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Femen in Tunisia: processo ad Amina, lei si toglie il velo in tribunale

La donna è accusata di detenzione di gas paralizzante: per i suoi avvocati, tuttavia, il dossier contro di lei è stato costruito ad arte.
A cura di Davide Falcioni
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Si è svolto ieri il processo in appello in cui è imputata la femminista tunisina – prima attivista del gruppo Femen nel mondo arabo – Amina Tyler, che si è resa protagonista di un gesto coraggiosissimo. Davanti alla corte, infatti, la donna si è sfilata il sefseri, il velo che viene fornito dal carcere a tutte le detenute e che da decenni viene indossato per "proteggere", durante le udienze in tribunale, dagli sguardi del pubblico. Si tratta comunque di un velo non obbligatorio, sicché la femminista non ha esitato un istante a sfilarselo poi sorridere e mostrare il pugno chiuso. Il processo di ieri discuteva della presunta detenzione di gas paralizzante da parte della diciottenne Amina: per questa accusa è stata già condannata a 300 dinari di ammenda. La sentenza arriverà l'11 luglio. Intanto, però, la donna ha ricevuto la solidarietà di Amnesty International e dell'Associazione delle donne Democratiche tunisine.

"Sono molto fiero – dice il padre di Amina, al termine del processo, alla giornalista di Repubblica Cristina Mastrandrea – i giovani hanno iniziato a sostenere Amina, hanno capito che ha subito un processo politico, che non ha fatto niente, non si è svestita, non ha profanato alcun cimitero, è andata Kairouan per dire che la ‘Tunisia è uno Stato civile dove le donne sono libere'".

I difensori di Amina hanno chiesto la non applicazione del testo di legge sulla detenzione di esplosivi e ribadito l'innocenza della Femen: "La detenzione di Amina è arbitraria – spiega Radhia Nasraoui, una delle più conosciute avvocatesse tunisine, militante contro la tortura e per la difesa dei diritti dell'uomo – non doveva essere arrestata non ha commesso alcun crimine e alcuna infrazione alla legge. Il dossier che è attualmente dal giudice Istruttore, al Tribunale di prima istanza di Kairouan, è vuoto. Ma, nonostante questo, vede tre capi di imputazione: attentato al pudore, che non è vero perché Amina non si è svestita; profanazione di cimitero, anche questo non è vero; ma la cosa più rivoltante è l'accusa di appartenenza ad un'associazione di ‘malfattori' che ha come obiettivi di portare a termine delitti contro cose o persone. Trovo che questa ultima accusa sia scandalosa. Amina è sola in questo dossier, non appartiene ad alcun gruppo, nemmeno a Femen, ha detto che non appartiene a quel movimento. Tuttavia anche se appartenesse al movimento Femen, non è un movimento che ha l'obiettivo di danneggiare persone o cose. E' un dossier che mi ricorda il periodo Ben Ali, quando venivano creati dei processi e delle cause ad hoc solo per gli oppositori politici" .

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