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Cosa c’entra il diritto all’aborto nella legge sul suicidio assistito?

Per la destra, la lotta contro l’aborto e quella contro le tecniche sul fine vita sono strettamente intrecciate. E alla fine la maggioranza è riuscita a dissimulare i provvedimenti antiabortisti in leggi che apparentemente non hanno nulla a che fare con il diritto di interrompere la gravidanza.
A cura di Jennifer Guerra
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Il lungo cammino della legge sul suicidio assistito, che la Corte costituzionale ha richiesto di redigere nel 2019, anno della sentenza sul caso di Dj Fabo, si è incrociato con il governo meno incline di tutti ad affrontare il tema del fine vita, che infatti sta cercando di trasformare questo atteso provvedimento in qualcosa d’altro. Nel primo articolo della bozza della legge in discussione nelle commissioni Affari sociali e Giustizia del Senato presentata dalla maggioranza si legge infatti che la Repubblica tutela la vita “dal concepimento alla morte naturale”, una formula ben nota tra gli ambienti antiabortisti e che fa sempre più spesso capolino in leggi, provvedimenti e decreti che riguardano i temi etici.

L’idea che “ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, va riconosciuta la dignità di persona” è infatti il “principio fondamentale” della posizione della Chiesa sulle questioni di bioetica, come si legge nel Dignitas personae, l’istruzione della Congregazione per la dottrina della fede sulla ricerca sugli embrioni, che si fonda a sua volta sulle encicliche Donum vitae ed Evangelium vitae di Giovanni Paolo II. Dai testi dottrinali però questa formula, in cui è racchiuso tanto il divieto di eutanasia quanto quello di aborto, è diventata sempre più comune anche nei testi di legge, sebbene non sia affatto neutra.

Quando comincia la vita umana

Nel campo della medicina la questione di quando cominci la vita umana è controversa, e si intreccia con altre questioni di stampo filosofico e spirituale. Per questo si evita di entrare nel merito quando si legifera su questi temi, attenendosi a criteri di altro tipo, come quelli adottati dalla comunità scientifica o dal diritto. Per l’aborto, ad esempio, in ambito sanitario si parla di “viabilità”, ovvero della capacità di sopravvivenza del feto fuori dall’utero; la stessa legge 194 dice che la vita umana va tutelata “sin dal suo inizio”, senza però affermare che questo inizio coincida con il concepimento. In generale per la legge, la capacità giuridica si acquista con la nascita, sebbene esistano alcuni reati che riguardano feti ed embrioni. Da tempo però il movimento anti-scelta e i politici che lo sostengono cercano in maniera più o meno esplicita di forzare questi criteri e imporre i propri principi morali, scrivendoli nero su bianco nei testi di legge.

Ad esempio, all’inizio di ogni legislatura la destra presenta una legge perché si riconosca la personalità giuridica del feto “sin dal concepimento”. In Umbria, la tutela della vita dal concepimento alla morte naturale era stata inserita nella controversa legge regionale sul welfare presentata dalla Lega, ed è stato solo grazie allo scrupoloso lavoro di associazioni e opposizione che si è riusciti ad eliminare questo riferimento.

La lotta contro l'aborto della destra

Per la destra, la lotta contro l’aborto e quella contro le tecniche sul fine vita sono strettamente intrecciate. La maggioranza probabilmente non avrebbe voluto trovarsi nella situazione di redigere questa legge, che però ormai era diventata improrogabile dopo un’ulteriore sentenza della Consulta arrivata nel 2024. E con la pressione dei movimenti pro-vita, strenuamente contrari al suicidio assistito, non resta altro che svolgere lo sgradito compito non solo scrivendo un testo che limita fortemente le possibilità di autodeterminazione di interrompere la propria esistenza ma che, pur normando la questione, lo fa attraverso l’introduzione di un principio religioso di cui nessuno sentiva la necessità.

Va comunque dato credito alla capacità della maggioranza di dissimulare i provvedimenti antiabortisti in leggi che apparentemente non hanno nulla a che fare con il diritto di interrompere la gravidanza. Meloni, che ha promesso più e più volte di “non voler toccare la 194”, in effetti non l’ha nemmeno sfiorata: prima fa entrare le associazioni anti-scelta nei consultori con un emendamento sui fondi del Pnrr, ora si occupa di aborto parlando di suicidio assistito. La legislatura è ancora lunga. Forse nella prossima legge di bilancio o in quella sull’intelligenza artificiale ci sarà qualche cavillo per consegnare la gestione dell’apparato riproduttivo di tutte le donne italiane nelle mani dei pro-life. Dal concepimento alla morte naturale.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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