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Etiopia, massacro di civili da parte dell’esercito eritreo: “Crimini contro l’umanità”

I soldati eritrei hanno ucciso “centinaia di civili” a novembre 2020 nel Tigrè, regione a nord dell’Etiopia, in un massacro che potrebbe costituire un crimine contro l’umanità. A denunciare l’eccidio è Amnesty International in un rapporto pubblicato solo ora. “Spari per strada e perquisizioni casa per casa, giustiziati uomini e ragazzi”
A cura di Biagio Chiariello
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Un vero e proprio massacro sarebbe stato compiuto dall'esercito eritreo a novembre 2020 nel Tigray, regione a nord dell'Etiopia. A denunciarlo è Amnesty International. Nella città di Axum, "le truppe eritree si sono scatenate e hanno ucciso sistematicamente centinaia di civili a sangue freddo, cosa che può costituire un crimine contro l'umanità", ha detto Deprose Muchena, direttore regionale dell'organizzazione per l'Est e il Sud dell'Africa. Secondo il capo della Commissione etiope per i diritti umani, Daniel Bekele, istituito dal governo, i risultati di Amnesty "vanno presi molto seriamente". I risultati preliminari della commissione, precisa, "indicano l'uccisione di un numero ancora sconosciuto di civili da parte dei soldati eritrei" ad Axum.

Il rapporto di Amnesty International evidenzia come i miliziani abbiano sparato ai civili mentre fuggivano, messo in fila gli uomini e sparato loro alle spalle, radunato "centinaia, se non migliaia" di uomini per picchiarli e negato a chi è in lutto di seppellire i morti. In un arco di tempo di circa 24 ore, "i soldati eritrei hanno deliberatamente sparato ai civili per strada e hanno effettuato sistematiche perquisizioni casa per casa, giustiziando uomini e ragazzi", si legge nel rapporto. Il massacro sarebbe una rappresaglia per un precedente attacco da parte di un piccolo numero di miliziani e residenti locali armati di "bastoni e pietre", scrive l'associazione umanitaria. "L'esecuzione di massa dei civili di Axum da parte delle truppe eritree può essere considerata un crimine contro l'umanità", secondo il rapporto, che chiede un'indagine internazionale guidata dalle Nazioni Unite e il pieno accesso al Tigray per gli attivisti per i diritti umani, giornalisti e operatori umanitari.

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