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Alessia Pifferi soffriva di dipendenza affettiva e la “droga-partner” l’ha portata a lasciar morire la figlia

Dalle ultime novità emerse durante il processo a Diana Pifferi emerge che la donna avesse una dipendenza affettiva che l’ha portata a mettere in secondo piano la figlia.
A cura di Anna Vagli
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Nel corso della giornata di oggi, martedì 10 ottobre, è prevista una nuova udienza del processo proprio a carico della donna accusata di aver ucciso sua figlia Diana, sia pur con una modalità passiva. In aula verrà avanzata una nuova richiesta di perizia psichiatrica, questa volta super partes, per stabilire se la donna fosse o meno capace di intendere e di volere nel momento in cui si determinava a lasciare morire di stenti Diana. In realtà, all'avviso di chi scrive, Alessia aveva una totale percezione dei bisogni: i suoi. Bisogni che, però, ne riflettevano di più grandi: quelli del compagno Angelo Mario. Un compagno per il quale avrebbe fatto carte false pur di tenerlo con sé per tutta la vita. Un sentimento borboso che potrebbe ricadere nella definizione più ampia di dipendenza affettiva.

Per ogni persona l’amore è un bisogno fisiologico. Il significato di amore però cambia con riferimento a chi diventa eccessivamente dipendente dall’altro. Chi è affetto da quella che noi addetti ai lavori chiamiamo dipendenza affettiva diventa ossessionato e vive il rapporto con il partner come una necessità, come un presupposto imprescindibile addirittura per la propria esistenza. Sperimentando una paura eccessiva di essere abbandonato. Per questo cerca con ogni mezzo l’attenzione dell’altro, cercando di soddisfarne in ogni modo i desideri. Sempre a discapito dei propri.

Alessia Pifferi in tribunale
Alessia Pifferi in tribunale

In questi casi, il meccanismo è lo stesso delle altre dipendenze. L’intera vita di chi vive questa condizione gravita intorno alla "droga-partner", alla sensazione di non aver mai abbastanza dell’altro ed all’inquietudine e al totale senso di smarrimento derivante dalla sua assenza. Dunque, tutto finisce con l’essere condizionato dai bisogni del compagno o aspirante tale, dalle sue volontà e dalla necessità impellente di accontentarlo pur di farsi amare e accettare per come e per quel che si è.

Alessia Pifferi soffriva probabilmente di dipendenza affettiva. Proprio perché ha investito tutte le proprie energie per apparire agli occhi del partner come una compagna ideale e quindi insostituibile. In generale, tutto il suo agire dalla nascita di Diana sino alla sua morte è stato mosso dal soddisfacimento dei propri bisogni di natura egoistica. Una vita incentrata sulla relazione sentimentale con Angelo Mario, il suo uomo. Una relazione, secondo quanto dichiarato in aula, che sperava un giorno potesse essere sigillata con il matrimonio.

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Per questa ragione era arrivata a prostituirsi e a noleggiare limousine pur di compiacerlo e di renderlo felice. Dimenticandosi totalmente della figlia Diana e dei suoi bisogni. Ma, anzi, inventando un battesimo che mai si sarebbe celebrato. Anche quello al solo scopo di recuperare soldi per potersi pagare viaggi a bordo di auto di lusso e cene al lago. Alle amiche, come hanno confermato i messaggi vocali riprodotti in aula durante l’ultima udienza, chiedeva di andarla a trovare in modo da potergli consegnare le bomboniere. Bomboniere che la donna non aveva mai acquistato. Ma che, come ha fatto sapere il suo legale durante la trasmissione Iceberg su TeleLombardia, aveva riciclato tra gli oggetti presenti nella sua abitazione.

In definitiva, nonostante la perizia psichiatrica super partes che verrà richiesta nel corso dell’udienza di domani, è molto difficile credere che il deficit intellettivo diagnosticato dal consulente di parte possa essere ritenuto in grado di ridurre o addirittura escludere la capacità di intendere e di volere di Alessia Pifferi. Ciò perché i disturbi della personalità, quelli considerati in grado di determinare un vizio parziale o totale di mente, se presenti, non si manifestano in maniera intermittente. O sono presenti e quindi influiscono anche sul normale svolgimento delle attività quotidiane di chi ne è afflitto o sono del tutto assenti. Dunque, sulla base di quel che sta emergendo nel corso del processo, non sembra proprio che Alessia Pifferi non fosse in grado di organizzare le gite fuori porta con il compagno Angelo Mario. Così come non sembra avesse particolari difficoltà nel mentire e nel prostituirsi con un unico scopo: quello di ottenere liquidità economica per conquistare Angelo Mario. L’uomo che un giorno auspicava potesse diventare suo marito.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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