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Dall’angelo della morte alla vendicatrice: i 4 profili criminali delle donne serial killer

Che uccidano con il veleno o con la pistola, che lo facciano per odio o per soldi le donne killer sono tutte catalogabili in base a quattro profili criminologici precisi. Dalla vendicatrice alla predatrice sessuale, eccone le definizioni e i casi storici che le rappresentano.
A cura di Angela Marino
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Le donne serial killer al mondo sono circa l'8% del totale degli assassini seriali. Oltre il 70% di queste vestali della morte vive negli Stati Uniti. Secondo gli studi, infatti, le assassine seriali si muovono soprattutto nei paesi industrializzati, dove la spinta della donna all'autonomia è molto più forte. Meno prolifiche degli uomini, ma non per questo meno temibili, le serial killer hanno un modus operandi del tutto peculiare. Evitano un contatto fisico diretto con la vittima e per questo preferiscono uccidere con il veleno, soprattutto perché se scelto sapientemente può non lasciare tracce dissimulando l'omicidio e facendolo passare per morte naturale. Per lo stesso motivo non infieriscono sulle vittime: non torturano prima di uccidere, al contrario, in molti casi le sedano per neutralizzarne le reazioni. Il loro scopo è solo quello di togliere la vita e raramente si lasciano andare ad azioni di overkilling, mutilazioni o profanazioni di cadaveri. Anche il modo di entrare in contatto con le vittime è opposto a quello maschile: mentre gli uomini vanno ‘a caccia', le donne tendono piuttosto ad attirare la preda in un posto familiare. Proprio come avviene per i killer maschi, le assassine seriali crescono in famiglie dove subiscono abusi fisici o psicologici. Il contesto di provenienza e altre caratteristiche comuni hanno consentito agli esperti del profiling di classificare le assassine seriali in diversi tipi psicologici.

L'angelo della morte

È l'assassina seriale più prolifica. Prende il nome (che viene usato anche al maschile) dal soprannome con il quale veniva indicato il medico nazista Josef Mengele, noto per aver decretato la vita e la morte di molti prigionieri del campo di concentramento di Auschwitz durante la Seconda Guerra mondiale. Iniziano a uccidere intorno ai vent'anni. Operano in ospedali, case di cura, strutture di assistenza: luoghi dove la morte è un evento tristemente frequente e dove hanno a disposizione quanto occorre loro per uccidere. Possono alterare la dose si somministrazione di un farmaco, aggiungere sostanze in piccole quantità alla terapia o semplicemente uccidere per asfissia. Prima di essere scoperte, riescono molto spesso a commettere una lunga lista di omicidi, soprattutto se si spostano da un ospedale all'altro. In questo caso l'omicidio viene spesso interpretato dalle assassine come un atto salvifico, una sorta di "grazia" concessa ai parenti moribondi. In altri casi è proprio l'assassina a decidere chi vive e chi muore in una sorta di ‘delirio di onnipotenza'.

Sonya Caleffi

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Sonya Caleffi, infermiera negli anni Novanta all'ospedale di Como, sono stati attribuiti tra i 15 e i 18 omicidi, di cui 5 accertati. Si è spostata dall'ospedale di Valduce di Como a quello di Sant’Anna e al Manzoni di Lecco. In tutte le strutture si verificano morti sospette dei pazienti. I cinque casi di vittime accertati sono avvenuti tutti a Lecco. Sarà la stessa infermiera a confessare come uccideva i pazienti: individuava i malati gravi e iniettava nelle loro vene dell'aria provocando un'embolia. È stata condannata a 20 anni di carcere per 5 omicidi e 2 tentati omicidi.

La vendicatrice

Di intelligenza di solito superiore alla media, inizia a uccidere all'età di vent'anni, circa. Al contrario dell'angelo della morte la serial killer vendicativa è mosso da sentimenti di rabbia e da un'implacabile sete di vendetta per torti subiti. Le sue vittime si trovano in ambienti familiari ma possono anche essere persone lontane dalla cerchia affettiva dalle quali il soggetto si sente comunque maltrattato. A spingere questo genere di assassina è un patologico senso di rifiuto e abbandono. Lo scarto di tempo tra un omicidio e l'altro, il periodo del cosiddetto raffreddamento emozionale è spesso molto breve. Questo genere di killer ha vissuto spesso casi di abuso nella loro infanzia, o la perdita di uno o entrambi i genitori, in seguito alla quale sono costrette a vivere in un contesto ostile che poi in età adulta verrà esteso, nella percezione del soggetto, all'intera società.

Milena Quaglini

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Milena Quaglini  è morta suicida nella cella del carcere di Vigevano, dove era stata reclusa per l'omicidio di Angelo Porello e di altre due persone. La donna, cresciuta in un contesto violento, aveva ucciso per la prima volta un ottantenne al quale faceva da badante e che aveva tentato di aggredirla sessualmente. La sua seconda vittima fu il marito violento, che strangolo, dopo averlo legato con delle corde, mentre dormiva nel loro letto matrimoniale. La sua terza vittima fu un uomo conosciuto tramite un annuncio su un giornale. Anche lui viene accusato dalla donna di aver abusato sessualmente di lei. Lo droga e poi lo annega in una vasca da bagno. "Quando qualcuno reagisce male, io reagisco peggio", soleva dire.

La vedova nera

È un’assassina pragmatica, metodica e organizzata ed è spesso mossa da un movente estraneo alle passioni, spesso per un profitto economico. Sceglie le vittime familiare all'interno della cerchia familiare, ma anche al di fuori di essa. Gli omicidi avvengono di solito in un periodo di tempo molto. L’arma prescelta è il veleno, che viene somministrato con oculatezza per riprodurre durre sintomi riconducibili a diverse malattie. Spesso l’assassina è mossa dal proposito di appropriarsi dei beni della vittima, oppure a incassare i premi della polizza assicurativa.

Nannie Doss

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Nannie Doss fu un'assassina seriale americana. Avvelenò la madre, due sorelle, due figli, quattro mariti, la suocera e un nipote, Nel 1921, all’età di 16 anni. Nel 1945 La figlia di Nannie partì per un viaggio di qualche giorno, lasciando il figlioletto con la nonna. Il bimbo morì asfissiato. Venne archiviata come morte accidentale, ma Nannie aveva stipulato un’assicurazione sulla vita del nipote per una somma che si affrettò a incassare. Il suo secondo maritò morì misteriosamente di infarto. La casa in cui vivevano andò distrutta in un incendio. Anche in quel caso, Nannie incassò il premio dell'assicurazione. Nannie conobbe il suo quarto marito a 69 anni. La madre di Nannie andò a vivere con la coppia ma morì avvelenata nel 1953. Qualche mese dopo morì anche il quarto marito di Nannie. Due mesi dopo la morte del suo quarto marito si risposò: anche il quinto marito morì per un’infezione all’apparato digerente. Questa volta però fu eseguita l'autopsia e il medico trovò una tale quantità di arsenico nel corpo dell'uomo da uccidere venti persone. Confessò di avere quattro mariti, sua madre, sua sorella Dovie, il suo nipotino, e sua suocera.

L'assassina per profitto

Iniziano a uccidere dai 25 ai 30 anni, spesso operano come killer a pagamento per conto di altri. Adoperano per uccidere un’ampia gamma di armi e non provano alcun coinvolgimento emotivo per le vittime, dalla cui morte ricavano un vantaggio o un profitto. Al contrario della “vedova nera” uccide solo per guadagno  e sceglie le sue vittime fuori dal contesto familiare.

Giovanna Bonanno

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Giovanna Bonanno, passata alla tradizione come la ‘vecchia dell'aceto' visse a Palermo nel secondo cinquantennio del Settecento. Un giorno si accorse per caso che la miscela di aceto e arsenico che vendeva in strada per pidocchi, era nociva. Allora cominciò a venderla come ‘ pozione' letale alle donne che volevano liberarsi dei mariti. Fu arrestata quando una delle sue clienti la denunciò. Nel 1789, fu condannata a morte mediante impiccagione.

La predatrice sessuale

Dopo aver adescato le vittime, le uccide durante o dopo l'amplesso. Sono poche le donne che uccidono spinte da un movente sessuale, una modalità tipicamente maschile. Coll passare degli anni, questo tipo psicologico potrebbe diventare più frequente nell'ambito dell'assimilazione tra comportamenti criminali maschili e femminili.

Aileen Warnos

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È una serial killer americana. Il suo è uno dei più calzanti – ma anche rari – esempi di predatrice sessuale. Nata nel 1956 in Michigan, ha avuto un'infanzia costellata di maltrattamenti e abusi. Comincia a uccidere nel 1989. La sua prima vittima è un automobilista che le ha dato un passaggio. Ucciderà altri uomini utilizzando quasi sempre la pistola. Intraprese una relazione con una giovane cameriera la cui testimonianza fu decisiva per provare le accuse di omicidio. Aileen di difenderà dicendo che quegli uomini avevano tentato di violentarla. Verrà condannata a morte e giustiziata con una iniezione letale nel 2002.

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