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Il lato oscuro della mega diga cinese in costruzione, la più grande del mondo: “Può diventare un’arma”

La Cina ha iniziato i lavori per la costruzione della centrale idroelettrica più grande del mondo, un colosso da 150 miliardi di euro che sarà realizzato sul fiume Yarlung Tsangpo, in Tibet. Secondo alcuni analisti questo colosso potrebbe essere usato come un’arma.
A cura di Andrea Centini
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Un tratto del fiume Yarlung Tsangpo in Tibet, sul quale verrà costruita dalla Cina la più grande centrale idroelettrica del mondo. Credit: Getty
Un tratto del fiume Yarlung Tsangpo in Tibet, sul quale verrà costruita dalla Cina la più grande centrale idroelettrica del mondo. Credit: Getty

A circa cinque anni dall'annuncio del progetto, la Cina ha ufficialmente iniziato i lavori per la costruzione della diga – centrale idroelettrica più grande del mondo. Si tratta di un vero e proprio colosso dal costo stimato di 1,2 trilioni di yuan, circa 150 miliardi di euro. La diga sarà composta da cinque centrali poste in sequenza e punti strategici dello Yarlung Tsangpo, un grande fiume che origina in Tibet, attraversa gli stati indiani dell'Assam e dell'Arunachal Pradesh (prendendo il nome di Brahmaputra) e infine sfocia nel Golfo del Bengala in Bangladesh, dove il fiume è chiamato Jamuna.

In tutto, il corso d'acqua – che prende vita da due ghiacciai dell'Himalaya siti a quasi 5.000 metri di altitudine – si snoda per quasi 3.000 chilometri ed caratterizzato da un bacino idrografico di ben 670.000 chilometri quadrati. Proprio il fatto che la Cina possa bloccare a monte il corso del fiume è motivo di grande preoccupazione per i due Paesi attraversati dal tratto più basso, da cui dipende il sostentamento di un numero enorme di persone. Non a caso c'è chi ritiene che la nuova diga possa essere utilizzata come una vera e propria arma, nonostante le rassicurazioni del premier cinese Li Qiang, che ha presieduto la cerimonia per la posa del “primo mattone”.

L'opera, che non ha una data di fine lavori prefissata, sarà realizzata in un punto specifico della parte tibetana del fiume, in cui fa un “tuffo” di circa 2.000 metri in poche decine di chilometri. Ciò significa che qui la portata delle acque impetuose è massima ed è dunque possibile estrapolare il massimo dell'energia. Secondo i calcoli citati dall'agenzia di stampa governativa cinese in lingua inglese Xinhua, ogni anno la nuova centrale idroelettrica sarà in grado di produrre 300 milioni di megawattora (MWh) di energia elettrica, pari a 300 miliardi di kilowattora (kWh) all’anno. Per fare un confronto, la centrale idroelettrica più grande d'Italia, la “Luigi Einaudi” nel comune di Entracque (Cuneo), negli “ultimi tre anni consuntivi” ha prodotto 430 Gwh (430 milioni di kWh), come indicato dall'Enel.

Quella cinese è dunque un'opera strategica che ha come obiettivo principale il raggiungimento della neutralità carbonica nei prossimi decenni, tenendo presente che attualmente il “Dragone” è il primo emettitore di CO2 (anidride carbonica), il principale dei gas climalteranti in grado di catalizzare i cambiamenti climatici. La mega diga costruita in territorio tibetano andrà ad affiancarsi a quella delle Tre Gole, l'attuale centrale idroelettrica più grande del mondo, sita sempre in Cina. Sono comunque molteplici i progetti idroelettrici, solari ed eolici di Pechino – come dimostra la recente accensione della più grande turbina eolica al mondo – volti proprio a promuovere questa transizione verso le energie rinnovabili.

Nonostante si tratti di un approccio virtuoso nella lotta alla crisi climatica, queste opere hanno comunque un impatto significativo sull'ambiente. Non a caso si ritiene che per costruire il nuovo colosso sarà necessario rimodellare il corso del fiume, eliminando o raddrizzando anse, ad esempio. Ci sono grandi timori per le popolazioni di pesci e di altra fauna selvatica presenti, così come sulla produzione di limo ricco di nutrienti che rende fertili le terre attraversate dal grande corso d'acqua. Si ritiene che l'opera possa avere un impatto significativo soprattutto sulle comunità agricole a valle, in India e Bangladesh. Senza dimenticare gli spostamenti forzati delle popolazioni nelle aree soggette ai lavori e la necessità di trasferire in regioni aspre, remote e spesso incontaminate macchinari di grandi dimensioni e altamente inquinanti.

Ma il rischio maggiore è di tipo geopolitico ed è strettamente connesso all'impatto crescente della crisi climatica in atto. L'acqua è una risorsa sempre più preziosa e averne il controllo può trasformarsi in una vera e propria arma, come aveva affermato alla BBC Neeraj Singh Manhas, consigliere per l'Asia meridionale della Parley Policy Initiative e consulente presso il Centro per gli studi congiunti sulla guerra del Ministero della Difesa indiano. Tenendo presenti anche le storiche tensioni tra India e Cina, sfociate anche in un recente scontro armato, in caso di conflitto aperto tra i due Paesi Pechino potrebbe “chiudere i rubinetti” del Brahmaputra, con conseguenze catastrofiche anche per il Bangladesh. L'impatto sul settore agricolo sarebbe enorme. Chiaramente la Cina ha rassicurato che non ha alcuna intenzione di modificare la disponibilità di acqua per chi si trova a valle. Ma le preoccupazioni restano e sono state già messe sul tavolo dai rappresentati dei Paesi coinvolti. Segnaliamo che recentemente la Cina ha avviato anche la costruzione del ponte più alto del mondo.

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