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Decreto Dignità: come cambia il mondo del lavoro con la riforma voluta da Di Maio

Il Consiglio dei ministri ha approvato nella serata di lunedì il decreto proposto da Luigi Di Maio. Sono previste norme per ridurre il precariato; multe per le imprese che lasciano l’Italia o licenziano dopo aver ricevuto aiuti dallo Stato; una semplificazione fiscale; assente la reintroduzione dei voucher.
A cura di Giorgio Tabani
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 "Abbiamo appena concluso il Cdm e approvato il primo provvedimento economico di questo governo: il decreto dignità. Ve lo avevo promesso, di fare guerra al precariato, alla burocrazia, al gioco d’azzardo e alle delocalizzazioni. Lo avevamo promesso e lo abbiamo fatto". Così ha commentato in serata il vicepremier Luigi Di Maio il decreto dignità da lui proposto e appena licenziato dal Consiglio dei ministri. Prima di approdare a un testo definitivo, il decreto ha subito varie modifiche e ne sono circolate varie versioni: varato nella serata di lunedì, le riunioni informali di tecnici e ministri sono terminate solo a ridosso dell'inizio del Cdm. Il testo prevede, nella bozza in circolazione, 12 articoli che intervengono sul lavoro, le imprese e il gioco d'azzardo.

Cosa cambia per il lavoro con il decreto dignità

Secondo il comunicato di Palazzo Chigi lo scopo di queste norme è quello di "limitare l’utilizzo dei contratti di lavoro a tempo determinato, favorendo i rapporti a tempo indeterminato". La prima parte del decreto andrà quindi a incidere su alcune delle norme introdotte nella scorsa legislatura in materia di liberalizzazione del mercato del lavoro. Viene prevista la possibilità di stipulare un primo contratto a termine di durata massima di 12 mesi senza specifiche causali (prima si poteva fino a 36 mesi), ma ogni eventuale rinnovo successivo dovrà essere motivato per "esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività per esigenze sostitutive di altri lavoratori; esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria". Si tratta di una richiesta della Cgil presente all'articolo 50 della Carta dei diritti universali dei lavoratori presentata  di recente, come ha fatto notare il professor Giuliano Cazzola. Nel caso in cui queste condizioni siano presenti a partire dal primo contratto, la sua durata non potrà comunque essere superiore a 24 mesi. Sarà possibile rinnovare i contratti per un massimo quattro volte (non più cinque), con un costo contributivo crescente dello 0,5% per ogni proroga (in aggiunta all'incremento dell'1,4% già previsto dalla Fornero per finanziare la Naspi, l'indennità di disoccupazione per questa tipologia di contratti), e comunque per una durata massima non superiore a 24 mesi (invece di 36). Le nuove norme si applicheranno anche ai contratti in corso.

Una stretta importante ci sarà anche sui contratti sui contratti a somministrazione, una tipologia che viene equiparata alla nuova disciplina dei contratti a termine e soggetta agli stessi vincoli (la somministrazione sarà applicabile anche ai contratti a tempo indeterminato). Una novità inclusa all'ultimo minuto è l'aumento dell'indennizzo per i licenziamenti senza giusta causa, che attualmente era compreso fra un minimo di quattro e un massimo di 24 mensilità: si passerà a un importo fra i sei e i 36 mesi di retribuzione.

Le imprese che delocalizzano perderanno gli aiuti pubblici

Restano le norme per il contrasto al trasferimento, in tutto o in parte, delle imprese fuori dall'Italia (anche all'interno dell'Unione Europea). Saranno previste multe da due a quattro volte il beneficio ricevuto per le imprese che delocalizzano fuori dall'Ue "entro cinque anni dalla data di conclusione dell’iniziativa agevolata", non più dieci come in una bozza precedente. Il contributo dovrà poi essere restituito con un interesse maggiorato fino al 5% per quelle che si spostano sia dentro che fuori dall'Ue.

Dovranno essere restituiti (totalmente o parzialmente) gli incentivi pubblici in caso di riduzione prima di cinque anni dei livelli occupazionali da parte delle imprese beneficiarie. La norma interesserebbe quegli aiuti "che prevedono la valutazione dell’impatto occupazionale ai fini dell’attribuzione dei benefici", ma anche nei casi in cui la riduzione dell’occupazione abbia impatti industriali o economici.

Manca per ora le reintroduzione dei voucher

Manca nel testo definitivo la norma, di cui si era parlato, sulla reintroduzione dei voucher,  aboliti dal governo presieduto da Paolo Gentiloni anche per evitare il referendum proposto dalla Cgil, che era stato fissato per il 28 maggio 2017. Il vicepremier Matteo Salvini aveva affermato, però, di recente che questi erano stati "cancellati ipocritamente, mentre sono fondamentali in alcuni settori e andrebbero reintrodotti". Il ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio ha confermato che la misura è allo studio, almeno per il settore di sua competenza: "Al ministero abbiamo studiato e siamo pronti a reintrodurli perché utili per combattere il lavoro in nero e rendere più efficaci i controlli".

La semplificazione fiscale nel decreto dignità

Dopo una serie di problemi relativi alle coperture, risultano più ridotte le misure fiscali inizialmente previste. Viene rivisto il cosiddetto "redditometro" (l'elenco degli "elementi indicativi di capacità contributiva"), con una sospensione immediata dei controlli sugli anni d’imposta a partire dal 2016 e la possibilità, per il Ministero dell’economia, di rivederne le modalità "sentiti l’Istat e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori per gli aspetti riguardanti la metodica di ricostruzione induttiva del reddito complessivo in base alla capacità di spesa ed alla propensione al risparmio dei contribuenti". Rinviata la prossima scadenza per l’invio dei dati delle fatture emesse e ricevute, lo "spesometro": "i dati relativi al terzo trimestre del 2018 possono essere trasmessi entro il 28 febbraio 2019", mentre la scadenza fissata per il 30 settembre prossimo. Si abolisce lo "split payment", ossia il pagamento dell'Iva direttamente da parte dell'amministrazione pubblica invece che dal fornitore da cui acquista beni o servizi. La norma riguarderà solo i professionisti.

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