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Teranga, il film del Guardian sui migranti in Italia che cancella gli stereotipi

Sarà on line da febbraio 2020, sulla piattaforma digitale del prestigioso media britannico Guardian Documentaries, il film “Teranga – Life in a waiting room”, documentario di un terzetto di registe (due inglesi e una francese) sulla storia di Fata e Yankuba, migranti in cerca di diritti e felicità nel nostro Paese.
A cura di Redazione Cultura
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“Noi balliamo per dimenticare. Noi cantiamo per dimenticare”. Sono le parole-manifesto di Fata e Yankuba, i due protagonisti di "Teranga – Life In the Waiting Room", film di di Sophia Rose Seymour, Lou Marillier e Daisy Squires. Racconto sul tema dei migranti, a Napoli, ma progetto nato su impulso delle tre autrici (due britanniche e una francese) per Guardian Documentaries in collaborazione con la sezione The Guardian Cities. Non a caso, il film sarà disponibile online da febbraio 2020 sulla piattaforma digitale del prestigioso media inglese.

Teranga, il film

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Un’esistenza tenace in sala d’attesa, pur di veder riconosciuti i propri diritti di cittadini, questa la storia di Fata e Yankuba raccontata nel film del trio Seymour, Marillier, Squires che dopo l'anteprima internazionale a Napoli della settimana scorsa, sarà proiettato il 5 febbraio a Londra. Si tratta del racconto di due giovani alla ricerca di accoglienza, "teranga", appunto. Concetto africano che vuol dire generosità, ospitalità, rispetto. Dal linguaggio wolof di Senegal e Gambia, il coraggioso viaggio vissuto da Fata e Yankuba li ha condotti proprio nello spazio Teranga partenopeo: un club partenopeo nel cuore antico di Partenope, luogo di socialità e accoglienza.

Fata e Yankuba nelle parole delle registe

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I due protagonisti, Fata che ha l’ambizione di diventare un dj e Yankuba, che ha studiato per diventare un biochimico, sono al centro del racconto del terzetto alla regia di "Teranga", che hanno dichiarato:

Sono stata colpita dalla capacità di recupero e intraprendenza della comunità africana e dalla loro gentilezza nei miei confronti, così insieme a Daisy e Lou ho sentito il desiderio di raccontare la storia di queste persone dinamiche e stimolanti che sono state così spesso ostacolate dai mass media e dai pregiudizi sociali in generale. Questo ha portato alla necessità di raccontare la storia di una vita invisibile in attesa di documenti indispensabili e di come gli esseri umani sopravvivono nonostante le avversità estreme.  (Sophia Rose Seymour)

La nostra idea originale era di documentare il modo in cui sentivamo che Napoli, per i migranti, era diventata una gigantesca sala d’attesa in cui le persone aspettano anni prima di ricevere i loro documenti. E abbiamo compreso quanto sia violento questo processo. È come una tortura psicologica, soprattutto considerando il trauma che molti hanno sofferto già nel loro viaggio per arrivare fino a qui. Dopo un po’, le persone iniziano a costruirsi una vita in quella sala d’aspetto ed è qui che abbiamo notato che la musica e la danza hanno avuto un ruolo fondamentale. (Lou Marillier)

Volevamo che il nostro film ‘umanizzasse’ i numeri e le statistiche delle persone che arrivavano dall’Africa occidentale. Qualche politico come Salvini guadagna popolarità capitalizzando sulla paura e sull’ignoranza del tema e volevamo decostruire tutto ciò, mostrando Fata e Yankuba intimamente, e mostrandoli come giovani ambiziosi, gentili, generosi e di talento. Sono giovani come noi, con speranze e sogni, amici e famiglia, amori e passioni. Yankuba vuole diventare un biochimico e Fata vuole essere un dj. Volevamo che fossero apprezzati da chi vedrà il nostro documentario e speriamo che ciò possa eliminare parte della paura che spesso ispira la politica anti-immigrazione. (Daisy Squires) 

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