Massimo Adriatici a processo per omicidio, sospeso dall’ordine degli avvocati: “Leso il decoro della professione”

"Ha compromesso non solo la propria reputazione professionale, ma anche l’immagine della professione forense". Per questo motivo l’ex assessore-sceriffo leghista di Voghera Massimo Adriatici, a processo per la morte di Younes El Boussettaoui con l’accusa di omicidio volontario, è stato sospeso per tre anni dalla professione di avvocato dal Consiglio distrettuale di disciplina. Provvedimento che, però, resta al momento sospeso perché l’avvocato ha presentato ricorso.
Massimo Adriatici, accusato di omicidio: il processo
Al di là della deontologia, lo scorso 11 dicembre si è aperto il nuovo processo a carico di Massimo Adriatici presso il Tribunale di Pavia. L'accusa a suo carico è quella di omicidio volontario per la morte di Younes El Boussettaoui, il 39enne ucciso la sera del 20 luglio 2021 con un colpo di pistola esploso dall'ex assessore-sceriffo leghista di Voghera dopo che il 39enne lo aveva colpito al volto.
Nelle motivazioni del collegio, viene spiegato che la sera della morte di El Boussettaoui, Adriatici "nella consapevolezza di essere armato" seguiva il 39enne "con l’intento di tenerlo d’occhio e di sorprenderlo, con tempestività, in azioni tali da consentire alle forze dell’ordine di sopraggiungere per tempo, nonostante egli, in quel momento, non fosse titolato allo svolgimento di qualsivoglia operazione di tal genere". Da ciò, secondo il collegio, i fatti sarebbero stati "pienamente" e "assolutamente" evitabili.
In aula Adriatici ha ribadito la volontà di risarcire i familiari del 39enne, offrendo complessivamente 220 mila euro. I genitori, i fratelli e le sorelle, rappresentati dagli avvocati Debora Piazza e Marco Romagnoli, hanno però rifiutato l'indennizzo. "È da quattro anni che sto vivendo l’aspetto umano di questa vicenda che mi porterò avanti tutta la vita", ha commentato l'ex assessore. "Ho aiutato la moglie e i due figli minori e ho dato un indennizzo. Ho fatto la medesima proposta ad altri familiari i quali non hanno accettato. Tutto ciò pur non sentendomi responsabile della morte del mio aggressore".
In occasione della prossima udienza, attesa il 23 ottobre, il giudice Luigi Riganti sarà chiamato a esprimersi sull'eventuale rinvio a giudizio formulato dalla Procura.