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La piccola Diana potrebbe aver smesso di lottare in attesa della madre: cosa suggerisce l’autopsia

Diana potrebbe aver smesso di combattere per sopravvivere dopo aver compreso che Alessia Pifferi questa volta non sarebbe arrivata in tempo per salvarla.
A cura di Anna Vagli
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Diana Pifferi
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L’autopsia sul corpo della piccola Diana non ha chiarito le cause della morte. Dunque, mentre la Procura richiede nuovi accertamenti e cresce l’attesa per l’esito degli esami tossicologici, la fondatezza del decesso intervenuto per la fame e la sete porta nuovamente a riflettere sul perché nessuno abbia sentito piangere la piccola.

Chiusa tra le mura domestiche nel caldo infernale milanese, la reazione fisiologica e primordiale, nonché unica arma a disposizione per denunciare un malessere di una bambina di quell’età, sarebbe stata proprio il pianto e le grida.

Stando sempre agli accertamenti medico-legali, la bambina sarebbe morta circa 24 ore prima del ritrovamento. Quindi, dopo una lunga e dolorosa agonia. Dirimente, ribadisco, saranno anche le risultanze sul latte rinvenuto sul biberon per confermare o meno l'assunzione delle benzodiazepine.

Diana potrebbe aver smesso di lottare

A questo punto, non possiamo non formulare un’ipotesi ancor più agghiacciante. Stando a indiscrezioni, nello stomaco di Diana sarebbe stato rinvenuto materiale verosimilmente corrispondente a quello del cuscino.

In questa direzione, qualcuno potrebbe supporre che la bambina ha provato ad aggrapparsi alla vita fino alla fine. Ma, è altrettanto vero che, trattandosi di materiale non degradabile in lassi temporali brevi, Diana potrebbe averlo ingerito nei primi giorni in cui era sola.

Il punto di riflessione è un altro. Ed è ancora più estenuante. Torniamo, quindi, al silenzio drammatico con il quale la figlia di Alessia Pifferi ha scelto di andarsene.

In questo senso,  anche laddove la piccola fosse stata sedata, lo stordimento non può essersi prolungato fino a quando è morta, è altamente probabile che il mancato pianto sia da attribuire all’abbandono. All’abbandono di Diana al suo tragico destino.

Forse la bambina si è arresa alla consapevolezza che, questa volta, non sarebbe stata come tutte le altre volte in cui sua madre Alessia si era assentata per giorni lasciandola sola. Questa volta avrebbe impiegato più tempo del dovuto e sarebbe stato comunque troppo tardi. Dunque, potrebbe essersi lasciata andare.

Dopo la disperazione e la sofferenza iniziale, è possibile che non abbia più neppure avuto le forze di appellarsi al pianto incessante come richiesta di aiuto.

Nonostante sia tremendamente drammatico, provate ad immaginare una bambina così piccola sola in un appartamento, senza sua madre, senza cibo, senza acqua ed in condizioni climatiche che metterebbero a dura prova anche un adulto. Aggiungete l’impossibilità di provvedere alla propria autoconservazione a causa dei pochi mesi di vita.

Ma, in questo scenario, quando si ha un anno e mezzo, si è grandi abbastanza per comprendere quello che ci accade attorno. Specialmente se, come per Diana, non è la prima volta che succede di rimanere da soli e abbandonati a sé stessi.

Un film già visto. Quindi, non soltanto fisicamente, ma anche psicologicamente, la piccola potrebbe non avercela fatta più ed aver perso la forza di combattere. Rimettendosi così al suo atroce destino.

La consulenza psichiatrica

La mostruosità di Alessia spaventa anche i suoi nuovi legali che, prima di imbarcarsi nella richiesta della perizia psichiatrica, hanno oculatamente disposto una consulenza neuro-psichiatrica di parte.

Strategicamente la mossa degli addetti ai lavori è vincente. Perché, in tal modo, si riservano di capire, attraverso un esame di parte, se Alessia fosse o meno capace di intendere e di volere. E si riservano di comprenderlo prima che quel tipo di perizia venga svolta da un perito del giudice. Stessa mossa dei legali di Martina Patti.

Il male esiste e fa paura. A tutti. Nel frattempo la criminale, perché il termine madre risulta assai svuotato considerate le circostanze, è piantonata in carcere per il timore che possa compiere un gesto estremo.

Potrebbe davvero arrivare a farlo? No, vi garantisco di no. Una personalità con caratteristiche di questo tipo, animata da uno smodato egocentrismo, non arriverebbe mai a farlo. Al massimo, potrebbe simularne un tentativo.

Nelle ultime ore, ha dichiarato uno dei suoi legali, è fortemente preoccupata perché il suo compagno non le risponde al telefono. Dimostrando quali fossero e quali continuino ad essere le sue priorità.

Ricordiamoci che, ancora oggi, resta un mistero chi sia il padre biologico. Gli inquirenti stanno cercando riscontri sul telefono di Alessia. Forse davvero Diana è venuta al mondo senza mai nascere.

Il popolo invoca la pena esemplare

La Procura di Milano ha ricevuto nelle ultime ore svariate e-mail con le quali i cittadini chiedono una pena esemplare per Alessia Pifferi e nessun sconto di pena.

Probabilmente, il vento sta cambiando. Sta cambiando con riferimento alla collettiva presa di coscienza che la spietatezza non deve essere per forza spiegata con la follia.

Al contrario, appartiene all’esame umano. E forse a lui solo. Perché gli animali uccidono sempre per spirito di sopravvivenza e non si macchiano degli orrori di cui noi, che vantiamo una superiorità di specie, siamo capaci.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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