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Matilde Serao torna in libreria dopo 90 anni: “Mors tua”, l’ultimo coraggioso romanzo

A distanza di 90 anni dalla morte di Matilde Serao, torna in libreria “Mors tua”, l’ultimo, coraggioso romanzo contro la guerra e la sua barbarie dell’autrice del “Ventre di Napoli”.
A cura di Federica D'Alfonso
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Nel 1926, un anno prima della morte, Matilde Serao pubblicava “Mors tua”: un romanzo rimasto per anni nell'ombra, osteggiato dal regime fascista e relegato dalla critica ai margini della più nota produzione letteraria della scrittrice. Eppure, a distanza di novant'anni, questo “Romanzo in tre giornate” è tornato in libreria, grazie alla casa editrice Studio Garamond: nel 2016 Matilde Serao è stata inserita nella collana “Supernova” che ha già riscoperto importanti pagine della letteratura italiana e dimenticate, come "I misteri di Montecitorio " di Ettore Socci e "Casta diva" di Gerolamo Rovetta.

È questo un ritorno che assume un valore ancor più importante quest'anno, a novant'anni dalla scomparsa dell'autrice, morta a Napoli il 25 luglio del 1927, perché dà la possibilità di rileggere una Serao diversa, meno nota, una Serao più matura, ancor meno anticonformista e profondamente impegnata.

Mors Tua, la voce della tragedia

Mors tua” esce a distanza di pochi anni dal primo conflitto mondiale, quando le ferite della guerra sono ancora aperte e sanguinanti, e le giovani generazioni hanno ricevuto in eredità dal passato soltanto un altro grande dramma che si prepara a scoppiare. E sono proprio le giovani generazioni ad essere protagoniste del romanzo, insieme ai padri e alle madri che le guardano inermi sacrificarsi in nome di qualcosa di incomprensibile: la Serao mette insieme come in un grande mosaico le voci di uomini e donne che sono anche mariti e mogli, padri e madri, e che in forza proprio di questi legami, che di fronte alla Storia contano ben poco, diventano indirettamente vittime inermi della guerra che si combatte in trincea.

Il romanzo si apre con Carolina Leoni, Carmela Soria, Antonia Scalese e Marta Ardore: nomi comuni, donne comuni, semplici ed innocenti vittime della follia collettiva della guerra che ha imposto loro il più atroce dei sacrifici, quello filiale. Sono donne che, rinchiuse nella illusoria sicurezza di un'appartamento in Via Veneto non hanno più nulla se non le lacrime che versano sul destino dei loro poveri figli mandati a morire al fronte. Matilde Serao riesce ad entrare nell'anima e nel cuore dei protagonisti come mai aveva fatto, restituendo una testimonianza forte, e fortemente impegnata, del conflitto (o meglio dei conflitti) in atto:

No. La mia anima è vincolata dal mio sangue materno. Io non sono libera. Io sono schiava del mio amore per te, figlio mio…

Un fallimento all'epoca, importante testimonianza oggi

Il romanzo nasce nella mente di Matilde Serao, e si dipana attraverso le decine di voci che riporta, come una forte denuncia delle conseguenze devastanti della guerra sulla vita quotidiana delle persone. E proprio per questo non piacque al nascente regime fascista, che in quel momento faceva della follia militarista uno dei capisaldi della propria propaganda politica. Persino la critica letteraria lesse il romanzo con uno scetticismo forse fin troppo acuto: la Serao venne accusata di utilizzare un linguaggio troppo “dannunziano”, troppo aulico, per una materia così cruda e semplice.

“Mors tua” fu, all'epoca, il più grande fallimento personale della Serao, che grazie ad esso sperava nel Premio Nobel per la Letteratura. Segnalato come antipatriottico e fin troppo sinceramente ed autenticamente antibellico, il romanzo venne condannato dai dirigenti culturali fascisti, che preferirono come candidata al Nobel Grazia Deledda (vincitrice del Premio proprio nel 1926).

Ma scegliere di pubblicare nuovamente questo romanzo ha voluto dire proprio sottrarre Matilde Serao dalla condanna di tempi non maturi, di tempi fin troppo saturi di orrore per concepire una voce fuori dal coro: rileggere “Mors Tua” oggi, vuol dire trovarsi di fronte non solo un romanzo di estrema bellezza, ma anche riscoprire una memoria storica che, anche se sotto forma letteraria, è ancora indispensabile tenere presente.

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