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Opinioni

Anche nelle trimestrali di borsa si notano tracce di ripresa

Non si può gridare al miracolo, ma anche dalle trimestrali in corso di pubblicazione da parte dei maggiori gruppi italiani quotati in borsa si intravedono segnali di ripresa in atto, anche se tuttora a “macchia di leopardo”. E’ un inizio…
A cura di Luca Spoldi
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Stagione delle trimestrali che sembra fatta apposta per spazzare via i residui dubbi sul fatto che la ripresa sia finalmente partita anche in Italia, anche se economisti assennati come Mario Seminerio invitano a rimanere coi piedi ben saldi per terra, perché in fondo “siamo solo tornati al punto di partenza” e l’Italia resta un’economia fragile, con problemi strutturali che beneficia meno di altri di condizioni favorevoli cicliche ma in parte anche legate a fattori difficilmente ripetibili (come la svalutazione dell’euro di un buon 20% contro le principali valute rispetto al trimestre precedente) o la cui spinta “virtuosa” è in via di esaurimento (come i bassi tassi d’interesse sul debito pubblico e il ribasso del prezzo dell’energia).

Eppure, conti alla mano, le aziende italiane, specie quelle che non producono e non vendono beni ne servizi esclusivamente sul territorio nazionale e sono dunque in grado di schivare almeno in parte gli effetti della lunga crisi della domanda accentuata dalle politiche di rigore adottate in ossequio alla “cura tedesca” imposta dalla Germania a tutta l’Europa del Sud, stanno vedendo tornare ad aumentare fatturati e utili come da tempo non accedeva più. Limitiamoci alle maggiori aziende quotate in borsa: Generali oggi ha annunciato il miglior utile operativo trimestrale degli ultimi sette anni (1,3 miliardi, +6% annuo), terminando i primi tre mesi del 2015 con un utile netto di 682 milioni (+3,3%); Unicredit incamera 512 milioni di utile netto (-28%) a fronte di ricavi per 5,74 miliardi (+2,9%), ma spesa altri 980 milioni di euro di accantonamenti e vede calare i crediti deteriorati lordi (83,2 miliardi, -1,4% rispetto a fine dicembre) e le sofferenze lorde (51,4 miliardi, -1,4% trimestrale).

Va ancora meglio a Intesa Sanpaolo, che chiude i primi tre mesi dell’anno con un utile netto di 1,064 miliardi, superando per la prima volta dal 2009 quota 1 miliardo, dopo aver erogato 8 miliardi di nuovi prestiti a medio e lungo termine alle imprese e si prepara, come confermato dall’amministratore delegato Carlo Messina, a fare un’acquisizione oltre confine cercando una preda da 10-15 miliardi di euro di valore di mercato, in linea o poco sotto la valutazione della propria divisione di private banking, così da mantenere il controllo sull’entità che nascerebbe dalla fusione delle rispettive attività e rafforzarsi in un settore, il private banking che, assieme all’asset management e alle attività assicurative possa compensare con i suoi più ampi margini di profitto la pressione sul margine d’interesse legata al perdurare di tassi molto bassi e che tali sembrano destinati a rimanere ancora almeno per un paio d’anni (anche se probabilmente i minimi assoluti sono già stati visti, contrariamente alle attese che parlavano di minimi storici che si sarebbero toccati nel corso della prossima estate).

Se nel settore finanziario, anche grazie allacura Draghi” i sorrisi sono ben più di circostanza, anche in campo industriale i conti sebbene meno brillanti non vanno propriamente male. Fiat ha visto ad esempio i ricavi salire a 26,4 miliardi di euro, il 19% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, chiudendo i conti con un utile netto di 78 milioni di euro, contro una perdita di 189 milioni di euro del primo trimestre 2014. Pirelli vede aumentare i ricavi del 6,5% a 1,57 miliardi di euro, il margine operativo lordo del 6% a 289 milioni di euro, l’utile operativo del 4% a 210 milioni di euro (ma l’utile netto è diminuito del 9% a 82 milioni di euro), con il management che ha ribadito le previsioni per l’intero anno (ricavi in crescita del 6% a 6,4 miliari di euro, utile operativo in aumento del 7% a 930 milioni dopo 40 milioni di costi di ristrutturazione, flussi di cassa liberi oltre i 300 milioni di euro e indebitamento netto in calo a 850 milioni dagli 1,73 miliardi di fine marzo).

Eni, complice il calo del 50% delle quotazioni petrolifere, chiude i primi tre mesi del 2015 con un utile netto di 0,70 miliardi, in calo del 46% rispetto allo stesso periodo del 2014 e un utile operativo “adjusted” di 1,57 miliardi (-55%), ma il management è soddisfatto per risultati che “in linea con la strategia annunciata lo scorso marzo, recuperano per oltre 600 milioni di euro l’effetto negativo del crollo del prezzo del Brent” e si attende ulteriori recuperi nel corso dei prossimi trimestri. Nessuna nube all’orizzonte dunque? Sarebbe troppo bello e infatti qualche trimestrale poco felice c’è: Autogrill, ad esempio, ha chiuso il trimestre con un risultato netto negativo per 40,4 milioni di euro contro la perdita di 37,1 milioni di un anno prima, peggiorando nettamente la posizione finanziaria netta (ossia l’indebitamento), pari a 807,7 milioni a fine marzo dai 693,3 milioni al 31 dicembre 2014.

Mediaset dal canto suo vede i ricavi aumentare solo dell’1% a 828,8 milioni di euro e torna a registrare un piccolo utile di 0,7 milioni di euro contro una perdita di 12,5 milioni di dodici mesi prima, ma deve segnalare ancora una volta come allo stato risulti ancora “estremamente difficile” formulare previsioni circa l’evoluzione annua del mercato pubblicitario italiano, un modo elegante per dire che di ripresa se ne vede ben poca par ora. Pininfarina, in attesa di diventare (forse) indiana, vede calare nei tre mesi il valore della produzione (20,7 milioni dai 21,1 milioni di un anno prima), il margine operativo lordo (negativo per 0,5 milioni, nel primo trimestre 2014 era stato positivo per 0,3 milioni) e aumentare la perdita netta a 2,6 da 1,5 milioni (mentre l’indebitamento finanziario netto sale da 48 a 48,8 milioni).

Insomma: la ripresa è tuttora modesta a livello macroeconomico, con un rimbalzo dello 0,3% del Pil dopo una caduta dello stesso del 10% circa dal 2008 a oggi, e a macchie di leopardo per quanto riguarda i settori (con quelli più presenti all’estero, come alcuni marchi di moda, che stanno già ripartendo mentre chi come Mediaset lavora molto sull’Italia stenta a girare pagina). Eppur si muove, persino l’arrancante carrozzone italiano, e questo è qualcosa di cui non ci si può che rallegrare, sperando che la ripresa mette radici più solide e che anche la domanda interna possa tornare a crescere, sia pure gradualmente, senza ulteriori incrementi della pressione fiscale che rischierebbero di stoppare brutalmente il tutto ma anche senza nuovi incrementi del debito pubblico legati magari a manovre che con l’efficientamento della spesa pubblica hanno poco a che spartire.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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