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Le Maschere del Teatro 2015: niente emozioni, ma a ciascuno il suo!

Ieri sera al Teatro Mercadante di Napoli la cerimonia di assegnazione dei premi Le Maschere del Teatro italiano trasmessa in diretta differita su Rai 1. Tra i vincitori nessuna sorpresa, tutto o quasi secondo i pronostici eppure… è stata una bella serata.
A cura di Andrea Esposito
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Unicuique suum. A ciascuno il suo. È un po’ questa la sintesi della quinta edizione del Premio le Maschere del Teatro Italiano che si è svolto ieri sera al Teatro Mercadante di Napoli e trasmesso in diretta differita su Rai 1. Nessuna emozione o sorpresa, a giudicare dalla lista dei premiati, ma nemmeno scandali e imbarazzi come purtroppo era accaduto negli anni precedenti.

Anzi, si può senz’altro dire che la serata è stata un successo anche grazie alla conduzione del sempre-bravo Tullio Solenghi, “born to kill” in queste circostanze, e alla cornice del Teatro Nazionale che è un po’ più intima e meno imbalsamata del Teatro di San Carlo, benché altrettanto scenografica. Ma ciò che realmente ha fatto la differenza è stata l’impressione, credo diffusa, tanto degli artisti quanto degli addetti ai lavori, di non sentirsi arruolati a forza in una battaglia ideologica pro o contro qualcuno.

In altre parole, quest’anno Le Maschere non erano, e forse non vogliono più essere, un anti Ubu, un riscatto della “destra” teatrale contro il dominio della sinistra intellettuale. Persino il Direttore De Fusco, seppur di bianco vestito, è stato un padrone di casa gradevole e mai invadente: parafrasando Nanni Moretti, si apprezza e si nota di più quando si mette un pochino in disparte rispetto a quando si sovraespone. È molto più simpatico quando si sceglie un ruolo solo (qui era organizzatore del premio e padrone di casa) rispetto a quando gioca(va) ad asso piglia tutto.

Prima di elencare i premi un’ultima, sintetica, considerazione. Quest’anno la giuria è stata un po’ rimaneggiata, un “labor limae” che ha prodotto delle terne più equilibrate seppur, come si diceva, non particolarmente sorprendenti. Certo non è la migliore “formazione” possibile (ma quale lo sarebbe?) e i conflitti di interesse anche qui non mancano, ma nel complesso, e al netto di un premio che è fondamentalmente un momento istituzionale, possiamo dire che è accettabile.

Ora i premi: il migliore spettacolo dell’anno è “Lehman Trilogy” di Luca Ronconi mentre la migliore regia va ad Antonio Latella per “Natale in casa Cupiello”, migliore attore protagonista Eros Pagni per “Il Sindaco del Rione Sanità”, migliore attrice protagonista Manuela Mandracchia per “Hedda Gabler”. Su “Lehman Trilogy” non c’era partita, qualunque commento è superfluo, mentre su Latella non era così scontato. Intendiamoci il suo “Natale in casa Cupiello” è un capolavoro, in tutto e per tutto è “lo spettacolo dell’anno” visto quanto ha fatto discutere, litigare, appassionare… Durante la premiazione il regista stabiese che, come vuole la regola, non è profeta in patria, ha ribadito un concetto a lui molto caro: “la Tradizione è importantissima, ma è un trampolino. È inutile costruire musei, io non posso fare ciò che è stato già fatto”. Roba da scrivere sulle facciate dei palazzi.

Di segno opposto, e per questo ben bilanciato, il premio al gigante Eros Pagni come miglior attore in “Il Sindaco del Rione Sanità” di Sciaccaluga. Un teatro, questo, molto caro a De Fusco per uno spettacolo da lui fortemente voluto. Come fortemente voluta è stata la sfida lanciata a Pagni di interpretare Eduardo in napoletano, a Napoli, al San Ferdinando, nell’anno del trentennale dalla morte. Sì, ribadisco quanto detto sopra, De Fusco si nota e si apprezza molto di più così. Manuela Mandracchia, invece, non è certo una sorpresa eppur sorprende. Un premio meritato per un’attrice di grande talento e soprattutto duttilità, una che sa confrontarsi tanto con il repertorio classico quanto con quello contemporaneo, che ha fondato una compagnia a Roma di sole donne “Miti pretese”… insomma, una tosta!

Gli altri premiati: Nando Paone per la categoria miglior attore non protagonista per lo spettacolo “Don Giovanni” di Alessandro Preziosi è stata la vera piacevole “sorpresa” della serata. Dico “sorpresa” perché Paone pur essendo un attore assolutamente straordinario, com’è noto agli addetti ai lavori, è purtroppo molto sottostimato agli occhi del grande pubblico. Per di più lui, oltre a essere un grande attore sia comico che drammatico (lo ricordate in “Reality” di Garrone?), è anche un infaticabile insegnante di giovani attori in coppia con Cetty Sommella all’Art Garage di Pozzuoli.

Miglior attrice non protagonista Monica Piseddu per lo spettacolo “Lo Zoo di Vetro” che forse non è il miglior spettacolo di Arturo Cirillo degli ultimi anni ma in cui la Piseddu lascia, come sempre, il segno. Un talento, il suo, indiscutibile.

E infine, miglior attore emergente a Alessandro Averone per lo spettacolo “Der Park” di Peter Stein, miglior interprete di monologo Giulia Lazzarini per “Muri. Prima e dopo Basaglia”, miglior scenografo Ferdinand Woegerbauer sempre per “Der Park”, miglior costumista Maurizio Millenotti per “Il Giardino dei ciliegi”, miglior autore di musiche Nicola Piovani per “La dodicesima notte”, migliore autore di novità italiana Stefano Massini per “Lehman Trilogy”, miglior disegnatore di luci Luigi Saccomandi per “Il Don Giovanni. Vivere è un abuso mai un diritto” di Filippo Timi. Solo due cose: Alessandro Averone è un emergente, già emerso, che appartiene a quella nuova generazione di attori assolutamente onnivori (fiction, cinema, teatro, regia…); Stefano Massini più che “novità” è una certezza, così come Luigi Saccomandi che prende l’unico premio per il “Don Giovanni” di Filippo Timi. Forse poco, anzi sicuramente poco, ma si sa, Timi non è più un artista da premi e da critica… lui riempie le sale fino a farle scoppiare e con il suo lavoro sfida tutto e tutti, prova a fare un teatro che parli alle nuove generazioni. Per questo simbolicamente il Premio glielo diamo noi.

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