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Ecco perché i partiti non trovano un accordo per cancellare il Porcellum

Continua la discussione sulla riforma elettorale, tra trattative sottobanco e veti incrociati, la domanda resta una sola: questa politica è in grado di elaborare una legge decente?
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Tutto sbagliato, tutto da rifare. La logorante guerra di posizione per cambiare la legge elettorale continua per il momento a tenere impegnati i vertici dei principali partiti, senza che si intraveda il minimo spiraglio concreto per un ragionevole "cessate il fuoco". Per tutto il week end infatti si sono susseguiti i botta e risposta, i rimpalli di responsabilità, i veti incrociati e le punzecchiature polemiche fra falchi, colombe e "struzzi" dei diversi schieramenti. Risultato? Nessun accordo, nessuna bozza sulla quale continuare a lavorare, solo una generica (ancora?) disponibilità a trattare e la solita univoca (e chissà quanto sincera) condanna alla porcata concepita dall'ex ministro Calderoli. Ma del resto, è un teatrino al quale dovremmo essere abituati. Ciò che invece resta interessante è la discussione sui "tempi" della riforma e parallelamente i segnali dei partiti al Presidente del Consiglio.

Il punto è che nessuno può essere sicuro che il Governo duri fino al 2013. E malgrado una certa fretta, trovare un terreno comune resta arduo. Ne discuteranno forse i leader dei partiti della maggioranza in un incontro che si annuncerebbe come la resa dei conti e come l'ultimo appello per trovare la quadra sulla legge elettorale. Con una sola novità sostanziale, ovvero la mossa del Pdl che presenterà un testo base in Commissione Affari Costituzionali del Senato. Un testo irricevibile per il PD. Al momento in effetti le posizioni sono distanti, malgrado il lavoro serrato dei pontieri. I nodi restano gli stessi di qualche settimana fa: preferenze, premio di governabilità e il ritrovato feeling (parlamentare almeno) fra Lega e Popolo della Libertà. In sostanza si parte dunque da un sistema misto, con il 70% degli eletti con le preferenze ed il 30% con listoni bloccati, con un premio di maggioranza del 10% al partito (non alla coalizione) che ottiene più voti e sbarramento al 5%. Dall'altra parte il PD accetterebbe anche il sistema misto, ma con la rinuncia alle preferenze in favore di collegi uninominali, con premio di maggioranza assegnato alla coalizione (ma senza soglie minime da raggiungere come vorrebbero Lega e probabilmente gli stessi centristi) e con poche obiezioni sulle liste bloccate.

Intanto proseguono i tatticismi, con Bersani, La Russa, Verdini e via discorrendo pronti a rinfacciarsi la "responsabilità" di aver fatto saltare il banco delle trattative. Al quartier generale del Pdl infatti sostengono che Bersani abbia tutto l'interesse a votare col Porcellum (che, stando alle ultime simulazioni, in effetti garantirebbe un'ampia maggioranza ai democratici) e che per questo motivo continui a formulare proposte irricevibili, dichiarandosi finanche contrario alle preferenze. Dall'altra parte Bersani non ha digerito la forzatura a Palazzo Madama con Lega e Pdl che potrebbero approvare in autonomia (solo al Senato) la legge e dunque con il timore che "doppie maggioranze" possano produrre un pastrocchio peggiore del Porcellum stesso. E Casini prova a mediare, come sempre e con l'obiettivo nemmeno tanto recondito di convincere i due litiganti ad un patto soft e ad accettare un altro "periodo di transizione" in nome della stabilità del Paese.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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