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Lettera dell’infermiera al neonato abbandonato a Rosolina: “Ho pensato di farti da mamma”

Le parole dell’infermiera Giorgia Cavallaro, che ha prestato le prime cure al neonato abbandonato al cimitero di Rosolina, nella provincia di Rovigo: “In dodici anni di servizio, non avevo mai provato delle emozioni così intense. Mentre ti scrivo, sei in ospedale dove hanno scelto di darti il mio nome”.
A cura di Susanna Picone
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Anna Tarabini, Giorgia Cavallaro e Marco Marangon
Anna Tarabini, Giorgia Cavallaro e Marco Marangon

Sta bene il piccolo Giorgio, il neonato trovato mercoledì in un borsone al cimitero di Rosolina, nella provincia di Rovigo. Il bambino, abbandonato poco dopo il parto, è attualmente ricoverato all’ospedale di Adria e se lo hanno chiamato Giorgio è per il nome dell'infermiera che, per prima, l'ha preso tra le braccia. È Giorgia Cavallaro, una trentacinquenne che lavora nel Pronto soccorso della Casa di cura Madonna della Salute, di Porto Viro. Insieme alla dottoressa Anna Tarabini e l’autista Marco Marangon mercoledì ha soccorso il neonato. E al neonato oggi, tramite Il Corriere del Veneto, ha voluto scrivere una lettera che, spera, un giorno qualcuno gli farà leggere. “Caro Giorgio, l’altra notte non ho chiuso occhio pensando a te. Mi piacerebbe che un giorno lontano, quando sarai grande, qualcuno possa farti leggere questa lettera. Magari le stesse persone, la tua nuova mamma e il tuo nuovo papà, che nel frattempo avranno trovato le parole giuste per rivelarti com’è cominciata la tua vita con loro, circondato dall’amore che meriti e che qualcuno aveva deciso che non dovevi avere”, scrive l’infermiera nella sua lettera. E al piccolo Giorgio che, ne è sicura, non uscirà mai dalla sua vita, racconta come è stato trovato: “È la storia del tuo primo giorno, che poi è anche la storia del nome che porti. Il mio nome. Sembrava una mattina come tutte le altre, scandita da piccole e grandi emergenze. Poi è arrivata quella telefonata: ‘C’è un bambino abbandonato davanti al cimitero di Rosolina, non si muove, è morto’. Sull’ambulanza siamo salite io e la dottoressa Anna Tarabini, mentre alla guida c’era Marco Marangon, che è partito a razzo. Dopo pochissimo è arrivata una seconda chiamata: ‘Il neonato piange’. È lì che abbiamo saputo che eri vivo”.

"Ti ho preso in braccio e ti ho posato al mio petto" – La corsa al cimitero, con l’autista che “pareva un pilota di Formula 1”, e i carabinieri che nel frattempo avevano aperto quella sacca da tennis rossa. “Ti avevano rinchiuso lì dentro, adagiandoti sopra una copertina bianca. La dottoressa ti ha portato nell’ambulanza e ti ha visitato. L’indice di Apgar, che misura i parametri vitali, ci ha detto che stavi bene: è lì che ho capito quanta forza possa starci in un corpicino così piccolo. Seguendo le indicazioni della dottoressa, che per prima si è presa cura di te, ti ho tagliato il cordone ombelicale. Avevi i piedini e le manine gelate, abbiamo alzato il riscaldamento al massimo. Mentre Marco ripartiva ti ho preso in braccio e ti ho posato al mio petto coprendoti con il lenzuolino sterile, una coperta, la mia maglietta, con qualunque cosa potesse restituirti un po’ di calore”, prosegue la lettera di Giorgia Cavallaro. Il neonato ha iniziato a piangere sentendo il suono delle sirene, ha aperto gli occhi e ha incrociato quelli dell’infermiera: “Ti ho fatto una carezza e immediatamente hai cercato di succhiare il dito. Avevi tanta fame. In dodici anni di servizio, non avevo mai provato delle emozioni così intense”.

"Avrai una mamma e un papà che ti vorranno bene" – E l’infermiera al bambino spiega anche cosa ha pensato nel momento in cui ha saputo che lui ce l’avrebbe fatta e ha parlato di quel desiderio di poterlo tenere con sé: “Ho riflettuto su cosa possa spingere qualcuno ad abbandonare un neonato e non ho trovato risposta. Ma in fondo, l’unica cosa che conta è che presto avrai una mamma e un papà che ti vorranno bene. Ho anche pensato che quella mamma vorrei essere io, che non ho figli. Purtroppo so che non sarà possibile: l’iter per le adozioni è lungo e complicato e c’è qualcuno che ti sta aspettando da molto più tempo di me. Lo dimostrano le chiamate che sto ricevendo: persone che vogliono accoglierti, altre che si offrono di acquistare abiti e latte in polvere”. Ma spera almeno di poterlo incontrare in futuro perché “sarebbe bello vedere come sei diventato”. “Ti auguro di essere felice. Di crescere sano, di conservare la forza che hai dimostrato di fronte a quel cimitero che dovrebbe servire a contenere i morti e che invece ci ha restituito una vita. Ma soprattutto, ti auguro di diventare un uomo con dei valori positivi, uno disposto a qualunque sacrificio per proteggere il proprio bambino”, conclude l’infermiera Giorgia nella sua lettera al piccolo Giorgio.

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