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Luca Traini resta in carcere. I giudici: “Non ha mostrato vero pentimento, è pericoloso”

I giudici del Tribunale del Riesame chiamati ad esprimersi sulla misura cautelare del neofascista marchigiano hanno spiegato che non ha mostrato nessun segno di pentimento e che il giorno della tentata strage era in grado di intendere e volere: “Dagli atti è anche emersa l’ipotesi – non del tutto accertata – di un tentativo da parte di Traini di manipolazione dei risultati di parte dei test psicodiagnostici cui era stato sottoposto”.
A cura di Davide Falcioni
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Luca Traini, il trentenne di Tolentino che il 3 febbraio del 2008 tentò di uccidere sei immigrati sparando loro dalla sua auto nelle strade di Macerata, deve rimanere in carcere perché non ha mostrato nessun vero segno di pentimento. E' quanto affermano i giudici del Tribunale del Riesame di Ancona che hanno rigettato la richiesta di modifica della misura cautelare presentata dall'avvocato Giancarlo Giulianelli, difensore del neofascita marchigiano condannato dopo un processo celebrato con rito abbreviato a 12 anni per i reati di strage, danneggiamento, porto abusivo di arma, esplosioni pericolose.

Secondo i giudici Traini non avrebbe elaborato nessun reale pentimento per il gesto compiuto: "Il vero punto di contestazione – scrivono, come riporta il quotidiano Cronache Maceratesi – attiene alla valutazione della personalità dell’imputato il quale, secondo la difesa, avrebbe mostrato indici di sicuro ravvedimento in relazione alle condotte poste in essere". Tale valutazione non è però condivisa dal Tribunale del Riesame: "Non ritiene il Collegio che dagli atti si rinvengano elementi che possano condurre ad una differente, rispetto a quella iniziale, valutazione della personalità dell’imputato, non potendosi certo ritenere che una sola proposizione di pentimento, la cui veridicità viene messa in discussione dalla stessa Corte nella motivazione della sentenza, pentimento ritenuto ‘tardivo e poco convincente', possa far giungere ad una differente valutazione a fronte della gravità della condotta anche in ragione delle motivazioni che vi erano alla base e che la Corte stessa ha pienamente riscontrato".

Non solo: i giudici hanno dichiarato che Traini il giorno della strage era pienamente capace di intendere e volere: "Dagli atti è anche emersa l’ipotesi – non del tutto accertata – di un tentativo da parte di Traini di manipolazione dei risultati di parte dei test psicodiagnostici cui era stato sottoposto". Per questo "appare evidente che a fronte della gravità delle condotte poste in essere, la cui piena comprensione del disvalore, era dunque presente sin dall’inizio nell’imputato, non può ritenersi che un mero pentimento possa far ritenere diminuita la sua pericolosità sociale". Dalla sentenza di primo grado inoltre emerge come "pienamente provato sia il movente legato all’odio razziale, emerso sin dalle prime dichiarazioni rese, come riportate nella sentenza e, – come giustamente sottolineato – al di là del presunto pentimento, ciò che va evidenziato è che lo stesso Traini abbia negato e tuttora non riconosce che il movente era proprio quello dell’odio razziale, indice questo di una perdurante non comprensione del disvalore aggiunto delle condotte poste in essere ma anche del permanere intatta della sua pericolosità sociale per una mancanza di reale comprensione dei fatti".

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