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Hugo Chavez – I cinquantotto anni che hanno cambiato la storia del Venezuela

E’ morto Hugo Chavez. Molti lo piangono, qualcuno alza i calici al cielo in segno di festeggiamento. Ma qual è la storia politica del presidente venezuelano? Qual era la sua visione e come declinare quell’ideale “socialista nazionalista di stampo bolivariano” che ne ha condizionato l’intero operato politico? Una possibile lettura.
A cura di Anna Coluccino
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Venezuela's President and presidential candidate Hugo Chavez speaks in the rain during his closing campaign rally in Caracas October 4, 2012. REUTERS/Jorge Silva (VENEZUELA - Tags: POLITICS ELECTIONS)

Cinquantotto anni.
Questa l'età di Hugo Chavez al momento della sua morte; una morte che arriva quanto mai annunciata, temuta o auspicata a seconda delle fazioni.

Almeno di una cosa – però – occorre dar conto a Chavez, e lo fanno tutti, da Ban Ki Moon a Jimmy Carter: il suo lavoro politico ha cambiato in meglio il volto del Venezuela, la forbice tra ricchezza e povertà è stata drasticamente ridotta, sanità e scolarizzazione sono state offerte a chiunque, la partecipazione alla vita economica e politica è stata fortemente incentivata, le risorse nazionali sono state sottratte alla speculazione. Moltissimo resta ancora da fare, specie in termini di diritti civili e di sicurezza, ma non sarebbe stato possibile innestare un qualsiasi progetto di sviluppo per il Venezuela se prima non fosse stata estirpata la condizione tardo-feudale in cui il paese languiva prima dell'arrivo del presidenteQuesta considerazione, ovviamente, si muove al di là delle innegabili contraddizioni, al di là degli indiscutibili errori commessi.

Appare infatti Impossibile leggere con occhi occidentali le vicende venezuelane e pretendere di giudicarle secondo i canoni di una democrazia avanzata in cui la percentuale di chi vive al di sotto la soglia di povertà è ridicolmente (e fortunatamente) bassa, in cui l'assistenza sanitaria gratuita è un fatto conclamato (seppur in via di smantellamento), dove l'alfabetizzazione è un problema risolto decenni fa e non esiste un tasso significativo di mortalità infantile. Le urgenze di un paese come il Venezuela sono molto diverse dalle nostre e spetta alla popolazione venezuelana dargli un ordine di priorità. Per questo non si può liquidare l'esperienza chavista come dittatoriale non solo per via dell'elezione democratica (e ripetuta) del – con percentuali talvolta plebiscitarie – ma soprattutto perché i diritti civili sono – purtroppo – una valore secondario non solo per chi con Chavez ha governato, ma per la popolazione elettrice stessa. Se così non fosse, i venezuelani avrebbero fatto altre scelte.

Allo stesso modo, appare quanto meno ingenuo se non folle augurarsi un Chavez italiano. Nella nostra democrazia sarebbe intollerabile non avanzare in termini di diritti civili – o peggio dover fare passi indietro – perché, per quanto difficile sia la situazione economica, i nostri standard di vita in termini di libertà sono diversi, e sono diversi perché gli italiani se li sono conquistati, così come faranno – presto – i venezuelani. La storia ci racconta che, senza giustizia sociale, la libertà – per quanto parimenti importante – diventa difficilmente praticabile e anche poco interessante per chi è schiavo delle proprie condizioni materiali.

La storia politica di Hugo Chavez

L'infanzia e l'adolescenza di Hugo Chavez sono caratterizzate dalle ristrettezze economiche; il padre e la madre del presidente – entrambi maestri elementari, genitori di sei figli – sono presto costretti ad affidare Hugo e suo fratello maggiore alle cure della nonna, ed è anche per questo che, a diciassette anni, Chavez decide di intraprendere la carriera militare. Dopo essersi arruolato nell'Accademia Venezuelana di Arti Militari, dove consegue la laurea in Scienza e Arti Militari, comincia la sua carriera nelle Forze Armate, maturando già al loro interno le prime e fondanti convinzioni politiche, ispirate principalmente al pensiero e alla figura di Simon Bolivar.

Ed è proprio al Libertador, il generale rivoluzionario venezuelano, che si ispira tutta la politica chavista, spesso definita di sinistra nazionalista, dove con "nazionalismo" non si intende certo confinare il discorso alla declinazione tipicamente italiana che fa appello all'amor patrio o al fondamentalismo etnico, ma ci si riferisce al complesso ideologico spiccatamente sudamericano che – non a caso – sfocia nel grande sogno panamericanista bolivariano; quello della Grande Colombia, ovvero dell'unione di stati che condividono storia, patrimonio culturale, tradizioni e spirito. Nella Grande Colombia sognata da Bolivar, infatti, Venezuela, Colombia, Perù, Ecuador e Bolivia operano come un soggetto unico ed è indubbio che gran parte della carriera politica di Hugo Chavez sia stata spesa in questa direzione nel tentativo di allargare il progetto all'intero Sud e Centro America (il rapporto privilegiato con Cuba – in tal senso – è stato determinante). Da questo punto di vista, l'avanzamento prodotto negli anni di governo chavista è indubbio, anche grazie al lavoro Nicolas Maduro (non a caso il preferito di Chavez, non a caso ministro degli Esteri, non a caso successore designato del presidente). È sempre stata questa – infatti – la principale preoccupazione di Hugo Chavez in termini di politica estera: l'unione del Sud America, e se mai questo antico e più volte tentato progetto dovesse vedere la luce, la storia dovrà considerare che il contributo di Chavez in questa direzione è stato gigantesco.

La passione politica di Chavez e, in particolare, l'acceso bolivarismo, nascono e si intensificano negli anni dell'esercito, quando già mostra un'indole piuttosto ribelle rifiutandosi a più riprese di eseguire azioni repressive nei confronti della popolazione. Negli anni '70 – infatti- l'esercito veniva spesso utilizzato in sostituzione delle forze di polizia e questo ha dato modo a Chavez di maturare una precisa convinzione politica che riesce a prendere forma di movimento già all'interno dell'esercito. Nel 1983, infatti, nasce il Movimiento Bolivariano MBR-200 che, negli anni, cresce per adesioni e importanza fino a quando – nel 1991 – Chavez viene promosso colonnello e pochi mesi dopo – nel 1992 – anima un colpo di stato ai danni del governo di Carlos Andres Perez. Il golpe ha come conseguenza la morte di 14 persone, il ferimento di altre 53 e l'arresto dello stesso Chavez.

Paradossalmente, è proprio con l'arresto che comincia la grande avanzata di Hugo Chavez nell'immaginario collettivo venezuelano. È così che comincia il suo intenso rapporto con un popolo che gli rinnoverà la fiducia per quattordici anni e ne piangerà in massa la scomparsa. In seguito all'arresto del presidente – infatti – il popolo venezuelano comincia a manifestare per la sua liberazione, tanto che – nel 1994 – il governo si vede costretto a inserirlo in un procedimento di amnistia.

Una volta libero, Chavez diventa parte attiva ed integrante della scena politica venezuelana. Nel 1997, in virtù dei crescenti consensi tra le classi subalterne, Chavez fonda il partito Movimento Quinta Repubblica (MVR) e, nel dicembre 1998, vince le elezioni presidenziali con il 56%2 dei voti. Il primo atto di Chavez è quello di indire il primo referendum della storia venezuelana; un referendum in cui si chiede alla popolazione il permesso di modificare la costituzione. I voti a favore superarono l'80%.

Da questo momento in poi, il Venezuela continua a confermare la sua fiducia a Chavez. In quattordici anni, il presidente ha: nazionalizzato le materie prime (come il petrolio), liberando il Venezuela da speculazioni estere che poco o nulla restituivano al territorio in cambio di ciò che prelevano; azzerato l'analfabetismo diffuso; offerto assistenza sanitaria gratuita a quel 70% della popolazione che non aveva mai potuto permettersela; abbassato la percentuale di malnutrizione offrendo pasti a prezzi modici al 50% della popolazione e completamente gratuiti al 5% dei venezuelani; ridotto la mortalità infantile al 2%; abbassato il tasso di disoccupazione; ridotto drasticamente la percentuale di popolazione che viveva sotto la soglia di povertà.

Ciononostante, sono pochissimi gli avanzamenti in tema di diritti civili. Il tasso di corruzione delle forze di polizia resta elevatissimo (con un conseguente aumento di omicidi) e l'informazione è oggetto di frequenti attacchi e censure. In generale, si può senz'altro dire che i diritti civili non hanno rappresentato certo una priorità per il governo chavista – la cui politica si mostra sicuramente machista – ma la principale preoccupazione del presidente, in un paese in cui le distanze tra ricchi e poveri erano siderali, la mortalità infantile, la denutrizione e l'analfabetismo a livelli stellari, sono state principalmente rivolte alla giustizia sociale e alla riduzione della forbice tra miseria e opulenza. I temi della giustizia sociale sono stati – per lungo tempo – indubbiamente più aderenti ai bisogni primari della popolazione che, forse, oggi può cominciare a guardare oltre e pretendere più libertà dai governanti in virtù del miglioramento delle  condizioni materiali. Il percorso – però – non è certo facile, il Venezuela resta a tutt'oggi un paese difficile e il suo futuro non è affatto scritto.

Al di là di ogni considerazione, quel che è certo è che non spetta all'occidente affermare se il passaggio di Chavez su questa terra sia stato foriero – o meno – di benessere, spetta a coloro che lo hanno amato od odiato, eletto o contrastato.

Intanto, da qui in avanti, toccherà a Nicolas Maduro portare avanti la politica chavista. Hugo Chavez ha scelto lui. Resta da vedere se i venezuelani confermeranno l'investitura.

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