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Due bimbi fuggono dai talebani ma muoiono in Polonia: uccisi dalla zuppa di funghi velenosi

La tragedia in un centro per rifugiati a Podkowa Leśna, in Polonia, dove la famiglia di rifugiati afgana era arrivata lo scorso 23 agosto. Il giorno dopo, impossibilità a uscire per fare la spesa vista la quarantena alla quale era stata sottoposta, avrebbe deciso di andare per funghi. Sul caso è stata aperta un’indagine. Il ministro dell’Interno: “Nessuna negligenza”
A cura di Biagio Chiariello
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Sono fuggiti dall'Afghanistan nuovamente nelle mani dei Talebani per trovare la morte in Polonia. Un destino atroce quello di due bambini di  5 e 6 anni, appartenenti a una famiglia di rifugiati afghani, deceduti dopo aver mangiato una zuppa dei funghi più velenosi al mondo, l’amanita falloide. La loro famiglia, composta da 12 persone, era arrivata nel centro di accoglienza a Podkowa Leśna-Dębak, vicino a Varsavia, il 23 agosto. Il giorno dopo si sarebbero inoltrati nel bosco, sull’area del centro, per cercare qualcosa da mangiare.

"Avevamo fame", spiega la famiglia  posta in quarantena, all’arrivo in Polonia, e impossibilità a muoversi liberamente per andare a fare la spesa; anche se i media locali — a partire dalla Gazeta Wyborcza — spiegano che alcuni volontari portano generi alimentari al centro, e il portavoce dell’Ufficio per gli Stranieri, Jakub Dudziak, ha definito quelle della famiglia "delle bugie": "Non è vero che manchi cibo per i rifugiati nei centri di accoglienza. Ci sono tre pasti al giorno, rispettando le norme culturali e religiose". Fatto sta che i rifugiati hanno trovato dei funghi e li hanno portati nel centro, dove li hanno cucinati e consumati. La sorella 17enne delle due vittime è stata ricoverata in ospedale, ma è riuscita a salvarsi ed ora sta meglio. I suoi due fratellini non ce l'hanno fatta. Entrambi ricoverati Center for Children's Health Institute della capitale polacca, il loro cuore ha smesso di battere a distanza di un giorno l'uno dall'altro. Il bambino di sei anni è stato sottoposto ad un trapianto di fegato che però si è rivelato vano.

Sul caso è stata aperta un'inchiesta per omicidio preterintenzionale: le autorità vogliono capire se nei confronti dei responsabili o dei dipendenti del centro per l'accoglienza possa configurarsi il reato di negligenza ed esposizione involontaria degli ospiti a una grave minaccia di salute o di perdita della vita umana, reato che comporterebbe una pena detentiva massima di 3 anni

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