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Kony 2012, gli attivisti di Invisible Children annunciano il sequel del video

L’organizzazione, già al centro di numerose polemiche, ha spiegato che il prossimo film approfondirà i dettagli relativi al guerrigliero ugandese Joseph Kony e al suo gruppo di combattenti, il Lord’s Resistance Army.
A cura di Nadia Vitali
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L organizzazione, già al centro di numerose polemiche, ha spiegato che il prossimo film approfondirà i dettagli relativi al guerrigliero ugandese Joseph Kony e al suo gruppo di combattenti, il Lord s Resistance Army.

Che fosse più un film dalla coloritura hollywoodiana piuttosto che un documentario di denuncia di una delicatissima questione che riguarda, non solo l'Uganda, ma un'estesa area geografica del continente africano, questo era ormai chiaro a molti: le polemiche seguite alla diffusione del video Kony 2012, record assoluto con quasi 100 milioni di visualizzazioni in meno di una settimana, hanno già sottolineato con forza quanto la prospettiva del cortometraggio pecchi in superficialità e sia profondamente lacunosa, oltretutto giudicata anche offensiva sia dagli stessi ugandesi sia da molti intellettuali africani, che hanno visto le proprie drammatiche vicende ridotte a cristalline esemplificazioni di «Buoni contro Cattivi» in cui, una volta di più, i buoni hanno la pelle bianca ed i capelli biondi. E così, come accade quando il film fa successo di pubblico e botteghino, ecco in arrivo l'inevitabile parte seconda, pronta a sbancare tutti i click della rete, ancora, attraverso la storia del feroce guerrigliero ugandese Joseph Kony, criminale internazionale ricercato dalla Corte Penale Internazionale e, a tutt'oggi, irreperibile nelle foreste del cuore dell'Africa, assieme al suo «cencioso» esercito di bambini soldato.

Kony 2012, parte seconda – Un seguito atteso proprio in queste ore che avrebbe come obiettivo quello di chiarire alcuni dettagli fondamentali, correggendo le inesattezze di non poco conto che si sono attirate fiumi di polemiche; come ad esempio, quella che vede Joseph Kony come braccato e in fuga nello Stato dell'Uganda, mentre è bene ricordare che il leader dell'Esercito di resistenza del Signore già da tempo si troverebbe al di fuori dei confini nazionali, in un'area localizzata tra il Sudan ed il Sud Sudan, la Repubblica Democratica del Congo e la Repubblica Centrafricana, continuando ad operare certamente non in Uganda. O anche i numeri relativi ai bambini rapiti dalle milizie fondamentaliste-cristiane (Joseph Kony si ritiene una sorta di medium in contatto con entità soprannaturali che ne guiderebbero le gesta, in un culto frutto di sincretismi tra tradizioni locali e religione cristiana) che sarebbero fortemente esagerati e sui quali non è fatta adeguata chiarezza: i 30 000 individui dell'esercito sarebbero una stima complessiva relativa a tre decenni di guerra e, soprattutto, il film sembrerebbe dimenticare come una parte dei sequestratori siano a loro volta ex fanciulli reclutati in tenera età nelle file dell'armata di Kony negli anni precedenti.

Spiegazioni e chiarimenti indispensabili – Insomma, dovute contestualizzazioni e necessarie spiegazioni che, tuttavia, al popolo dei like di Kony 2012 potrebbero risultare quasi superflue giacché così facile è stato accettarne i limiti marcatamente «occidente-centrici», in cui ai disagi ed ai problemi sociali ed economici di un'intera fascia di Africa che, inevitabilmente, creano conflitti tra gruppi di guerriglieri che si contendono quattro stracci con le armi provenienti dai paesi industrializzati, si risponde con una chiamata alle armi tutta americana. Riecheggiando, oltretutto, le due disastrose guerre che nell'ultimo decennio non sono servite ad "importare la democrazia" in Iraq ed Afghanistan, ma a creare, ancora una volta, situazioni di tragica dipendenza, perfettamente in accordo con l'approccio rozzamente colonialista di cui i registi di Invisible Children fanno sfoggio senza porsi troppe domande. Ci si augurerà allora che gli autori del video, questa volta, si preoccupino anche di informare esattamente sui «cento soldati inviati da Barack Obama in Uganda», per appoggiare l'esercito del Governo ugandese: già accusato di stupri e saccheggi nei villaggi, certamente non una forza militare a cui gli ugandesi sceglierebbero di raccomandarsi per fuggire alle sevizie di Joseph Kony. Quest'ultimo, niente più che un simbolo dell'orrore che riguarda non solo un Paese ma tutto un intero territorio geografico, divorato da incubi e miserie inimmaginabili, frutto di decenni di storia predatoria che ha i suoi colpevoli anche in occidente. Nella fiaba dipinta a tinte pastello di Kony 2012, basterebbe quasi eliminare il guerrigliero dell'LRA per estirpare il male dall'Africa e portare a casa (quale?) tutti i bambini nati in una terra in cui l'innocenza viene assassinata prima ancora di venire al mondo.

Il regista di Kony 2012, recentemente fermato per atti osceni in luogo pubblico – Ancora una volta, dunque, ci si trova costretti a ripetere, quando si parla di Kony 2012 come non sarà la militarizzazione di uno Stato a risolverne i problemi: oltretutto Joseph Kony si è dimostrato perfettamente capace di nascondersi accuratamente in un territorio che geograficamente si presta brillantemente allo scopo e l'ipotesi di fare un riepilogo della guerra afghana sulle tracce di Bin Laden, ucciso quasi dieci anni dopo, fa venire i brividi solo a pensarci. L'auspicio è che questa volta il regista Jason Russel si guardi bene dall'indugiare su un messaggio così fraintendibile nei confronti di un popolo che deve sì essere aiutato ma che ha diritto alla propria dignità (e libertà) in primo luogo. Per il momento, l'attivista di Invisible Children si trova ad affrontare problemi d'altro tipo: intorno alla metà di marzo è stato arrestato dalla polizia di San Diego mentre si aggirava in pieno giorno, in un evidente e non meglio chiarito stato confusionale, per le strade della cittadina californiana completamente nudo e battendo i pugni per terra: ricoverato per «spossatezza, disidratazione e malnutrizione» è stato curato per un esaurimento nervoso, giudicato conseguente all'inatteso successo delle settimane precedenti. Decine di video, non propriamente edificanti, hanno documentato l'episodio oltremodo imbarazzante per quella che vorrebbe essere un'organizzazione con scopi umanitari. Forse il Presidente degli Stati Uniti dovrebbe compiere delle valutazioni un po' più accurate, prima di lasciarsi convincere da un'associazione, già oggetto di numerose controversie, a mandare qualche decina di soldati in un remoto angolo di Africa per "acciuffare a tutti i costi il cattivo".

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