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Venezia, la cassa integrazione nei musei civici indigna Le Figaro: “Scelta gravissima”

La decisione del sindaco Brugnaro di proclamare il lockdown dei musei civici fino al 1 aprile approda sui giornali d’Oltralpe, che parlano di Venezia come una città in ginocchio a causa del Covid e incapace di reagire. Per i sindacati la scelta di mettere in cassa integrazione i lavoratori è grave, per altri riduce definitivamente la funzione di un museo a quella turistica.
A cura di Redazione Cultura
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Se nel resto d'Italia, fino al prossimo Dpcm, i musei sono chiusi fino al 15 gennaio, a Venezia il lockdown è già previsto fino al 1 aprile 2021. La decisione, presa a inizio anno dal Cda della Fondazione Musei Civici di Venezia, ha scatenato diverse polemiche. Non è andata giù a molti, dai sindacati a eminenti personalità della cultura italiana e veneziana, da Salvatore Settis a Massimo Cacciari, la decisione del sindaco Luigi Brugnaro di chiudere sin da ora tutte le sedi di Palazzo Ducale, Museo Correr, la Casa di Goldoni, Ca’ Rezzonico, Ca’ Pesaro, Palazzo Fortuny, i musei del Merletto, del Vetro e di Storia Naturale, la Torre dell’Orologio. La serrata porterà alla cassa integrazione per i 70 dipendenti della Fondazione e degli oltre 300 impiegati delle cooperative che si occupano di biglietteria e controllo delle sale.

Il quotidiano francese Le Figaro, che si è occupato del caso qualche giorno fa, titola “Venezia, clamore per la chiusura dei Musei”, raccontando di una scelta "grave" e "incomprensibile" del sindaco di chiudere preventivamente i musei civici, parlando di una città vuota a causa del Covid, e incapace di reagire.

"Non si tiene conto di quanto questa scelta sia grave per tutti coloro che lavorano nell'indotto" ha dichiarato l'altro giorno, a Zapping su Rai Radio1, l'ex sindaco della città lagunare Massimo Cacciari. "Peraltro la scelta di mandare in cassa integrazione i dipendenti di istituzioni in attivo, come i musei civici, oltre a comportare una perdita economica per quei lavoratori, è incomprensibile sotto tutti i punti di vista."

Sulla stessa linea d'onda Cgil e Uil, che si sono opposti al piano di cassa integrazione, considerato che il bilancio della Fondazione che gestisce i musei "è in attivo di un milione di euro, grazie alle sovvenzioni dello Stato, che a Venezia ha portato 8 milioni di euro. Questa è una sconfitta per la cultura e la città”, ha detto Daniele Giordano, segretario Fp-Cgil.

Al momento, il sindaco Brugnaro non arretra dal suo proposito: “È una decisione che rivendico, difendo e spiego" ha dichiarato. "È stata montata la solita bufera dal solito fronte sindacale interno, alimentata poi dalla solita parte che non vede l’ora di fare mozioni, petizioni, interventi, polveroni. La Fondazione è un bene pubblico, merita una gestione oculata. In questa fase di incertezza e assenza di mobilità abbiamo programmato un bilancio a zero incassi per garantire la cassa integrazione ai dipendenti. Tenere aperto avrebbe voluto dire mettere a rischio i conti della Fondazione, i posti di lavoro”.

Tra una bega e l'altro, si è mossa intanto una petizione della rivista veneziana Ytali, che è arrivata a raccogliere quasi 3mila firme in pochi giorni, comprese quelle dello storico dell’arte Salvatore Settis, dello storico Giuseppe Saccà, del critico Vittorio Sgarbi e del sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Andrea Martella. “Saltano agli occhi i gravi difetti della struttura della Fondazione Musei dove un patrimonio immenso di carattere pubblico rischia di venire gestito in forma privatistica, con gli stessi criteri di un’azienda qualsiasi”, denuncia il documento, riferendosi alla dozzina di musei comunali, tra cui Palazzo Ducale, il Correr, Ca’ Rezzonico, Ca’ Pesaro e il Museo del Vetro. “La scelta drastica del sindaco, che è assessore alla cultura, lascia senza parole, perché equipara il sistema museale a un servizio a esclusiva funzione turistica, non tenendo conto che in tutto il mondo i grandi musei svolgono compiti fondamentali di studio, conservazione e cura dei materiali loro affidati”.

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