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L’esecuzione forzata civile e l’ufficiale giudiziario

La Cassazione data udienza 21.10.2014 n. 4959 del 2015 ha affermato che costituisce peculato ex art. 314 c.p. la condotta con la quale l’ufficiale giudiziario si appropria degli assegni bancari, che gli erano stati consegnati nel corso della procedura esecutiva, destinandoli ad una finalità diversa da quella prevista dalla legge e facendoli transitare sul proprio conto corrente bancario. Si tratta peculato perché le somme versate dal privato all’ufficiale giudiziario, nel momento in cui escono dalla disponibilità del privato, diventano di proprietà dell’amministrazione, con il vincolo di destinazione che è dato dalla causale genetica della consegna della somma all’ufficiale giudiziario che procede al pignoramento.
A cura di Paolo Giuliano
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L'ordinamento giuridico vede con sfavore la possibilità che il singolo cittadino possa tutelare i propri interessi direttamente (facendosi giustizia da solo) senza passare da un organo terzo (come il giudice), quanto meno al fine di mantenere una pacifica convivenza o al fine di evitare che normali contrasti possano evolversi in faide che potrebbero mettere in discussione la coesione sociale. Non manca chi ritiene che l'eliminazione del potere del singolo di autotutelarsi è dovuta all'esigenza di rafforzare il ruolo dello Stato (rispetto il singolo cittadino).

In ogni modo, questi principi sono alla base del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (393 c.p. "Chiunque, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo usando violenza o minaccia alle persone, è punito, a querela dell'offeso con la reclusione fino a un anno").

I medesimi principi spiegano anche la figura dell'ufficiale giudiziario nell'ambito dell'esecuzione civile. Infatti, dopo che il singolo cittadino ha sottoposto la propria pretesa al vaglio dell'autorità giudiziaria (ottenendo c.d. il titolo esecutivo)  non avrebbe senso permettere  al singolo cittadino di aggredire il debitore (anche se solo in fase esecutiva) , in quanto, se si fosse stata permessa una tale possibilità, di fatto sarebbe stata possibile l'autotutela anche se solo nella fase esecutiva (realizzativa) della propria pretesa.

Ecco perché la fase esecutiva civile passa attraverso il filtro dello Stato e, in particolare, passa attraverso il filtro della figura dell'ufficiale giudiziario.Però, se da un lato il singolo cittadino che intende procedere all'auto tutela potrebbe essere sanzionato con l'art. 393 c.p., dall'altro, occorre valutare come potrebbe difendersi il singolo cittadino da eventuali abusi o rifiuti dell'ufficiale giudiziario che decide di non eseguire il compito assegnatogli dal legislatore.

Le possibili tutele riconosciute al cittadino a fronte di un possibile comportamento illecito dipendo (ovviamente) dalla condotta posta in essere dall'ufficiale giudiziario:

– se l'ufficiale giudiziario ricevuto il tiolo esecutivo e la richiesta di procedere al pignoramento si rifiuta di eseguire il titolo esecutivo (adducendo l'anzianità del debitore e/o la mancanza di risorse economiche dello stesso) potrebbe incorrere nel reato di abuso d'ufficio ex art. 323 c.p. "il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio , in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale , è punito con la reclusione da uno a quattro anni".

– inoltre,  nell'ipotesi in cui l'ufficiale giudiziario incaricato dal creditore (con valido titolo esecutivo) di effettuare un pignoramento e al momento del pignoramento riceve dal debitore la somma dovuta, se l'ufficiale giudiziario omette di consegnare tale somma al creditore (versando la somma sul proprio conto corrente)  potrebbe incorre nel reato di peculato ex art.  314 c.p. il quale prevede che il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.

Si tratta di una condotta che configura il delitto di peculato. Infatti, le somme versate dal privato all'ufficiale giudiziario, ausiliario di giustizia, nel momento stesso in cui esse escono dalla sfera di disponibilità del privato per finalità di giustizia, diventano di proprietà dell'amministrazione, con quel preciso vincolo di destinazione che è dato dalla causale genetica della consegna della somma stessa all'Ufficiale giudiziario che procede al pignoramento. Del resto l'art. 494 c.p.c. prevede l'ipotesi del pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario, disciplinando in questo modo una procedura specifica per evitare il pignoramento e l'art. 157 disp. att. c.p.c. prevede che l'ufficiale giudiziario rediga un processo verbale di  avvenuto pagamento e iscriva il tutto in un apposito registro cronologico.

Ed è proprio il vincolo di utilizzo e di destinazione delle somme ricevute che impedisce di considerarle come appartenenti al privato, dovendosi ritenere che una volta acquisite tramite l'ufficiale giudiziario, che è un ausiliario di giustizia, siano nel possesso della pubblica amministrazione.

Resta impregiudicato il diritto al risarcimento del danno.

Cass., pen., sez. VI, data udienza 21 ottobre 2014 n. 4959 del 2015 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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