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Istat, i prezzi battono i salari 2 – 0, o quasi. L’inflazione in Italia è sempre più alta

Sempre più larga la forbice tra salari e prezzi. La differenza tra gli incrementi degli stipendi e l’inflazione sale all’1,7%, un dato che dall’inizio delle rilevazioni dell’Istat, nel 1997, non si era mai verificato. Gli italiani hanno sempre meno potere d’acquisto.
A cura di Biagio Chiariello
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La crisi economica che, secondo Moody's, minaccia default multipli su Eurolandia, viene confermata anche dai numeri dell'Istat. Come se non bastavano i dati già poco confortanti dello spread – oggi di nuovo oltre la famigerata quota 500 – oltre che quelli relativi ai tassi d’interesse sempre più alti, nonostante l'apparente successo del Btp-Day.

L’Istituto di Statistica rivela infatti che ad ottobre le retribuzioni contrattuali dei lavoratori italiani sono aumentate del’1,7%, contro un incremento dell’inflazione pari al 3,4%. Una differenza, pari a 1,7 punti percentuali, che rappresenta il nuovo record dal 1997 (il precedente record negativo era una differenza dell’1,3% , ora superata di un sostanzioso 0.4). Va anche detto che nella media del periodo gennaio-ottobre di quest'anno l'indice è cresciuto dell'1,8% rispetto allo stesso periodo del 2010.

Ma cosa significano questi numeri? In parole povere vuol dire che con gli attuali salari, gli italiani hanno un potere d'acquisto sempre più ridotto. Questo perché l'inflazione è cresciuta più delle retribuzioni. Insomma, sembra proprio che le spese natalizie saranno all'insegna del “lacrime e sangue” per le famiglie italiane.

C'è comunque da dire che la stretta non riguarda tutti i macro settori allo stesso modo. Secondo i dati dell'Istat, infatti, le fasce professionali che più possono sorridere in merito agli aumenti annui sono quelle militari (+3,7%), le forze dell'ordine (+3,5%), oltre a gomma, plastica e lavorazioni minerali non metalliferi e attività dei vigili del fuoco (per entrambi +3,1%). Ciò significa che chi lavora in tali categorie è riuscito a mantenere un potere d'acquisto pari (o superiore tra lo 0,1% e lo 0,3% )a quello dello scorso anno. Nessuna variazione  invece per ministeri, scuola, regioni, autonomie locali e servizio sanitario nazionale.

L'Istituto nazionale di statistica comunica poi che nell’ultimo mese non ci sono stati rinnovi per i 31 accordi contrattuali relativi a 4,3 milioni di lavoratori, pari al 33% dei dipendenti totali.  L’attesa per vedere rinnovato il proprio contratto si fa sempre più lunga: coloro che ne hanno uno scaduto devo aspettare quasi due anni (22,4 mesi), cifra in deciso aumento rispetto allo stesso periodo del 2010.

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