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Oltre 40° C nel Regno Unito “estremamente improbabili” senza emissioni: caldo record è colpa nostra

I ricercatori hanno determinato che i cambiamenti climatici hanno reso 10 volte più probabile il caldo estremo che ha colpito il Regno Unito nei giorni scorsi.
A cura di Andrea Centini
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Da quando viene tenuta traccia delle temperature globali, per la prima volta la colonnina di mercurio ha raggiunto e superato i 40° C nel Regno Unito, un evento figlio dell'ondata di caldo estremo che ha investito l'Europa nelle ultime settimane. Il fenomeno si è verificato esattamente martedì 19 luglio, quando la stazione di monitoraggio di Coningsby (Lincolnshire) ha registrato 40,3° C. Il record ha frantumato il precedente primato di temperatura massima di 38,7°C, raggiunto nel 2019. Le temperature dei giorni scorsi sono state talmente anomale per il Regno Unito che l'agenzia per la sicurezza sanitaria nazionale ha emesso un avviso di rischio per la salute di livello 4, inoltre sono state prese misure decisamente insolite per un Paese notoriamente piovoso. Fra esse la richiesta di razionare l'acqua nella parte meridionale dell'Inghilterra e lo stop o il rallentamento dei treni a causa del rischio di deformazione dei binari a causa del calore. Ora gli scienziati hanno determinato che senza il contributo dell'uomo nel catalizzare i cambiamenti climatici, attraverso le emissioni di gas serra, queste temperature estreme nel Regno Unito sarebbero state molto improbabili.

È innanzitutto doveroso sottolineare che l'ondata di calore estremo che sta investendo l'Europa è causata dall'anticiclone africano proveniente da Sud, che da alcuni decenni ha letteralmente soppiantato l'anticiclone delle Azzorre che normalmente allietava le nostre estati. Secondo gli esperti questo avvicendamento è dovuto sia a processi naturali, come l'indebolimento delle correnti a getto, sia alle alterazioni indotte nella circolazione atmosferica globale a causa delle emissioni di CO2 (anidride carbonica) e altri gas a effetto serra legati alle attività antropiche. Non a caso solo alcuni giorni addietro il dottor Steven Pawson, che dirige l'autorevole Global Modeling and Assimilation Office presso il Goddard Space Flight Center della NASA, aveva dichiarato che l'ondata di calore che stiamo vivendo “è un altro chiaro indicatore che le emissioni di gas serra dalle attività umane stanno causando condizioni meteorologiche estreme che hanno un impatto sulle nostre condizioni di vita”. In parole semplici, il riscaldamento globale sta alimentando il rischio e la frequenza di ondate di calore “iperestreme” (come quella del 2003); la temperatura record registrata nel Regno Unito non è che una delle sue conseguenze.

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I ricercatori del Met Office britannico e di altre organizzazioni di ricerca statunitensi, sudafricane, francesi, tedesche e di altri Paesi, grazie a sofisticati modelli climatici hanno dimostrato che ciò che si è verificato il 19 luglio a Coningsby sarebbe stato molto improbabile se l'uomo non avesse alterato il clima con le emissioni di CO2. Gli scienziati hanno innanzitutto sottolineato che anche in un contesto di ondate di calore ricorrenti in Europa, ciò che si è verificato nel Regno Unito rappresenta comunque un'anomalia, una rarità nel clima odierno. Si stima infatti che nelle condizioni climatiche attuali le temperature medie osservate il 18 e il 19 luglio in UK abbiano una frequenza di circa 1 ogni 100 anni, mentre per le massime addirittura di 1 ogni 1000 anni (si tratta di stime molto incerte, spiegano gli scienziati). “In tre singole stazioni le temperature massime di 1 giorno sono rare come 1 ogni 500 anni a St James Park a Londra, circa 1 ogni 1000 anni a Durham e previste in media solo una volta ogni 1500 anni nel clima odierno a Cranwell, nel Lincolnshire”, spiegano gli esperti di worldweatherattribution.org.

Dai modelli matematici è emerso che con una temperatura media più fredda di 1,2° C, analoga a quella che si registrava in epoca preindustriale, un'ondata di calore così estrema come quella che ha colpito il Regno Unito sarebbe stata decisamente più improbabile. Durante l'epoca preindustriale, inoltre, sarebbe stata di 4° C più fresca, specificano gli esperti. Dopo aver combinato i dati osservazionali con quelli dei modelli climatici, i ricercatori hanno determinato che il riscaldamento globale provocato dall'uomo “ha reso l'evento almeno 10 volte più probabile”. “Nei modelli – aggiungono gli esperti – lo stesso evento sarebbe di circa 2° C meno caldo in un mondo più freddo di 1,2°C, che è una variazione di intensità molto più piccola di quella osservata”.

Gli scienziati sottolineano che le ondate di calore rappresentano un serio rischio per la salute delle persone e sono un fenomeno aggravato non solo dai cambiamenti climatici, ma anche da altri fattori come “l'invecchiamento della popolazione, l'urbanizzazione, il cambiamento delle strutture sociali e i livelli di preparazione”. Se non faremo nulla per contenere i cambiamenti climatici, tagliando nettamente e rapidamente le emissioni di carbonio, in futuro questi eventi estremi risulteranno sempre più frequenti e drammatici.

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