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Incidente aereo Mosca, passeggeri in fuga col bagaglio sotto accusa: “Hanno ritardato evacuazione”

L’aereo è ritornato in aeroporto 30 minuti dopo il decollo. Atterraggio di emergenza causa incendio. Ma i passeggeri si sarebbero attardati per recuperare le proprie valige. 41 le vittime, tra cui due bambini. “A quanto pare gli individui preferiscono rischiare l’esistenza propria o degli altri pur di salvare il trolley”, dice l’esperto.
A cura di Biagio Chiariello
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Il Superjet-100 Sukhoi che domenica si è incendiato uccidendo 41 persone (tra cui due bambini) a Mosca è stato evacuato "in 55 secondi". A chiarirlo è Maksim Fetisov, portavoce della compagnia di bandiera russa Aeroflot, a cui apparteneva l'aereo della sciagura avvenuta all'aeroporto Sheremetyevo. Tuttavia una fonte dell’agenzia Interfax sostiene che l’operazione di evacuazione sia stata rallentata dai “passeggeri che sono stati colti dal panico e hanno cominciato a recuperare i loro bagagli dalle cappelliere dopo che l’aereo aveva avuto l’impatto col terreno e aveva preso fuoco. Questo ha bloccato l’evacuazione dei passeggeri dai sedili di dietro, che sono morti nell’incendio“. Ed effettivamente i filmati mostrano alcuni passeggeri che si allontanano con il bagaglio a mano attraverso i due scivoli davanti (sui quattro totali). Tra questi c’è Dimitry Khlebushkin, seduto al posto 10 C. Secondo i giornali russi l’uomo, “alto e robusto”, avrebbe ostruito il passaggio recuperando la sua valigia. Tra quelli che si trovavano dietro di lui, solo in tre sarebbero sopravvissuti.

Cosa succede in caso di atterraggio d'emergenza

Le regole sono chiare: in caso di atterraggio d’emergenza (o problemi più gravi, come appunto un incendio) tutti le persone a bordo devono abbandonare  all’istante il velivolo senza portare alcun peso. “Invece continuiamo a vedere persone che se ne vanno con gli effetti personali”, dice al Corriere della Sera Christine Negroni, esperta di incidenti aerei e autrice del libro ‘The Crash Detectives’. La donna prende come esempio la sciagura aerea del 6 luglio 2013: il volo Asiana Airlines 214 atterra rovinosamente sulla pista di San Francisco e prende fuoco: muoiono tre viaggiatori, diversi altri scappano con il bagaglio. “A quanto pare gli individui preferiscono rischiare l’esistenza propria o degli altri pur di salvare il trolley”, sintetizza Grant Brophy, investigatore dei disastri aerei da una trentina d’anni. “I passeggeri o non seguono le istruzioni o decidono di ignorarle: e questo è ancora più rischioso in presenza di fuoco e fumo” spiega.

Di chi è la colpa

Nell’incidente Asiana più di un sopravvissuto ha ammesso di aver portato con sé il bagaglio dopo aver visto altri fare la stessa cosa. “È stato un riflesso condizionato”, spiega Negroni. Che denuncia la “normalizzazione della devianza”.  “Più di vent’anni fa ho suggerito ad Airbus di pensare alla chiusura centralizzata delle cappelliere”, dice Ed Galea, docente dell’Università inglese di Greenwich. “Ma il rischio è che le persone perdano ancora più tempo, nell’emergenza, a tentare di aprirle”, ammette il professore.

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