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Lobby, ‘ndrangheta e Lega di Salvini: chi c’è nel business del compost in Veneto

Finanziamenti al partito della Lega di Salvini, consulenze al Governo e senatori leghisti con ruoli dirigenziali nelle società. Le mani dei leghisti nel business del compost in Veneto ruotano intorno ad una società municipalizzata con un giro d’affari da novanta milioni di euro, fondata nel 1995 da “il Calabrese”, un imprenditore veneto arrestato per ‘ndrangheta.
A cura di Sacha Biazzo
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Il nostro viaggio nella terra del compost parte da Este, una cittadina veneta a pochi chilometri da Padova. È qui che sorge la Società Estense Servizi Ambientali, più conosciuta con l’acronimo S.e.s.a., un’azienda di rifiuti che ogni anno fa utili per otto milioni di euro. Cifre importanti per una municipalizzata di un paese con poco più di 16 mila anime. La fortuna di questa società è stata lanciarsi più di 20 anni fa in un business che prometteva lauti dividendi: il compostaggio industriale, ovvero la trasformazione in terriccio della frazione umida dei rifiuti solidi urbani. Questo processo permette di guadagnare due volte dagli stessi rifiuti, non solo smaltendo ingenti quantità di umido, ma anche dalla produzione di energia tramite il biometano.

Il processo di formazione del compost noi lo dobbiamo immaginare – ci spiega il professore universitario Gianni Tamino, esperto in biologia – come la digestione che avviene nel nostro intestino, solo che al posto dello stomaco qui vengono utilizzati degli enormi digestori”.

Il business è semplice: più rifiuti raccogli, più compost produci e più guadagni. Non è un caso che dalle 386 mila tonnellate del 2011, i rifiuti in ingresso in Sesa sono saliti a 473 mila in cinque anni, con una produzione nel 2018 di 68 mila tonnellate di compost per un fatturato di più di 96 milioni di euro. Per produrre tutto questo materiale non bastano i rifiuti della bassa padovana, per questo Sesa ha chiuso accordi per importare rifiuti urbani da mezza Italia: in particolare con le aziende della Campania dove la mancanza di impianti di compostaggio fa sì che il 95% della raccolta differenziata debba emigrare fuori regione con un inevitabile lievitamento dei costi.

Gli episodi dell’inchiesta
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Ma chi beneficia di questo enorme capitale?

Quando si nomina Sesa non diciamo solo comune di Este, che ne detiene il 51% delle quote, ma anche un privato, Angelo Mandato, veneziano, classe 1966, che, tramite la holding Finam, ne detiene il 49%. Mandato arriva nella società estense nel 1995 insieme ad uno dei fondatori, un personaggio molto conosciuto negli ambienti malavitosi dei rifiuti: Sandro Rossato, soprannominato “il Calabrese” per via dei suoi contatti con la ‘ndrangheta, nonostante fosse purosangue veneto.

È nel nord est che Rossato aveva costruito un impero tramite società di rifiuti, dove lo stesso Mandato inizia la sua carriera che lo porta alla nomina di amministratore delegato di quella che sarebbe diventata una delle più grandi aziende d’Europa attive nel mercato della raccolta differenziata e delle bioenergie. Nel 1995, infatti, quando Rossato diventa il vicepresidente della Sesa, Mandato viene chiamato come consigliere, per poi diventare qualche anno dopo amministratore delegato. Sandro Rossato per nove anni condivide con Mandato la pianificazione degli affari della società estense prima di lasciare l’incarico di vicepresidente nel 2004, pochi anni prima dell’inizio dei guai con la giustizia.

Nel 2006, “il Calabrese” viene arrestato per la prima volta insieme ad alcuni membri delle famiglie ‘ndranghetiste. Rossato si salva con un proscioglimento, ma nel 2014 viene arrestato di nuovo all’interno della stessa indagine con l’accusa di essersi aggiudicato con le cosche degli Alampi-Libri appalti illeciti a Reggio Calabria. Secondo gli inquirenti calabresi che hanno indagato sugli affari del fondatore della Sesa, “Rossato in qualità di proprietario della Rossato Fortunato Srl (e di altre aziende) si poneva al costante servizio dell’associazione mafiosa per la realizzazione dei suoi fini illeciti ricevendo disposizioni”.

L’indagine calabrese gli costa l’eliminazione delle sue aziende dalla “White list”, per decisione del prefetto di Venezia. Una delle sue società viene dunque eliminata dalla lista dei fornitori di servizi perché non considerata immune dal tentativo di infiltrazione mafiosa. Sandro Rossato muore nel 2015 prima della conclusione del processo. La Sesa rimase esclusa dalle vicende giudiziarie, anche perché “il Calabrese” non aveva più nessun ruolo nella società, mentre la Finam di Mandato si sostituisce nel 49% delle quote di Sesa che prima erano riconducibili a Rossato.

L’holding di Mandato è la capostipite di un castello di società che hanno un comune denominatore, l’indirizzo di Mirano, via Stazione, 80. È in questo anonimo civico situato nell’area industriale in provincia di Venezia che trovano sede legale tutte le aziende legate in qualche modo al patron del compost.

La Finam che possiede il 49% di Sesa e che è posseduta al 45% da Mandato. La Biogreen con proprietà per l’80% di Vallette, società al 45% di Mandato, oltre ad altre quattro aziende tutte legate alle biomasse e al compostaggio: la Bioman, di cui oltre il 50% è di Finam, la Agriman, controllata sempre da Finam, la Agrival, al 100% di Agriman e la già citata Vallette.

È scartabellando nella mole gigantesca di documenti raccolti intorno a queste società che prende forma l’intreccio tra il maleodorante mondo dei rifiuti e quello della politica.

Mentre lavoriamo sulla Sesa scopriamo che un assistente personale di Mandato, Fabrizio Ghedin, classe 1971, oltre ad essere il responsabile delle relazioni esterne della Sesa, è anche consulente del governo gialloverde di Giuseppe Conte. Nel dicembre 2018, infatti, ha firmato un contratto di collaborazione con la sottosegretaria del Ministro per l’ambiente e la tutela del territorio, la leghista Vannia Gava.

Per questo incarico, come si può leggere dal sito del Ministero delle politiche ambientali, oggi Ghedin gode di uno stipendio di 40 mila euro di soldi pubblici in qualità di suo assistente per la comunicazione.

In un video istituzionale pubblicato dalla stessa sottosegretaria si sente il suo spin doctor Ghedin ringraziarla per il suo operato a nome dell’intera categoria: “Lei sta svolgendo un’opera di cui tutto il comparto le è riconoscente per aiutare la messa in atto del decreto sul biometano”.

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Chissà se il Ministro dell’ambiente, il generale Sergio Costa (vicinissimo al Movimento 5 Stelle), è a conoscenza che a consigliare la sua sottosegretaria sulle politiche ambientali è un consulente che nei video istituzionali parla non nell’interesse pubblico, ma a nome delle aziende private per cui lavora. Ghedin quando non è nelle aule ministeriali, infatti, è responsabile delle relazioni esterne non solo della Sesa, una delle più grandi aziende europee che investono risorse proprio nel biometano, ma anche della Bioman.

I legami con la Lega di Matteo Salvini

La sottosegretaria Gava e il suo spin doctor non hanno nascosto il loro interesse nel business dei rifiuti, lo si evince anche da un video pubblicato sui social in cui Fabrizio Ghedin accompagna  l'esponente leghista allo stabilimento Bioman di Maniago: “Ho visitato un impianto meraviglioso all’avanguardia. Io credo che questo sia un fiore all’occhiello in Friuli Venezia Giulia e in tutto il territorio nazionale. Dobbiamo guardare in questa direzione se vogliamo considerare il rifiuto non più un problema ma una risorsa”.

La Bioman di Pordenone, con sede sempre nella famosa via di Mirano, produce energia pulita tramite il recupero dei rifiuti che arrivano dalla raccolta differenziata e ha tra i suoi più importanti azionisti la Finam di Angelo Mandato. Leggendo i nomi del board del gruppo non ci si meraviglierà a questo punto che un esponente di spicco della Lega vi abbia ricoperto la carica di vice presidente fino a qualche settimana prima delle elezioni europee: il trevigiano Gianpaolo Vallardi, oggi presidente della Commissione agricoltura e produzione agroalimentare in Senato. Vallardi non è nuovo nel settore green visto che già nel 2012 dagli scranni dell’aula aveva spinto per incentivare gli investimenti nel settore del compost e della produzione elettrica ottenuta utilizzando il biogas.

vallardi by abiondi332 on Scribd

I legami tra la Lega del vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini e il sistema dello smaltimento dei rifiuti nel Nord Est non si fermano solo alle poltrone di Roma. Perché oltre agli incarichi istituzionali ci sono anche i soldi che si muovono dal Veneto verso il partito di governo.

La Biogreen, un’azienda agricola che produce biomasse in Veneto, con sede in via Stazione 80 a Mirano, nell’inverno del 2018 ha donato alla Lega 30 mila euro. Anche dietro questa società spunta l’ingegner Angelo Mandato che tramite “Vallette” detiene l’80% di Biogreen. Quando abbiamo chiesto se l’ingegner Mandato fosse a conoscenza del finanziamento alla Lega, il suo amministratore unico, Leonardo Tresoldi, si è rifiutato di rispondere, adducendo come motivazione quella di essere un “sostenitore dell’indipendentismo”.

Il nome della Lega ritorna anche nelle elezioni della sindaca di Este, Roberta Gallana, che nel 2016 fu sostenuta nella corsa a uno dei municipi più floridi d’Italia da Lega e Forza Italia e che oggi nel ruolo di primo cittadino si ritrova a possedere il 51% della Sesa, motivo per il quale sarebbe la persona più titolata a parlarne. A lei avremmo voluto portare le istanze che i suoi concittadini le hanno mosso in questi anni, ma si è tirata indietro di fronte ad una nostra richiesta d’intervista, così come gli altri vertici della società.

La Sesa prova a "controllare" la nostra inchiesta

Ghedin, però, proprio mentre chiedevamo interviste ai responsabili della Sesa, organizza un incontro con la direzione di Fanpage per avanzare un’offerta commerciale con l’obiettivo di controllare la pubblicazione della nostra inchiesta.

Un’offerta commerciale intavolata alla presenza di Angelo Mandato, che conclude il suo discorso passando il testimone al suo sottoposto: “Spero che siamo stati abbastanza chiari, per tutto il resto segue Fabrizio (Ghedin, ndr)”, sono le parole esatte con cui viene lasciata carta bianca a Ghedin per continuare la trattativa. E, infatti, ecco Ghedin ritornare qualche giorno dopo, liberatosi dai suoi impegni istituzionali, per proporre a Fanpage una campagna da 300 mila euro, in cambio – ci tiene a precisare – “vogliamo solo vedere l’inchiesta prima della pubblicazione, l’importante è che non pensiate che vogliamo comprarvi”.

Articolo a cura di Sacha Biazzo

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