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Entro il 2100 le temperature aumenteranno di 2,5° C: il nuovo rapporto ONU è un grido d’allarme

Le attuali misure prese per contrastare i cambiamenti climatici sono ampiamente insufficienti. L’ONU prevede un aumento delle temperature di 2,5° C entro il 2100.
A cura di Andrea Centini
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Sebbene alcune nazioni si stiano impegnando attivamente nel tagliare le emissioni di gas a effetto serra, il volano del riscaldamento globale di origine antropica, le misure sono ancora ampiamente insufficienti per evitare le conseguenze più drammatiche dei cambiamenti climatici. Di questo passo, infatti, non solo non riusciremmo a contenere l'aumento delle temperature entro 1,5° C, l'obiettivo virtuoso fissato nell'Accordo di Parigi sul Clima del 2015, ma entro la fine del secolo arriveremmo a un incremento di ben 2,5° C (la stima è compresa tra 2,1° C e 2,9° C). Ciò si tradurrebbe in conseguenze catastrofiche sull'ambiente e sull'intera umanità, con il rischio di veder sparire anche la civiltà. Il risultato della nuova analisi è simile a quello emerso da un precedente rapporto di Climate Action Tracker, tra le principali organizzazioni di studi climatici al mondo.

A calcolare l'incremento della temperatura media di 2,5° C entro il 2100 è stato un team di esperti dell'ONU, che ha messo a punto un nuovo rapporto legato alla Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), i cosiddetti “Accordi di Rio”, nati nel 1992 per contrastare le emissioni di gas a effetto serra, CO2 in primis. Anche se durante la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26) tenutasi lo scorso anno a Glasgow tutti i Paesi partecipanti (193) si sono impegnati ad abbattere le emissioni, solo 24 nazioni hanno in realtà fornito piani climatici aggiornati o completamente nuovi. Tra essi figurano grandi emettitori come India e Indonesia, che stanno puntando innanzitutto sul taglio alla deforestazione (gli alberi assorbono grandi quantità di anidride carbonica) e il “salvataggio” delle torbiere, che sono responsabili di significative emissioni di CO2 quando si seccano.

Sulla base di questi impegni e quelli degli altri Paesi, gli scienziati dell'ONU hanno calcolato che le emissioni aumenteranno del 10,6 percento entro il 2030 (rispetto al 2010). Grazie ad alcune scelte virtuose si è determinato un miglioramento rispetto alla precedente stima, che prevedeva un incremento del 13,7 percento, tuttavia siamo ancora lontanissimi dal poter evitare lo sforamento degli 1,5° C. Basti sapere che secondo l'ultima analisi dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) dell'ONU, per centrare questo obiettivo le emissioni dovrebbero crollare del 43 percento entro il 2030. In pratica, con le misure attuali ci stiamo letteralmente lanciando verso l'apocalisse climatica dalla quale gli scienziati cercano di metterci in guardia da anni.

“La tendenza al ribasso delle emissioni prevista entro il 2030 mostra che le nazioni hanno compiuto alcuni progressi quest'anno”, ha dichiarato il dottor Simon Stiell, responsabile dei cambiamenti climatici presso le Nazioni Unite. “Ma la scienza è chiara, così come i nostri obiettivi climatici nell'ambito dell'accordo di Parigi. Non siamo ancora vicini alla portata e al ritmo delle riduzioni delle emissioni necessarie per arrivare a un mondo di 1,5 gradi Celsius. Per mantenere vivo questo obiettivo, i governi nazionali devono rafforzare ora i loro piani d'azione per il clima e implementarli nei prossimi otto anni”, ha chiosato l'esperto.

Nonostante il futuro nebuloso, c'è dunque ancora del tempo per agire e prendere le misure drastiche e rapide necessarie per invertire la rotta. Per raggiungere gli obiettivi di Parigi ci sono diverse azioni da poter perseguire, come quelle elencate nel rapporto State of Climate Action 2022 messo a punto da alcune organizzazioni impegnate nella lotta e nella sensibilizzazione alla crisi climatica. Fra esse vi sono la riduzione di sei volte della produzione di energia dal gas naturale; il miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici da 5 a 7 volte; la riduzione del tasso di deforestazione di 2,5 volte; e la sostanziale riduzione del consumo di carne, che dovrebbe essere equivalente a non più di due hamburger a testa a settimana. La speranza è che nell'imminente COP27, che si terrà il mese prossimo in Egitto, i governi di tutti i Paesi presenteranno nuovi piani climatici ambiziosi per contrastare le emissioni di gas serra.

“La COP 27 è il momento in cui i leader globali possono riprendere slancio contro il cambiamento climatico, passare dai negoziati alla fase attuativa e proseguire nella massiccia trasformazione che deve avvenire in tutti i settori della società per affrontare l'emergenza climatica” , ha chiosato il dottor Stiell. “La COP27 sarà lo spartiacque mondiale dell'azione per il clima”, gli ha fatto eco Sameh Shoukry, ministro degli Affari esteri egiziano e presidente designato della COP27. “Il rapporto delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e prima ancora dell'IPCC è un promemoria urgente per tutti noi. Aumentare l'ambizione e l'attuazione urgente è indispensabile per affrontare la crisi climatica. Ciò include la riduzione e la rimozione delle emissioni più rapidamente e in un ambito più ampio dei settori economici, per proteggerci da impatti climatici avversi più gravi e da perdite e danni devastanti”. Non resta che attendere le conferenze in Egitto e sperare in un concreto e significativo passo in avanti contro la crisi climatica che incombe su tutti noi. Non solo a parole.

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