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“Lo sciopero dei driver di Amazon è il conflitto di cui abbiamo bisogno”, dice Guido Maria Brera

Intervista al finanziere e scrittore, da poco in libreria con il romanzo “Candido”, una rilettura del racconto filosofico di Voltaire al tempo dei rider e della pandemia: “L’assenza di conflitto è lo spirito del tempo, gli algoritmi sono psicofarmaci digitali. E rischiamo di convivere per sempre con le pandemie, se continueremo a distruggere il pianeta”.
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“L’assenza di conflitto è lo spirito dei tempo nella nuove tirannie globali con cui ci stiamo confrontando. Lo sciopero dei driver e dei rider sono finalmente l’elaborazione di un conflitto emergente”. Guido Maria Brera non è un’ottimista, a dispetto di una vita e di una parabola professionale che lo autorizzerebbe a esserlo: fondatore e chief investment officer di Kairos Sgr, una delle più importanti società di gestione del risparmio italiane, scrittore di romanzi di successo, editore di libri, riviste e podcast, animatore del collettivo letterario I Diavoli  marito della conduttrice televisiva Caterina Balivo, padre di quattro figli.

Non è nemmeno un difensore dello status quo, Brera. Anzi, a dispetto di tutto il suo successo, è da anni che ne racconta e ne denuncia le storture, soprattutto attraverso i suoi romanzi. L’ha fatto con I Diavoli (Rizzoli, 2014), diventato lo scorso anno una serie televisiva, nel pamphlet a quattro mani con Edoardo Nesi “Tutto è in frantumi e danza” (La nave di Teseo, 2017) e poche settimane fa con “Candido” (La nave di Teseo, 2021), una rilettura in chiave contemporanea del racconto filosofico di Voltaire, in cui il protagonista non è un giovane orfano, ma un rider con una madre anziana a cui badare. E in cui Pangloss, il precettore che gli insegna che questo è il “migliore dei mondi possibili”, non è un essere umano, bensì un algoritmo.

“Io l’idea di rifare il Candido ce l’ho da sempre – spiega Brera a Fanpage.it – Me lo sono riletto decine di volte, in questi anni, come quando da bambino ascoltavo le favole nel mangianastri. Il problema è che non avevo lui, Candide”.

In che senso?
Nel senso che Candide girava il mondo, e non capivo chi potesse interpretare quel personaggio, oggi. Poi ho avuto un’intuizione: noi il mondo ce l’abbiamo sotto casa, sono le grandi città globali. E chi percorre queste città incessantemente, in lungo e in largo? I rider. Quando l’ho capito, il romanzo si è scritto da solo.

Voltaire scrive Candido dopo il terremoto di Lisbona del 1755, per andare conto alle teorie filosofiche ottimistiche prevalenti nell’epoca. Oggi, a dispetto degli “andrà tutto bene”, non sembra essere un periodo altrettanto ottimista. C’era davvero bisogno di un nuovo Candido?
Io credo di si, ovviamente. Perché il nostro terremoto non è stata la pandemia.

Cosa allora?
È stato un terremoto in slow motion. Strano, in una società veloce come la nostra. È stato tutto quel che accaduto dal 2000. È stata la retorica mentre accadeva questa terremoto.

Di che retorica stiamo parlando?
Quella della globalizzazione, di un mondo piatto dove tutti diventano ricchi. All’inizio di un incubo c’è sempre un sogno, del resto. E questo è un sogno che parte da lontano, con Reagan e con la Thatcher, e con la caduta del Muro di Berlino nel 1989. Eppure…

Eppure?
Eppure l’incubo era già lì, sotto i nostri occhi. Perché quel sogno prevedeva che si potesse produrre dove i diritti umani non erano rispettati. O pagare le tasse nei paradisi fiscali. O lasciare che la finanza si mangiasse l’economia reale.

O deforestare il pianeta fino a liberare nuovi virus contro i quali non avevamo difese…
Io credo siamo entrati in una fase di pandemia sistemica. Perché più entriamo nella natura, più arriveranno nuovi virus nel nostro mondo. E la pandemia è la compagna di viaggio costante dei rider e di Candido. E di chi consegna beni di consumo alle persone asserragliate in casa, con turni massacranti e stipendi da fame.

Non a caso, qualche giorno fa c’è stato il primo sciopero dei driver di Amazon in Italia…
Gli scioperi dei driver e dei rider sono finalmente l’elaborazione di un conflitto emergente. Che ci può fare solo bene.

Perché abbiamo bisogno del conflitto?
Perché  negli ultimi vent’anni abbiamo sostituito il conflitto con un misto di illusione, di rabbia, di nostalgia. L’illusione delle sinistre occidentali, convinte che tutto sarebbe andato bene. La rabbia grillina e populista e di chi è convinto che tutto sarebbe andato male. E la nostalgia delle destre e dei sovranisti e di chi è convinto si debba tornare indietro.

Hanno tutti torto?
In Candido c’è una costante ricerca del conflitto che viene narcotizzato. Il padre muore di una droga nuova, di uno psicofarmaco che aiuta a dimenticare tutto. L’assenza di conflitto è lo spirito dei tempo nella nuove tirannie globali con cui ci stiamo confrontando. Lo sciopero dei driver e dei rider sono finalmente l’elaborazione di un conflitto emergente. Non a caso insieme alla pandemia che ci divide ci sono gli psicofarmaci che sedano. Psicofarmaci reali e digitali, intendiamoci: algoritmi che anticipano i nostri bisogni, come Pangloss nel mio libro.

Cosa manca?
Manca una quarta la quarta via: quella della ricostruzione.

Ricostruzione è un po’ nostalgico, non trovi?
La quarta via non è nostalgia, né rabbia, né illusione. Deve tenere tutte le grandi conquiste degli ultimi vent’anni. Pensiamo alla scienza e alla tecnologia. Ma tutto deve andare nella direzione di una più alta concezione di bene pubblico. I dati che servono a curare le malattie non devono essere privatizzati. I dati che rendono intelligenti le macchine devono concorrere a far crescere la cultura e l’intelligenza dell’uomo.

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