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Consigliera Pirovano: “Ho preso il bonus Covid e lo rivendico, lo facciano anche i parlamentari”

“Nel mio piccolo mi faccio avanti e rivendico la mia condizione di lavoratrice. Ora quei cinque parlamentari dovrebbero dire chi sono, con nome e cognome”. Anita Pirovano, 38 anni, consigliera comunale milanese, ha spiegato a Fanpage.it cosa l’ha portata ad ‘autodenunciarsi’ come una delle migliaia di consiglieri e amministratori che hanno chiesto e percepito il bonus da 600 euro per le partite Iva. “Non ci sto a sentirmi tirata nel grande calderone dell’indignazione. La politica non è tutta uguale”.
A cura di Simone Gorla
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"Non ho nulla da nascondere, rivendico la mia condizione di lavoratrice e allo stesso tempo persona che fa politica. Esco allo scoperto sperando che facciano lo stesso i cinque parlamentari che hanno fatto quel gesto scellerato. Io nel mio piccolo mi faccio avanti, loro dovrebbero spiegare le loro ragioni o almeno dire chi sono, con nome e cognome". Anita Pirovano, 38 anni, consigliera comunale milanese, spiega a Fanpage.it le ragioni che l'hanno portata ad ‘autodenunciarsi' come una delle migliaia di consiglieri e amministratori che hanno chiesto e percepito il bonus da 600 euro per le partite Iva.

Cosa ti ha spinta a metterci la faccia e affrontare così la rabbia montata per il caso dei parlamentari che hanno ricevuto il contributo?

Avevo l'ambizione di parlare a concittadini e amici per fare passare tre messaggi. Il primo è che non ci sto a sentirmi tirata nel grande calderone dell'indignazione. La politica non è tutta uguale, è offensivo generalizzare e coinvolgere anche chi a livello di enti locali si impegna, mettendoci il suo tempo, a volte i propri soldi. Penso davvero ai sindaci del paesi piccolissimi. Il secondo è l'invito ai cinque parlamentari a farsi avanti. Il terzo è un messaggio dal punto di vista di una generazione.

È una questione generazionale o politica?

È anche un problema generazionale. Noi trentenni paghiamo a tutti i livelli i privilegi di chi è venuto prima. I miei redditi sono pubblici, tutti i giorni devo tenere insieme il mio lavoro da psicologa, l'incarico da consigliera comunale, i miei impegni di vita, e lo faccio sacrificando tutto quello che posso sacrificare. Come me, tutta la mia generazione negli ultimi 20 anni ha subìto le scelte della classe dirigente.

Chi fa politica lavorando a partita Iva rischia di sentirsi addirittura discriminato adesso?

Ricordo solo che, giustamente, la legge prevede permessi e agevolazioni per chi è dipendente e svolge un incarico istituzionale. Chi ha la partita Iva questi incentivi non li ha. Durante il lockdown se fossi stata una lavoratrice dipendente avrei avuto la cassa integrazione e nessun avrebbe protestato. C'è un pregiudizio negativo verso chi ha la partita Iva, magari non per sua scelta ma per un mercato del lavoro che ormai è questo per noi giovani. In mezzo all'emergenza hai paura di non riuscire a pagare il mutuo anche se fai politica. Qual è la differenza? Non accetto che il mio fare politica venga visto di default come un privilegio.

Che reazioni ha suscitato la tua presa di posizione?

Molti di quelli che commentano hanno capito il mio punto di vista. Ovviamente c'è una parte di rabbia, giustificata dallo scandalo dei parlamentari, ma anche per la sfiducia generalizzata nella politica. Penso nel mio piccolo di aver fatto un servizio nel sottolineare la responsabilità di chi ha sbagliato.

Nessun pentimento quindi?

Io sono in pace con me stessa, non sono per niente pentita di aver scritto quel post, anche se mi è costato una mattinata a rispondere al telefono per spiegare la mia decisione, mentre sono in vacanza. Lo faccio con piacere perché credo che lavorare mentre si fa politica sia un arricchimento e mi renda più autonoma nelle mie scelte. Questo è un punto fondamentale.

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