima ha vissuto un calvario”

Il pubblico ministero ha chiesto la massima pena per Cristian Losso il 43enne che lo scorso 20 luglio avrebbe ucciso con 85 coltellate la transessuale 48enne Manuela. Per il magistrato non ci sarebbero dubbi: la vittima ha subito un “calvario” e per questo deve essere riconosciuta l’aggravante della “crudeltà, dimostrata dalle 147 lesioni sul corpo della vittima”, inferte peraltro “con una lama di 16 centimetri”.
A cura di Giorgia Venturini
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Manuela, la trans uccisa in casa (Facebook)
Manuela, la trans uccisa in casa (Facebook)

L'accusa ha chiesto una condanna all‘ergastolo per l'ex banchiere Cristian Losso, il 43enne che lo scorso 20 luglio avrebbe ucciso con 85 coltellate la transessuale 48enne Manuela. Il pubblico ministero Antonio Cristillo nella requisitoria parla di un "calvario" per la vittima: il presunto assassino ha "inferito su una persona inerme, che non si è difesa, che non ha lottato. Le sue unghie, anche piuttosto lunghe, erano intatte, in casa non vi è un solo oggetto rotto, il vicino di casa che stava facendo colazione non ha sentito nulla". Per questo il magistrato ha chiesto al giudice che vanga riconosciuta l'aggravante della "crudeltà, dimostrata dalle 147 lesioni sul corpo della vittima", inferte peraltro "con una lama di 16 centimetri".

L'assassino ha cercato di far cancellare le tracce aprendo il gas

Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti l'uomo, che era un cliente abituale di Manuela, aveva con lei un debito di circa 500 euro. Da circa un anno era affetto da una forte depressione: la notte dell'omicidio avrebbe abusato di alcol, psicofarmaci e cocaina prima di scagliarsi con estrema ferocia contro Manuela nel suo appartamento. Emanuel Alves Rabacchi, questo il nome della vittima, viveva da tempo in via Plana 10, zona piazza Firenze, a Milano dove esercitava anche la sua professione di prostituta. Losso, dopo aver sferrato le coltellate mortali a Manuela, ha aperto i rubinetti della cucina della 48enne per fare uscire il gas e si presume provocare un'esplosione: a evitare che potesse saltare in aria l'appartamento di via Plana è stata una finestra del bagno aperta che ha fatto fuoriuscire il gas. Per questo ora il pubblico ministero ha chiesto che l'imputato venga anche condannato per aver potuto causare il crollo della palazzina. "Provando a cancellare le tracce dell'omicidio – ha aggiunto l'accusa – anche aperto i fornelli di cucina per fare saltare in aria la scena del delitto, la casa era satura al 60 per cento di gas". Secondo il pubblico ministero, inoltre, l'imputato "è effettivamente colpevole, come ha parzialmente ammesso. Non vi è dubbio che abbia ucciso Rabacchi e che ne abbia voluto la morte" con una "condotta efferata caratterizzata da crudeltà". Spetta così ora la parola alla difesa prima della sentenza.

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