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Guerra economica Usa-Russia: Putin blocca l’import occidentale per un anno

Il decreto del Presidente russo è operativo da pochi minuti. Ora il governo, del premier Medvedev, dovrà stilare la lista dei prodotti che verranno bloccati. In cima alla lista ci sono quelli agroalimentari. La risposta di Mosca giunge a stretto giro dopo le sanzioni volute da Washington e colpisce, di fatto, le economie europee già fiaccate dalla lunga crisi economica.
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Un anno di blocco dell'import per prodotti agricoli, cibi e materie prime. Questa è la prima vera risposta del Cremlino alle sanzioni imposte dai paesi occidentali alla Russia in seguito alla crisi Ucraina. Pochi minuti fa il Presidente russo Vladimir Vladimirovič Putin ha firmato il decreto presidenziale che prevede da oggi e per la durata di 12 mesi il blocco delle importazione dai paesi che, a loro volta, hanno appoggiato le sanzioni economiche volute – in primis – da Washington contro Mosca. Nelle prossime ore, si legge nella nota ufficiale del Cremlino, il governo guidato dall'ex Presidente Dmitrij Anatolevič Medvedev, ora pemier, procederà all'elenco dei prodotti che saranno soggetti al bando economico. L'obiettivo del decreto è quello di bilanciare il mercato interno e prevenire la possibile vertiginosa crescita dei prezzi legata, indirettamente, alle sanzioni imposte dall'occidente.

La mossa di Putin

L'intervento del Presidente russo, atteso da settimane, giunge come primo forte segnale di fermezza contro la linea dura voluta dal Presidente Nordamericano Barak Obama e dai paesi a lui vicini. E sono proprio i paesi europei che potrebbero ricevere il colpo più grande dalle contro sanzioni economiche decise da Mosca. Molti nazioni dell'ex cortina di ferro, come Polonia, Ucraina e Romania hanno tutt'oggi fortissimi rapporti commerciali con l'ex alleato che, in molti casi, rappresenta il principale sbocco economico per realtà ancora lontane dal benessere dell'Europa occidentale o del Nord America. Poco meno di 24 ore fa il Cremlino aveva già imposto, ad esempio, il bando della carne rumena. Ufficialmente ciò è stato motivato da presunti casi di mucca pazza che, secondo le autorità russe, avrebbero potuto infettare le carni provenienti da Bucarest. Tuttavia molti osservatori hanno osservato la particolare tempestività del provvedimento russo giunto a poche ore di distanza dalla nuova tornata di sanzione imposte dai paesi occidentali. Il blocco delle carni rumene si aggiunge a quello delle carni australiane, dei prodotti agricoli polacchi e dei succhi di frutta ucraini. Provvedimenti considerati minori, in termini di valore commerciale aggregato, ma che di certo rappresentano per quelle realtà duri colpi da digerire. Sempre nelle scorse ore la notizia, circolata in ambienti commerciali e non confermata da fonti governative, del possibile divieto di transito sulla Siberia per le compagnie aeree internazionali ha generato grande agitazione sui mercati, questo perché i vettori diretti in Asia dovrebbero modificare e allungare le rotte, e questo implica maggiori costi in termini di carburante (anche se, è doveroso sottolineare, anche la Russia riceve ricavi ingenti dal transito degli aeromobili stranieri sul proprio territorio).

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La Russia rappresenta, soprattutto per i paesi dell'Europa orientale, ancora il principale mercato di riferimento. E nonostante i dazi, le tensioni politiche e – in qualche caso – militari, Mosca rimane ad essere il punto di riferimento e linfa vitale per intere economie considerate minori in occidente. Ma l'Orso russo non ha rapporti economici rilevanti solo con i cosiddetti ex paesi satellite. Dalla caduta del muro la penetrazione commerciale moscovita nei mercati occidentali è diventata sempre più di primo piano, fino a raggiungere cifre di tutto rispetto anche in realtà come quella italiana.

L'export italiano verso la Russia

“Nel 2013 l'Italia ha esportato nella Federazione Russa per 10,4 miliardi euro (+4,7 per cento) rappresentando il quinto fornitore con una quota del 4,8 per cento – si legge nella nota dell'Istituto per il commercio Estero “Analisi delle esportazioni italiane – Federazione Russa” –. Nello stesso anno l'Italia ha acquistato dalla Russia per 16 miliardi di euro (-6 per cento) costituendo il quarto cliente con una quota del 7,3 per cento. Nel complesso l'interscambio ha raggiunto 26,4 miliardi di euro (-2 per cento) posizionando l'Italia al quinto posto dopo Cina, Germania, Paesi Bassi ed Ucraina e precedendo Turchia e Usa”. E se in termini di esportazioni settoriali dell'Italia verso la Russia, si evince ancora dallo studio dell'Ice, il segmento della meccanica strumentale resta determinante rappresentando oltre il 40 per cento delle vendite italiane seguito a ruota dal comparto dei semilavorati (pari al 20 per cento dell'export verso la Russia), spiccano tra i prodotti di maggior successo i beni di consumo tipici del Made in Italy, ovvero l'agroalimentare-bevande (con il 10 per cento) e la moda (con il 9 per cento).  Ancora più nello specifico si legge nella relazione dell'Ice: “Il 2013 si qualifica come un anno sostanzialmente positivo per l'export agroalimentare italiano: l'Italia ha esportato in Russia per 1,072 milioni di euro (+9.75 per cento) collocandosi al decimo posto tra i paesi fornitori con una quota del 3,6 per cento”. In termini dunque anche nazionali il varo di restrizioni commerciali verso l'Italia, così come verso le altre realtà che hanno aderito al piano di sanzioni economiche volute dall'amministrazione Obama, potrebbe rappresentare nel lungo periodo un problema di non secondo piano per un'economia – quella di Roma –, già fiaccata da anni di difficoltà economica e recessione che stenta, per rimanere cauti, ad imboccare la strada del risanamento economico e della risalita. Anche Dmitrij Olegovič Ragozin, vice primo ministro russo, aveva riaffermato nelle scorse ore la determinazione russa a proteggere in ogni modo il proprio mercato interno dalle decisioni di paesi terzi sottolineando come, in settori vitali quali la Difesa e l'aerospazio (che vedono numerose partnership tra l'Italia e la Russia) Mosca avrebbe incentivato ulteriormente le proprie aziende a scapito dei competitors internazionali.

L'accordo tra Mosca e Teheran

E suona come un ulteriore schiaffo ai paesi occidentali il memorandum d'intesa siglato oggi da Aleksandr Valentinovič Novak e Bijan Namdar Zanganeh, rispettivamente ministro dell'Energia russo ed iraniano, che prevede l'incremento degli scambi commerciali e del petrolio tra i due paesi. Secondo quanto si apprende l'accordo prevede un'ampia cooperazione economica tra le due nazioni nei settori petrolifero, del gas, delle costruzioni e della produzione energetica nonché nell'approvvigionamento di beni commerciali e prodotti agricoli. Per intravedere la portata dell'accordo basti pensare che, secondo quanto riportato dal quotidiano economico russo Kommersant, l'accordo (solo per quanto riguarda il comparto petrolifero), sarebbe pari ad una movimentazione di 1.76miliardi di dollari l'anno, mentre è previsto uno scambio tra beni agricoli e prodotti petroliferi del valore di 1.12 miliardi di Euro al mese.

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