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Istat, italiani in via di estinzione: siamo 116mila in meno rispetto all’anno scorso

La popolazione italiana continua a non crescere, anzi è diminuita al prima gennaio 2020 di 116mila unità rispetto all’anno precedente. È quanto rivelato dall’Istat, che ha anche sottolineato il trend negativo delle nascite rispetto al numero delle morti anche se cresce l’aspettativa di vita, soprattutto nelle regioni del Centro Nord. Male il Sud: nonostante abbia più giovani, si sta lentamente spopolando.
A cura di Ida Artiaco
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La popolazione italiana non cresce, anzi. Ci sono ben 116mila italiani in meno rispetto allo scorso anno. Lo ha rivelato l'Istat, l'Istituto Nazionale Di Statistica, che ha sottolineato come al primo gennaio 2020 i residenti ammontano a 60 milioni e 317mila, diminuendo di più di 110mila unità rispetto ai dati del 2019. Un trend negativo, che va avanti da ormai cinque anni, sensibile soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno e al Centro, mentre quelle del Nord crescono con un buon ritmo, in particolare le città di Bolzano (5 per mille), Trento (3,6 per mille), ma anche Lombardia ed Emilia Romagna. Tra le regioni del Centro quella con il tasso inferiore di perdita è la Toscana. Tra le cause del calo della popolazione ci sono le nascite che sono state decisamente inferiori ai decessi: sono rispettivamente 435mila contro 647mila. "Il 2019 è un anno nel quale le tendenze demografiche risultano da un punto di vista congiunturale in linea con quelle mediamente espresse negli anni più recenti. Le evidenze documentano ancora una volta bassi livelli di fecondità, un regolare quanto atteso aumento della speranza di vita, cui si accompagna, come ormai di consueto, una vivace dinamica delle migrazioni internazionali", si legge nel dossier.

Più morti che nascite: la fotografia scattata dall'Istat

Si tratta, sottolinea l'Istat, "del più basso livello di ricambio naturale mai espresso dal Paese dal 1918″ perché la differenza è infatti di 212mila unità. Ciò significa che per ogni 100 persone che muoiono in Italia dunque ne nascono solo 67, dieci anni fa erano 96. Da sottolineare anche il saldo migratorio con l’estero, che risulta complessivamente positivo con più 143mila unità, anche se in leggero calo rispetto al 2018. Sono 164mila le cancellazioni anagrafiche a fronte di 307mila iscrizioni dall’estero. Un totale inferiore rispetto al risultato del biennio precedente, con 25mila ingressi in meno rispetto al 2018. In totale, se in Italia ci sono 55 milioni di italiani, altri 5,4 milioni sono stranieri. La Regione dove è più alta l'incidenza degli stranieri è l'Emilia Romagna, con un tasso del 12,6%, seguita dalla Lombardia (1,2%) e dal Lazio (11,7%).

Speranza di vita, record al Nord ma al Sud ci sono più giovani

Come si è visto, il maggiore equilibrio demografico del Nord è frutto soprattutto di una maggiore fecondità. Il numero di figli per donna diventa 1,36, con un primato della provincia di Bolzano di 1,69, seguito poi da Trento (1,43). Seguono Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. In queste regioni si vive anche più a lungo: in generale, la speranza di vita alla nascita in Italia si è allungata di un mese, passando a quasi 81 anni per gli uomini e 85,3 per le donne. Al Sud si abbassa rispettivamente a 80,2 e 84,5, nel Nord Est arriva a 81,6 e 85,9. Il record di sopravvivenza per le donne si riscontra a Trento, con una speranza di vita che arriva a 86,6 anni, il più alto livello mai toccato nella storia del Paese per una singola regione. Tuttavia, anche al Mezzogiorno spetta un primato: nonostante si stia spopolando, presenta una popolazione mediamente più giovane rispetto a quella del Centro-Nord. Gli ultrasessantacinquenni hanno un'incidenza del 21,6% contro il 23,9% del Nord e il 23,8% del Centro.

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