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Nuovo record di inquinamento da metano in atmosfera: le fonti non sono quelle che ti aspetteresti

Le concentrazioni atmosferiche di metano hanno raggiunto le 1900 parti per miliardo, il triplo rispetto all’epoca preindustriale. Quali sono i rischi e le cause.
A cura di Andrea Centini
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Sebbene le emissioni di anidride carbonica (CO2) vengono considerate il principale catalizzatore dei cambiamenti climatici, c'è anche un altro gas a effetto serra che gioca un ruolo molto significativo nel riscaldamento globale: il metano (CH4). Come sottolineato in un articolo su The Conversation dal professor Euan Nisbet, docente di Scienze della Terra presso l'Università di Londra, l'impatto globale del metano dal 1750 ad oggi è stato calcolato in circa la metà di quello dell'anidride carbonica. Ma purtroppo è in significativo aumento. In base agli ultimi dati pubblicati dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), infatti, si è passati dalle 700 ppb (parts per billion, parti per miliardo) del periodo antecedente alla Rivoluzione industriale a ben 1.900 parti per miliardo registrate alla fine dello scorso anno.

Come indicato dal professor Nisbet, le concentrazioni atmosferiche di metano hanno avuto un sensibile incremento negli anni '80 e '90 del secondo scorso, per poi stabilizzarsi e iniziare nuovamente a crescere a partire dal 2007. Il balzo in avanti più importante è stato registrato nel 2020 e l'anno successivo è stato raggiunto il sopracitato picco. Ma da dove arriva tutto questo metano? In base alle stime dello studio “The Global Methane Budget” guidato da scienziati francesi del Laboratoire des Sciences du Climat et de l'Environnement dell'Università di Parigi-saclay, ogni anno immettiamo in atmosfera 600 milioni di tonnellate di metano, delle quali due quinti derivano da fonti naturali – principalmente vegetazione in decomposizione nelle paludi, scrive il professor Nisbet – e i restanti tre quinti sono invece legati alle attività antropiche. La principale fonte umana che contribuisce alle emissioni di metano è l'agricoltura, in particolar modo gli enormi allevamenti di bovini, con 150 milioni di tonnellate rilasciate ogni anno. Le industrie dei combustibili fossili sono invece responsabili del rilascio di circa 100 milioni di tonnellate, mentre le discariche urbane e i sistemi fognari concorrono per circa 70 milioni di tonnellate.

Come sottolineato dal professor Nisbet, è possibile distinguere il metano biogenico – ovvero quello prodotto dalla vegetazione in decomposizione e dalla digestione dei ruminanti – da quello che proviene dall'industria dei combustibili fossili e dagli incendi. Il primo primo è infatti ricco dell'isotopo carbonio-12, mentre il secondo ha più carbonio-13. Se fino al 2007 in atmosfera era presente più metano legato alle attività industriali, da allora c'è stato un significativo aumento di quello biogenico, in particolar modo nelle zone tropicali e subtropicali. A causa dell'impatto dei cambiamenti climatici, infatti, le paludi di queste aree – come i bacini amazzonici e del Congo – le zone umide hanno iniziato a immettere molto più metano, arrivando a ben 200 milioni di tonnellate all'anno. Maggiori sono le temperature, del resto, più grande è la biomassa che viene decomposta e di conseguenza la quantità di metano rilasciato. Ad aumentare ulteriormente le concentrazioni vi sono gli sterminati allevamenti di bovini per la carne, soprattutto nei Paesi sudamericani come il Brasile. Anche i dispositivi che convertono rifiuti alimentari in fertilizzanti e le discariche a cielo aperto di alcuni Paesi stanno facendo aumentare il metano.

Poiché è impossibile arrestare il metano emesso dalla decomposizione della vegetazione, il professor Nisbet sottolinea che bisogna agire su tutte le emissioni di origine antropica. Tra le misure indicate dallo scienziato vi sono “tappare le perdite di gas, coprire le discariche, fermare la combustione dei rifiuti dei raccolti e rimuovere il metano dalla ventilazione delle miniere di carbone”. Può essere molto utile anche passare a una dieta principalmente basata su prodotti di origine vegetale, che farebbe diminuire in modo significativo le emissioni legate ai grandi allevamenti di bovini. Durante la COP26 di Glasgow i governi di cento nazioni si sono impegnate nel Global Methane Pledge, con la promessa di abbattere le emissioni di metano del 30 percento entro il 2030.

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