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Flop ai ballottaggi, Calenda: “Andiamo oltre il Pd”. Martina: “No al superamento del partito”

Dopo la sconfitta ai ballottaggi la via per Carlo Calenda deve essere quella di “andare oltre il Pd”, senza però chiedere le dimissioni di Maurizio Martina. Il segretario del Pd è favorevole a un progetto di rinnovamento del partito, ma non al suo “superamento”. Mentre Orfini dice no al congresso subito: “Si dovrebbe pensare di farlo almeno con regole un po’ differenti, che non significa rinunciare alle primarie che per me sono irrinunciabili, ma farle precedere da una fase un po’ più approfondita”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il Pd non potrà rimandare un'analisi di quanto è accaduto. Il bilancio di queste elezioni comunali 2018 è preoccupante per il centrosinistra. Nelle regioni rosse per antonomasia, cioè Toscana ed Emilia, la debacle è clamorosa: città come Pisa, Siena e Massa sono state strappate ai dem dal centrodestra. Brucia la sconfitta a Ivrea, dove dal Dopoguerra in poi la Sinistra ha sempre avuto la meglio. Non va meglio a Terni, governata dagli ultimi 20 anni da giunte di sinistra e passata nelle mani della Lega. Stessa sorte è toccata a Imola, conquistata dal M5S. Il Pd ha perso la sfida con i grillini ad Avellino, e possono consolarsi solo con Teramo, Brindisi e Ancona, unico capoluogo di Regione al voto, dove la sindaca uscente, Valeria Mancinelli, ha riottenuto la fiducia del suo elettorato.

Se insomma Lega e centrodestra avanzano un po' ovunque, i dem non posso limitarsi a leccarsi le ferite. Sull'ipotesi del congresso il presidente del partito Matteo Orfini è dubbioso, perché teme si possa trasformare in una "conta": "Dobbiamo capire se è la soluzione, lo valuteremo all'Assemblea nazionale. Per come è concepito da Statuto del Pd il Congresso è una conta sui nomi. E se qualcuno pensa che questa situazione si possa risolvere con una conta sui nomi, diciamo è molto ottimista, io credo che avremo bisogno di discutere in maniera più radicale e approfondito le ragioni della sconfitta, a cominciare da quella del 4 marzo. Io penso che se si deciderà di fare il congresso – ha spiegato – si dovrebbe pensare di farlo almeno con regole un po' differenti, che non significa rinunciare alle primarie che per me sono irrinunciabili, ma farle precedere da una fase un po' più approfondita, altrimenti si tratta di mettere delle casacche e sostenere questo o quel leader". 

Questa mattina il segretario del Pd Maurizio Martina ha parlato della necessità di un rinnovamento: "Anche i risultati delle amministrative dimostrano che c'è stato un cambiamento radicale, ora bisogna lavorare per costruire tutto di noi e ripartire, c'è una nuova destra in campo aggressiva e radicata". Mentre si mostra cauto nei confronti di Carlo Calenda, che ha chiesto con un tweet di andare oltre il Partito Democratico: "Sono d'accordo sul ripensamento complessivo – ha replicato Maurizio Martina – abbiamo tanto da cambiare nei linguaggi e nelle idee ma non sono d'accordo sul superamento del Pd. Credo nella ricostruzione di un campo progressista, democratico di centrosinistra con un Partito democratico rinnovato al centro". E assicura che il prossimo segretario del Pd verrà scelto con le primarie.

Anche Matteo Orfini è critico nei confronti della proposta di Calenda: "Rifondare il Pd è indispensabile, perché oltre il Pd c'è la destra, basta guardarsi intorno e quindi non vedo possibilità di andare oltre il Pd e trovare qualcosa di buono. È ovvio che noi dobbiamo capire come tornare a convincere gli elettori a votare Pd, questo è il dovere del gruppo dirigente passato, presente e futuro del Pd". 

Dopo il botta e risposta sul social network Calenda però ha assicurato di non volere la testa di Martina: "Io non chiedo le dimissioni di nessuno. Bisogna ricostruire e c'è bisogno di tutti. Va formata subito una segreteria costituente, prodotto un nuovo manifesto di idee/proposte e lanciato un processo di mobilitazione e adesione a un movimento politico e civico che vada oltre il Pd".

Di fase costituente da avviare a luglio ha parlato anche Andrea Orlando della minoranza dem, che si mostra tiepido nei confronti dell'idea di un Fronte repubblicano: "È una delle formule di cui parleremo al congresso ma questo non è il momento di parlare di formulette".

"Sicuramente si è intaccato qualcosa nel rapporto col territorio – ha detto l'ex ministro della Giustizia – ci sono risultati positivi imprevisti come Roma e Brindisi, ma impressiona la vittoria della destra nelle regioni rosse. Ci sono gli elementi per una riflessione molto seria e l'apertura di una fase costituente". Ma ha aggiunto che al Pd "serve anche un nuovo vocabolario, bisogna rivedere l'impianto teorico: non si tratta di organigrammi o figurine. Bisogna parlare di condizioni materiali delle persone, dello spaesamento per i cambiamenti sociali, di scuola e sanità, e non di Fronte repubblicano".

Anche Gianni Cuperlo ha provato a fare un'analisi della sconfitta, utilizzando parole dure: "C'è vita fuori dal Pd e dalle altre sigle di questa metà del campo. Ma per unire, per federare, quelle forze e altre che potrebbero rialzarsi serve una netta discontinuità nelle persone e nella iniziativa politica".

"Cos'altro deve succedere – Continua Cuperlo – perché il Pd e la sinistra prendano atto che è tempo di rifondare tutto? Che riti, miti e ricette di ieri non servono a capire dove piegano sentimenti e bisogni di milioni di persone? Di fronte a una sequenza quasi infinita di sconfitte chiunque se la cavi con un capro espiatorio non ha capito. Ma altrettanto assurdo è spiegare quelle sconfitte con un difetto di comunicazione o le troppe divisioni. Con argomenti simili la sinistra si condanna da sé".

Proposte di ricostruzione provengono anche da Liberi e Uguali. Il presidente della Toscana Enrico Rossi commenta così: "Sostanzialmente una disfatta. Nella regioni una volta ‘rosse', in modo particolare. Laddove il Pd era più forte più la sinistra perde e LeU non svolge nessun ruolo di recupero. È necessario un nuovo inizio, basato sull'unita, sulla ricomposizione e sulla responsabilità. La sinistra si è sciolta e va ricomposta. La sinistra deve riunificarsi, mettendo insieme uomini e donne di sinistra, la loro cultura e la loro passione. Sarà necessario un lungo cammino in cui la sinistra, armata di umiltà, dovrà ascoltare e mettersi a disposizione dei lavoratori, dei giovani e dei ceti popolari. Per questo, io credo che bisogna andare oltre, oltre il Pd e oltre LeU – conclude Rossi – per costruire un partito nuovo della sinistra e del lavoro che si ispiri agli ideali del socialismo e ai principi della dottrina sociale cristiana".

I renziani però prendono le difese dell'ex segretario. A parlare su Twitter è Dario Nardella, sindaco di Firenze: "Almeno questa volta mi aspetto che non diano la colpa a Renzi per quello che è successo ieri". E poi l'affondo: "Il gruppo dirigente nazionale ha fallito di nuovo: ne deve trarre le conseguenze immediatamente, perché così non possono andare avanti". E lo ha sottolineato anche Andrea Marcucci"Il 24 giugno il Pd ha perso anche senza Matteo Renzi".

Tenta di ricomporre la frattura il senatore franceschiniano Luigi Zanda: "Per il Partito Democratico non è questo il momento di andare a caccia di capri espiatori per risultati dei quali tutti i dirigenti del Partito dovrebbero sentirsi responsabili. Casomai dovremmo cercare di capire le ragioni non solo delle sconfitte nei ballottaggi di ieri e, soprattutto, di quelle pesanti in Toscana e in Emilia, quanto delle continue e, in alcuni casi, persino umilianti sconfitte che il Partito Democratico ha subito ininterrottamente dalla vittoria alle europee del 2014 in poi. Da allora abbiamo perso tutte le sfide che abbiamo affrontato a elezioni amministrative, regionali, referendarie e politiche. È questa continuità negativa che dobbiamo spiegare, assieme alle ragioni di un isolamento politico nazionale che ci vede soli per la prima volta nella nostra storia". 

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