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L’Aquila, oggi il processo alla Commissione Grandi Rischi

Accompagnato da molte polemiche, questo non sarà un “processo alla scienza” bensì un procedimento che toccherà il fondamentale argomento dell’importanza di comunicare i rischi che si corrono nelle emergenze, come rivela un reportage di Nature.
A cura di Nadia Vitali
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La notizia secondo la quale il 20 settembre del 2011 sette personaggi eccellenti appartenenti alla Commissione Grandi Rischi sarebbero stati chiamati alla sbarra per rispondere dell'accusa di omicidio colposo plurimo per le vittime del terremoto de L'Aquila, verificatosi nella notte tra il 5 ed il 6 aprile che provocò la morte di 309 persone, ha suscitato nell'immediato molte polemiche, per quello che sembrava essere un vero e proprio processo alla scienza se non, addirittura, una caccia alle streghe, fondata sul ridicolo presupposto di una scienza quasi vicina alla magia, in grado di prevedere più che spiegare.

Ma le cose non stanno esattamente così, quello che sta accadendo a L'Aquila non è un tentativo mascherato di tornare al Medioevo, non si è mai parlato, e fortunatamente ci si augura che mai si parlerà, di un processo alla scienza; quello che era sembrato un atto di prevaricazione nei confronti della comunità scientifica, che aveva spinto più di cinquemila addetti ai lavori a presentare appelli indirizzati al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per sottolineare l'assurdità dell'iniziativa della procura aquilana, in realtà, sarà un discorso che riguarderà la comunicazione dei dati scientifici che si fa e non la previsione di eventi che sono, a tutti gli effetti, ancora oggi non prevedibili in maniera precisa, dettagliata, puntuale.

La rivista Nature, sentitamente interessata all'argomento, ha dedicato un reportage ed una copertina al processo che si è aperto oggi, approfondendo analiticamente la delicata questione; Stephen S. Hall, docente di Comunicazione della Scienza presso l'Università di New York ed inviato nel capoluogo abruzzese dalla prestigiosa rivista, ha ripercorso tutti i giorni che hanno preceduto quella drammatica notte in cui l'Italia si svegliò spezzata dal dolore, ponendo in evidenza la riunione tristemente nota della Commissione Grandi Rischi tenutasi il 31 marzo del 2009, quando la popolazione aquilana, stremata dallo sciame sismico chiedeva dei chiarimenti e ricevette delle superficiali, vaghe ed approssimative rassicurazioni.

Le testimonianze di coloro che vennero direttamente coinvolti dal terremoto, familiari di vittime delle macerie, gli imputati ed i loro avvocati, le previsioni di Giampaolo Giuliani, il tecnico che fece una previsione non ufficiale, basandosi sulla misurazione del livello del gas radon, la denuncia a quest'ultimo per procurato allarme da parte di Guido Bertolaso, le carte della procura: tutto viene accuratamente analizzato, per giungere ad una conclusione. In Italia, a L'Aquila, non si sta facendo alcun processo alla scienza: semmai i sette imputati dovranno rispondere per non aver comunicato con efficacia quali erano i rischi a cui stavano andando incontro i cittadini aquilani che fecero ritorno, in quel 31 marzo, rassicurati perché lo sciame sismico altro non era se non uno «scarico di energia».

Bernardo de Bernardinis oggi in aula
Bernardo de Bernardinis oggi in aula

Oggi in aula si è presentato soltanto Bernardo de Bernardinis, vicecapo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile. Gli altri sei, contumaci, sono: Franco Barberi, Presidente Vicario della Commissione Grandi Rischi, Enzo Boschi, al tempo Presidente dell'Istituto Nazionale di geofisica e vulcanologia, Mauro Dolce, direttore dell'Ufficio Rischio Sismico della Protezione Civile, Giulio Selvaggi, direttore del Centro Nazionale Terremoti, Gian Michele Calvi, presidente dello European Centre for Training and Research in Earthquake Engineering di Pavia e Claudio Eva, ordinario di fisica all'Università di Genova.


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