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Omicidio Jessica Faoro, ricorso in Cassazione per il tranviere condannato all’ergastolo

Ha deciso di ricorrere in Cassazione Alessandro Garlaschi, il tranviere 41enne condannato all’ergastolo per l’omicidio di Jessica Valentina Faoro, la 19enne uccisa a Milano nel febbraio 2018 con 85 coltellate. Nelle scorse settimane l’uomo aveva fatto richiesta di domiciliari, poi respinta, presso una casa di cura.
A cura di Chiara Ammendola
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Ha deciso di ricorrere in Cassazione Alessandro Garlaschi, il tranviere 41enne condannato all’ergastolo in secondo grado per l’omicidio di Jessica Valentina Faoro, uccisa a Milano nel febbraio 2018. La giovane fu colpita da 85 coltellate dall'uomo che la ospitava nella sua casa di via Brioschi a Milano.

Garlaschi aveva chiesto gli arresti domiciliari presso una casa di cura

Nelle scorse settimane era arrivata la risposta della Corte d'assise d’appello milanese che aveva respinto la sua richiesta di modifica della misura della custodia cautelare: il tranviere aveva infatti chiesto di poter ottenere gli arresti domiciliari presso una casa di cura. Secondo quanto riportato da IlGiorno, alla richiesta si era opposto l’avvocato Eliana Capizzi, che assiste Annamaria Natella, la madre della giovane. Il legale ha precisato con una memoria che a suo dire "non sono ravvisabili elementi patologico-clinici e fattuali che suffraghino l’asserita incompatibilità tra le condizioni del Signor Garlaschi ed il regime carcerario".

La morte di Jessica agevolata dalla condizione di abbandono e solitudine della giovane

Lo scorso 27 maggio la Corte d'Assise d'appello di Milano aveva confermato la condanna all'ergastolo per l'uomo. Condanna accolta con sollievo dai genitori della giovane: "Jessica ha avuto giustizia", le parole del padre della 19enne dopo la lettura della sentenza. In aula era presente anche la madre della ragazza, a cui però i giudici non hanno riconosciuto una provvisionale a causa della "perdita del rapporto parentale". Nelle motivazioni di condanna all'ergastolo, la Corte d’assise d’appello aveva scritto che la "atroce morte" di Jessica fu "indirettamente agevolata dalla condizione di abbandono, di solitudine e dal venir meno di ogni tutelante sostegno emotivo che ha scandito e caratterizzato la breve esistenza in vita" della ragazza.

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