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Milano, bimbo morto a scuola: maestra di Leonardo condannata perché “non ha vigilato su di lui”

Una delle due maestre di Leonardo, il bambino di cinque anni precipitato dalla tromba della scale della scuola e morto poco dopo il suo arrivo in ospedale, è stata condannata a un anno di reclusione perché “non ha vigilato sul bambino”. Questo quanto ha scritto il gup di Milano Elisabetta Meyer nelle motivazioni della sentenza.
A cura di Filippo M. Capra
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Il giudice per l'udienza preliminare di Milano Elisabetta Meyer ha depositato le motivazioni della condanna a un anno per la maestra di Leonardo, il piccolo di cinque anni e mezzo precipitato e morto nella tromba delle scale della scuola elementare Pirelli nell'ottobre del 2019. La sentenza di condanna per l'imputazione di omicidio colposo era arrivata lo scorso maggio in rito abbreviato.

La maestra non ha vigilato su Leonardo

Secondo quanto scrive il gup, "si reputa che il tragico evento rappresenti la concretizzazione del rischio massimo che le norme cautelari" puntavano "a prevenire e che l'evento non si sarebbe verificato se l'imputata avesse agito nel rispetto" delle direttive da seguire per la vigilanza degli alunni che lei aveva sottoscritto. Inoltre, la giudice ha aggiunto che "non si può all'evidenza invocare l'imprevedibilità della condotta" del piccolo Leonardo in quanto "la normativa interna che disciplina i comportamenti degli insegnanti è tesa a prevenire l'esposizione al pericolo degli alunni, soprattutto dei più piccoli". E ancora: neanche l'altezza del parapetto (poco più di un metro) anche se "non conforme a quella prevista dal regolamento edilizio del Comune di Milano (110 centimetri) può escludere l'imputazione dell'evento".

Bidella patteggia due anni

Con la deposizione delle motivazioni, la gup Meyer ha anche ratificato il patteggiamento di una seconda imputata, la bidella, a due anni di reclusione con pena sospesa. Da poco si è aperto il processo per la terza imputata, l'insegnante di sostegno, per cui i suoi legali hanno escluso responsabilità dirette. Spetterà al magistrato decidere se condannarla o meno.

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