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La caduta del muro di Berlino

La caduta del Muro di Berlino: celebrazioni tra speranze rinnovate e disillusioni quotidiane

Il 9 novembre 1989 i cittadini della Ddr avevano accesso liberamente al territorio della Germania Occidentale. Un giorno storico che ha sancito la fine del blocco sovietico e la nascita dell’Europa Unita.
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Crollo e ricostruzione. Il paradigma del novecento ha in Berlino la sua massima icona. Oggi 9 novembre 2014 si celebrano i 25 anni dalla caduta del muro che, per 28 anni, ha separato l'attuale capitale tedesca in due, rappresentando sia la linea visiva di demarcazione tra Germania Occidentale ed Orientale, sia la linea di confine tra due mondi, tra due idee di società, tra due progetti di vita e soprattutto tra le loro rispettive storture ed aberrazioni. Centocinquantacinque chilometri di muro fatti di cemento armato, filo spinato, filo elettrificato, torrette di guardia e terra di nessuno, costruiti con l'unico obiettivo di impedire agli abitanti dell'Est di poter scappare verso il ricco Ovest, si sgretolarono quel 9 novembre 1989, quando il governo socialista aprì i confini permettendo il libero transito verso Berlino Ovest. Oggi, dunque, ricorre l'anniversario della caduta del muro.

La caduta del Muro, la nascita della speranza

Un giorno che ha visto per la prima volta, dalla Seconda guerra mondiale e quindi dalla creazione delle aree d'interesse nella Germania post bellica occupata, tutti i tedeschi riuniti sotto lo stesso cielo, uniti nelle medesime speranze ed aspirazioni. Al grido di Einheit (unità) i cittadini dell'Est comunista hanno potuto riabbracciare i concittadini dell'Ovest in un inaspettato quanto naturale processo di liberazione dalla dittatura comunista e dare così vita a quella che oggi viene celebrata come la deutsche Wiedervereinigung (ovvero la seconda unificazione tedesca, dopo la prima che portò alla creazione dello stato tedesco). Anche chi è nato dopo quella fatidica data per la storia europea, fatidica perché diede di fatto il via al processo di unificazione politica ed economica europea che oggi è chiamata Ue ed è giunta dopo secoli di guerre e conflitti, ha nella memoria la gioia e l'entusiasmo di quei giovani – a prescindere dall'età anagrafica –, che in un impeto di libertà varcarono il confine tra i due mondi, confine che per trent'anni era stato sinonimo di morte, tortura e paura.
Negli occhi di quei ragazzi si leggevano speranze e desideri che, con tutta probabilità, noi appartenenti per nascita al mondo occidentale non potremo mai capire. Speranze e desideri che spaziavano dall'accesso ai beni materiali più banali, all'acquisizione di diritti fondamentali negati per decenni. Aver vissuto consapevolmente quel momento storico ha cambiato le vite di molti, catapultati dall'oggi al domani in pianeti lontani, visti solo attraverso trasmissioni di contrabbando e racconti che dovevano rimanere segreti.

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Quella fase, così ricca di energia e di illusioni si è dovuta scontrare poco dopo con la realtà. La dura, durissima realtà, fatta non solo di un divario tecnologico, materiale e strutturale all'apparenza irrecuperabile, ma soprattutto fatta di due visioni del mondo distanti ben più del muro che le separava. Due concezioni di vita che, al netto dei diritti acquisiti e quindi dell'eccezionale balzo in avanti dei cittadini della Ddr sul piano delle libertà civili (Deutsche Demokratische Republik, ovvero Repubblica democratica tedesca), appaiono ancora oggi distanti. Chi scrive ha avuto la fortuna ed il privilegio di vivere a Berlino per anni, avendo l'opportunità – non senza qualche difficoltà –, di entrare in contatto con molte delle realtà presenti in città. A colpire è stata l'opinione diffusa, per non dire unanime, espressa dai cosiddetti Ossie (termine con cui, a volte in senso dispregiativo, i tedeschi dell'Ovest identificano gli ex cittadini della Ddr) ad ormai più di vent'anni dalla riunificazione, secondo cui le acquisizioni materiali giunte nel tempo e grazie all'accesso al libero mercato, ai piani di ristrutturazione industriale e sociale pagati dall'occidente (inteso sia come mondo occidentale sia come ex Bdt ovvero la Germania Federale dell'ex Ovest), non abbiano portato quei miglioramenti strutturali auspicati durante e subito dopo la caduta del muro. Tanto è vero che il fenomeno della cosiddetta Ostalgie (neologismo tedesco frutto dell'unione dei termini Est e nostalgia) trova grande presa nella popolazione che ha avuto modo di vivere quella realtà e che, a prescindere dalle posizioni di partito e di idea politica, si trova a ricordare con crescente attenzione quanto avvenuto nel recente passato.

La diffusione del sentimento di Ostalgia

La nostalgia del passato, si dirà, è un fenomeno usuale e comune nella storia dell'evoluzione umana. Senza dubbio. Ma a colpire è sia la diffusione di tale opinione tra gli ambienti più diversi, sia il comune denominatore legato alla perdita di spazi di socialità e rapporti umani più stretti. In ogni caso la riunificazione della Germania è stato un processo difficile e pesante, per entrambi i lati e in particolar modo per l'ex Est. Questo perché di punto in bianco professionalità, mestieri e qualifiche non sono state più riconosciute nel nuovo ordinamento. Questo avveniva poiché venne previsto il solo adeguamento degli standard Ddr a quelli della Bdr. Situazione questa che ha comportato nel corso degli ultimi vent'anni l'innalzamento del livello di disoccupazione nella parte orientale del paese – con gravi conseguenze quali i fenomeni dell'alcolismo e della depressione da assenza di lavoro –, che tutt'oggi registra sacche di disagio sociale quali, ad esempio, quelle che caratterizzano la periferia orientale della Capitale nei quartieri, tra gli altri di Wedding, Marzhan, Hellersdorf e Köpenick.

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Berlino, come si diceva, rappresenta l'icona non solo della Germania riunificata, ma del processo di costruzione, ricostruzione e strutturazione europeo. Dal 1990 ad oggi la città è stata, ed è tuttora, un cantiere a cielo aperto; dalle metropolitane agli edifici, passando per le ristrutturazioni di interi caseggiati. Il commento più comune tra coloro che hanno visitato la città in questi ultimi 25 anni è che essa appare come un grande esperimento architettonico, ma a colpire davvero è che questo esperimento non si sia mai arrestato in questo quarto di secolo. Oggi, senza dubbio, la città dell'Orso si presenta più funzionale, tecnologica e avanzata che mai, anche se il suo luccichio sfavillante – dovuto anche alla posizione di supremazia economica tedesca in campo internazionale –, celi grandi oscurità fatte di solitudine e crescente marginalizzazione. Soprattutto se si pensa al numero sempre crescente di giovani che alla ricerca della propria identità, prima che di un lavoro, decidono di puntare sulla complicata carta tedesca. A 25 anni dalla caduta del muro, Berlino sembra ancora lontana dall'aver acquisito un suo carattere o, per meglio dire, dal riacquisirlo dopo la tragedia della guerra. Le luci ed ombre legate alla riunificazione, rappresentano il modello su scala cittadina della sfida europea che ancora oggi vive delle proprie complessità, dei propri diritti e contraddizioni. Resta però una certezza: i berlinesi non dimenticheranno facilmente quel giorno, simbolo di libertà e soprattutto di speranza in un domani unito.

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