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Perché la strage di Peshawar è un orrore annunciato

L’attentato rappresenta l’ultimo capitolo di una scia di sangue che miete vittime da anni, frutto dell’atteggiamento repressivo del governo di Islamabad e della politica duale verso i talebani.
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Islamabad. Rawalpindi. Bannu. Peshawar. Tutti nomi di località distanti sia geograficamente che dal sentire comune diventate oggi, purtroppo, di pubblica notorietà a causa del tragico attacco alla scuola militare di Peshawar che ha causato un numero elevatissimo di vittime, secondo molti report i ragazzi uccisi sono più di cento.

Quanto è avvenuto nell'istituTo sito nella regione del Khyber Pakhtunkhwa, nei pressi del confine settentrionale con l'Afghanistan, rappresenta solo l'ultimo passo tragico ed eclatante s'intenda, della tormentata vita politica pachistana. Vita che che da troppi anni ondeggia tra il supporto aperto alle tribù talebane presenti nel paese (e condivise con il confinante Afghanistan) e la loro caccia e repressione ordinata dai governi di Islamabad. Per provare a capire l'orrore di questa mattina può avere senso riportare quanto affermato da Mohammad Khorasani, portavoce ufficiale delle milizie talebane, che attraverso le testate locali ha voluto spiegare il gesto terrorista con le seguenti parole: “Quanto avvenuto questa mattina rappresenta solo la reazione ai massacri ed uccisioni dei nostri bambini e ai trattamenti riservati ai nostri mujahidin (ovvero combattente impegnato nel portare avanti la jihad o, secondo alcuni significati, guerra santa, ndr) in numerose zone del paese. Circa sei attentatori suicidi sono entrati nella scuola e siamo al momento (la nota è stata diramata nella mattinata, ora italiana) in contatto con loro. Abbiamo anche ordinato gli attentatori di non uccidere i bambini presenti nell'istituto”. Al momento si ritiene che, con tutta probabilità, gli autori e organizzatori dell'attentato siano i militanti della formazione Tehreek-e-Taliban Pakistan (in seguito Ttp).

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Purtroppo e a quanto si apprende la richiesta, per così' dire, dei mandanti dell'attacco non è stata rispettata e come riportano gli aggiornamenti costanti provenienti dal Pakistan, il numero di bambini e giovani vittime del fuoco talebano è elevatissimo. Ma perché, dunque, si è arrivati a tanto? Perché tanta ferocia, soprattutto contro dei minori innocenti per definizione? È impossibile trovare una qualsiasi giustificazione per un attacco che, in modo premeditato e pianificato, ha messo nel mirino tante giovani vite, proprio con l'obiettivo di colpirle. L'obiettivo dell'attentato, secondo quanto circola in rete e che quindi ora nell'immediatezza dell'evento deve essere preso ancora più con le pinze, è proprio quello di creare il più grande terrore e panico nel paese per dimostrare, da una parte, che le morti dei civili talebani non rimangono impunite e, dall'altro, che i servizi d'intelligence hanno perso il controllo della situazione.
I talebani hanno sempre goduto in Pakistan di una certa tolleranza, per non dire supporto, da parte delle forze regolari nazionali e in particolare dei temuti servizi segreti nazionali noti con la sigla di Isi (Inter-services intelligence), che per molto tempo hanno utilizzato a proprio vantaggio le milizie talebane arrivando persino a coprirne le tracce nel recente passato (si ricordi ad esempio che durante l'operazione Cyclone – durata dal 1979 al 1989 – gli Stati Uniti fornirono armi e fondi ai mujaidin afghani attraverso l'esercito pachistano e attraverso l'Isi. Lo stesso Bin Laden ebbe rapporti stretti con il direttore dell'epoca dell'Isi, il generale pachistano Hamid Gul. Gli Usa, sebbene abbiano fornito supporto diretto alle formazioni talibane all'epoca della guerra “segreta” contro l'Unione Sovietica, che nel frattempo aveva invaso l'Afghanistan nel 1979, non si occupò mai dell'addestramento militare dei mijaidin che venne gestito completamente dalle forze pachistane).

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La cronaca riporta all'attualità e ricorda che nel corso dell'ultimo anno sono state decine di migliaia le vittime ed i feriti– sia da parte pachistana, soprattutto militari in servizio, sia da parte talebana, molti ritenuti appartenenti alle comunità dei miliziani e non combattenti attivi –, che hanno lastricato col sangue le strade della Repubblica islamica, facendo crescere la paura e la tensione nel paese. Terrore che oggi ha trovato la sua forma più crudele e orrenda nell'attacco alla scuola militare. Gli osservatori non sembrano essere stupiti dal fatto che l'attentato sia avvenuto proprio al confine con l'Afghanistan, dove storicamente i legami tra le tribù talebane sono solidissimi e dove i combattenti trovano rifugio oggi (quando invece in passato il rapporto era inverso). Dal 2007 i militanti del Ttp hanno preso di mira civili e appartenenti alle forze armate pachistane, in rappresaglia per le operazioni anti terrorismo avvenute negli stessi anni in tutto il paese. Molti analisti, inoltre, hanno criticato apertamente l'atteggiamento del primo ministro pachistano Nawaz Sharif che, secondo un'opinione diffusa, avrebbe fatto poco per favorire il dialogo e la riappacificazione con le milizie talebane e promuovendo iniziative per il dialogo poco chiare e poco strutturate con il suo agire politico, aumentando di fatto la rabbia che già forte serpeggiava nel paese e promuovendo, attraverso attacchi aerei e massicce operazioni di polizia nei villaggi talebani, ulteriori morti e quindi rappresaglie. Il bagno di sangue di oggi, purtroppo, sembra essere foriero di altre stragi e massacri. Molti utenti del web hanno sintetizzato la situazione con la seguente frase: “non si può dare da mangiare al diavolo e poi pensare che questi non si rivolti contro”.

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