Rider 15enne lavora con l’account di un altro e gli paga il “pizzo” a fine giornata, all’oscuro la famiglia

Un giovane rider è stato fermato venerdì 24 marzo per un controllo dai carabinieri del nucleo Ispettorato del lavoro. Si trovava lungo i Navigli, a Milano, ed era in sella di una bicicletta elettrica. Sulle spalle aveva uno zaino colorato, quelli usati per il trasporto di cibo e altri prodotti dalle grandi compagnie del delivery. Tuttavia, è emerso che quel ragazzo ha solo 15 anni.
Esaminando il suo cellulare, si è scoperto come fosse attivo un account in una delle piattaforme più famose che non apparteneva a lui, ma un altro ragazzo maggiorenne. In pratica, il 15enne lavorava al posto suo e a fine giornata, quello che gli ha concesso l'account pretendeva un "pizzo": i guadagni elettronici che il giovanissimo aveva conquistato durante le ore di lavoro li teneva lui, e al 15enne che aveva fatto tutti i giri in bicicletta dava una percentuale in contanti.
Come emerso dalle indagini dei carabinieri, la somma dipende se lo sfruttato deve pagare solo la concessione dell'account, o anche il "prestito" della bicicletta. Una sorta di "caporalato digitale". Entrambi egiziani, il ragazzino è stato alla fine riaffidato al padre, il quale ha dichiarato di non essere a conoscenza di questo sfruttamento ai danni del figlio.
Il "caporalato digitale" a Milano
Negli ultimi giorni, in città i carabinieri guidati dal colonnello Loris Baldassarre, e supportati da 26 agenti della polizia locale, hanno controllato 93 rider pattugliando porta Genova, Navigli, piazza Gae Aulenti, coso Como, la stazione Centrale e corso Lodi. Di questi, 18 (tutti stranieri, di cui 4 irregolari) lavoravano con credenziali d'accesso false, quindi quasi il 20 per cento.
I militari fanno notare che la collaborazione da parte delle società non starebbe mancano, anzi, si starebbero muovendo per potenziare i controlli su questo fronte. Così, è stato possibile cancellare in breve tempo i profili falsi o simili. Ad esempio, alcune registrazioni sono state ottenute con documenti falsi, altre, invece, come nel caso del 15enne, con identità fornite da altre persone.