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Perché Mastodon non è ancora pronto per essere il sostituto di Twitter

Molti utenti reputano Mastodon una reale alternativa a Twitter. Ma il social decentralizzato ha ancora molti problemi di gestione, moderazione e affidabilità.
A cura di Marco Paretti
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Elon Musk è il nuovo padrone di Twitter e non tutti sono contenti. Nelle ultime ore il social network di micro blogging si è diviso tra chi guarda con curiosità la nuova acquisizione e chi ha colto la palla al balzo per decidere di andare via da una piattaforma che ormai vede come finita. Ma quali sono le alternative a Twitter? Una delle più citate è Mastodon, social network decentralizzato nato ormai diversi anni fa che da tempo si posiziona proprio come alternativa open source a Twitter. È qui che in molti pensano di riversarsi, ma questa piattaforma è davvero la soluzione migliore?

Prima di tutto è bene spiegare come funziona Mastodon. Non si tratta di un portale sul quale vive un social network, ma piuttosto di un protocollo (ActivityPub) che consente agli utenti di aprire e amministrare dei sotto-social network. Questo si traduce nella presenza di innumerevoli "istanze", cioè piccoli social network che vivono all'interno di Mastodon e che spesso (ma non sempre) sono "federati" e quindi possono interagire tra loro. Immaginate una grande casa comune nella quale ogni stanza rappresenta un'istanza: ecco, Mastodon è così.

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Appena ci si approccia al social bisogna quindi scegliere l'istanza desiderata: è solo una volta fatta questa scelta che sarà possibile creare il proprio account, che quindi sarà legato per sempre a quella precisa "stanza". Ad amministrare queste istanze ci sono gli admin, che a differenza di Twitter non appartengono a un'azienda ma sono utenti comuni che hanno deciso di aprire un nuovo spazio su Mastodon e che stabiliscono "le proprie politiche di adesione, contenuto e moderazione". È qui che entra in gioco il network sociale decentralizzato: dietro alla rete di istanze (sono decine di migliaia) di Mastodon non c'è un'azienda che decide come muoversi, ma un network di admin. Per il resto, Mastodon è molto simile a Twitter con i suoi "Toot" (tweet) e "Reblog" (Retweet), ma con il vantaggio di poter scrivere post fino a 500 caratteri.

Ora, sulla carta Mastodon sembra il social perfetto per sostituire Twitter: propone un approccio molto simile, è slegato da un aspetto aziendale, non è legato a miliardari o azionisti e cavalca quell'idea di decentralizzazione tanto cara al Web3 e al Metaverso. Il problema è che questa situazione apparentemente idilliaca nasconde in realtà un caos che difficilmente troverà una soluzione. Prima di tutto, il momento della registrazione non è scontato: nei primi secondi si chiede a un utente ignaro di tutto di scegliere tra decine di migliaia di istanze, le quali non sempre possono interagire tra loro. In Italia non sono così tante e la scelta spesso ricade su Mastodon.Uno, che ad oggi è la più attiva con 18.000 utenti. Il problema di questo approccio è che non tutte le istanze possono dialogare: se noi siamo iscritti a un'istanza che non dialoga con l'istanza di un nostro amico (cioè non è nella stessa "Federazione"), non sarà nemmeno possibile cercare il suo account.

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Allo stesso modo, essendo di fatto gestite in maniera autonoma, le istanze non tengono traccia dei nomi utente registrati nelle altre istanze. Questo significa che se io registro il nome "marcoparetti" su Mastodon.Uno, un altro utente è libero di fare lo stesso in un'altra istanza. Ma chi arriva dopo non saprà chi è il vero Marco e se mi cerca all'interno del sito o dell'app troverà più risultati. Insomma, rischia di diventare un inferno nel momento in cui l'utenza dovesse aumentare. Che è un altro tema: oggi su Mastodon ci sono quattro gatti. In Italia, come anticipato poco sopra, l'istanza più nutrita ha 18.000 utenti. La pagina italiana del social dice che "sono oltre 35.000 gli utenti attivi nel fediverso italiano che usano Mastodon almeno una volta al mese". Nel mondo l'istanza più popolare ha poco meno di 700.000 registrati. Numeri esigui e peraltro diluiti in questo mare infinito di istanze.

La tematica degli admin ha poi portato a diversi grattacapi per chi i social li usa per lavoro. Se da un lato abbiamo infatti piattaforme amministrate da miliardari e azionisti, dall'altro c'è un social decentralizzato gestito da admin che lo fanno per hobby. Immaginate di essere un artigiano che vende i propri prodotti all'interno di un'istanza di Mastodon; vi create un seguito, iniziarte a vendere e i vostri post raggiungono una reach importante. Poi, un giorno, l'admin di quell'istanza si stufa e la chiude. Voi perdete tutto. È successo negli Stati Uniti e gli utenti non l'hanno presa bene, giustamente. In questo caso, spiega la pagina "Mastodon Italia", ci possono però essere degli accordi in grado di salvare gli utenti in queste situazioni. "Siamo fra le istanze consigliate dal sito ufficiale della piattaforma e come tali abbiamo concordato con l'hosting e lo sviluppatore che in caso di morte o malattia degli admin si garantisce a tutti un mese di tempo per poter migrare gli account su altra istanza" spiegano. "La migrazione permette di mantenere tutti i follower".

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Infine, c'è il tema della moderazione e della privacy. Diversi utenti hanno sottolineato che gli admin di un'istanza sono in grado di leggere i messaggi privati scambiati tra gli utenti della stessa istanza o con utenti di altre istanze (a patto che uno dei due appartenga all'istanza amministrata). È un punto riconosciuto anche dalla pagina di supporto italiana, che spiega che "l'amministratore di ogni istanza può vedere tutti i messaggi scritti dai suoi membri – anche i messaggi diretti e quelli impostati come ‘privati'. Se non vi sentite a vostro agio nel permettere a qualcun altro di vedere tutti i vostri messaggi, potreste voler pagare le spese di hosting per impostare la vostra istanza personale". Cioè creare (a proprie spese) un'istanza dove registrare il proprio account, per poi federarla con le istanze con cui si vuole interagire. Un approccio non proprio user friendly. Va sottolineato che anche gli admin di Twitter possono potenzialmente leggere i nostri messaggi privati, ma le policy lo proibiscono e loro rischiano il licenziamento. Da un lato avete i dipendenti di un'azienda con 400 milioni di iscritti, dall'altro un admin per hobby in un'istanza da 100 persone. Di chi vi fidate?

Insomma, sulla carta Mastodon è interessante, ma nella realtà il suo approccio è ancora troppo confusionario e caotico per poter rappresentare una valida alternativa a Twitter. Nonostante questo, sicuramente nel corso dei prossimi giorni molti utenti proveranno a sganciarsi dal social di Musk per approdare su Mastodon: sta già succedendo, con nuovi utenti impegnati nell'ironizzare sull'acquisizione con il loro nuovo profilo Mastodon. Sul lungo periodo, però, difficilmente questo portale diventerà un'alternativa rilevante al social network dei cinguettii.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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