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Questa caratteristica rende il cervello umano diverso da quello di tutti gli altri animali

La sua identificazione si deve a un team di ricerca americano che ha condotto un’analisi dei tipi cellulari della corteccia prefrontale di quattro specie di primati, umani inclusi.
A cura di Valeria Aiello
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Cosa distingue il cervello umano da quello di tutti gli altri animali? E soprattutto, cosa lo rende diverso da quello degli altri primati? La risposta a queste domande arriva da uno studio appena pubblicato da un team di ricerca della Yale University di New Haven, nel Connecticut (Stati Uniti), che ha esaminato i tipi cellulari che compongono la corteccia prefrontale dorsolaterale (dlPFC) – una regione del cervello specifica dei primati ed essenziale per la cognizione di ordine superiore – di quattro specie di primati (umani, scimpanzé, macachi e uistiti), scoprendo ciò che ci rende umani.

La scoperta, descritta nel dettaglio in un articolo di ricerca pubblicato su Scienze, mette infatti in evidenza che, rispetto alla corteccia prefrontale dorsolaterale degli altri primati presi in esame, quella degli umani presenta almeno cinque tipi cellulari che non sono condivisi con le altre specie. Questi includono un tipo di microglia, una cellula immunitaria che è totalmente assente negli altri primati, e un secondo tipo condiviso solo da umani e scimpanzé. Gli studiosi hanno inoltre osservato che il tipo di microglia specifico per l’uomo esiste sia durante la fase di sviluppo sia nell’età adulta, suggerendo che possa rappresentare una risposta immunitaria all’ambiente in cui viviamo che è “molto diverso rispetto a quello di altre specie di primati” come precisato da Nenad Sestan, professore di neuroscienze della Yale School of Medicine e autore corrispondente dello studio. “Le cellule della glia, inclusa la microglia – ha aggiuto Sestan – , sono molto sensibili a queste differenze”.

La successiva analisi dei geni espressi da questo tipo cellulare ha tuttavia rivelato che ciò che caratterizza il cervello umano potrebbe anche renderci suscettibili alle malattie neuropsichiatriche. In particolare, i ricercatori hanno identificato la presenza del gene FOXP2, già noto agli studiosi in quanto le sue varianti sono state collegate alla disprassia verbale, una condizione in cui i pazienti hanno difficoltà a produrre il linguaggio o la parola. Altri studi hanno anche dimostrato che FOXP2 è associato ad altre malattie neuropsichiatriche, come autismo, schizofrenia ed epilessia.

FOXP2 ha incuriosito molti scienziati per decenni, ma ancora non avevamo idea di cosa lo rendesse unico negli umani – ha affermato il ricercatore Shaojie Ma del Dipartimento di Neuroscienze della Yale School of Medicine e co-autore principale dello studio – . Rispetto ad altre specie di primati, in cui questo gene mostra un’espressione specifica in un sottoinsieme di neuroni eccitatori, per l’uomo l’espressione specifica avviene nella microglia”.

Secondo gli studiosi, questi risultati su FOXP2 apriranno nuove strade di ricerca per lo studio del linguaggio e delle malattie, oltre a fornire un nuovo indizio su come i tipi cellulari che compongono la nostra corteccia prefrontale dorsolaterale ci distingua dalle altre specie di primati.

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