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Opinioni

“La Luna” di Davide Iodice al debutto: “Il teatro deve uscire dalle sale e incontrare la vita”

Intervista a Davide Iodice al debutto con “La Luna” ispirato all’Orlando Furioso, a Palazzo Fondi, a Napoli. Al centro della messa in scena gli oggetti di scarto di un’intera comunità rivivono attraverso l’emozionante racconto del regista partenopeo: “Il compito del teatro è affondare le unghie nel presente”.
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Il regista Davide Iodice
Il regista Davide Iodice

Di recente mi è capitato di leggere la commovente testimonianza di un uomo che ha perso la compagna alle Twin Towers l'11 settembre 2001 a Manhattan, raccontava di come all'indomani dell'attentato fosse tornato a casa e avesse buttato via tutte le cose dell'amata, tranne una: un pallone che la donna aveva gonfiato in spiaggia qualche giorno prima di quel terribile giorno. "Lì dentro c'era il tuo respiro" ha scritto l'uomo nel suo messaggio di cordoglio. Con "La Luna" – che debutta stasera a Napoli nel suggestivo spazio di Palazzo Fondi (repliche fino a domenica 29), dopo la presentazione al Napoli Teatro Festival Italia della scorsa estate – Davide Iodice compie un'operazione simile in scena: raccontare il fiato del teatro con i nostri ricordi più intimi e coinvolgenti, attraverso gli oggetti.

Di scarto, perlopiù. Rifiuti di cui una comunità intera, nei mesi precedenti all'allestimento, si è liberata donandoli al drammaturgo e regista de "La fabbrica dei sogni" e  "Un giorno tutto questo sarà tuo" di cui "La Luna" rappresenta un'ideale terza tappa. Cammino che a mio avviso – pongo questa iniziale riflessione al regista napoletano classe 68′, cresciuto teatralmente con Andrea Camilleri, Leo de Berardinis, Carmelo Bene e Carlo Cecchi, già premio Ubu nel 1999 – muove tutto attorno al tema del dolore. Questione che, tuttavia, Iodice mi restituisce secondo una chiave d'interpretazione diversa.

"La mia non è una riflessione intenzionale attorno al dolore. In genere tento di articolare i processi che studiano l'uomo" dice. "Quando sfioro degli ambiti di umanità specifica, come il dormitorio pubblico o in luoghi del disagio, è chiaro che finisci per incrociare la sofferenza delle persone, il loro dolore. Tuttavia ne "La Luna" ho cercato di far emerge il dolore come un passaggio che ha davanti a sé una prospettiva di conforto.

"Prospettiva di conforto" che in questo caso sta a monte, ancor prima della messa in scena…

Il solo gesto di consegnare i propri rifiuti personali, spesso evocanti ricordi dolorosi, è già qualcosa che ti riscatta. C'è dolore in questo percorso? Certo, ma è un dolore che cerca di aprire una breccia di speranza, ad illuminare una strada che provi a superarlo. Come ha detto un uomo che ci ha consegnato l'atto di morte di sua moglie morta 25 anni prima: ‘Ho risposto alla vostra chiamata e vi sto consegnando il documento che attesta la sua morte perché credo che se tutto questo dolore può trasformarsi in arte, allora avrà avuto un senso.'

La tua attenzione al processo è uno degli aspetti più interessanti del tuo teatro. Come hai lavorato all'allestimento de "La Luna" dalla chiamata a raccolta dei materiali alla messa in scena con i performer?

Sono partito da un'intuizione qualche anno fa (questo progetto è esso stesso un rifiuto, essendo stato rifiutato diverse volte). Da qui il tentativo è stato provare a "oggettivare" una poetica del borderline, della marginalità, di ciò che viene scartato, attraverso una dichiarazione iconica, così ho concentrato l'attenzione sul rifiuto. Il processo di allestimento ha avuto due fasi fondamentali. La prima è stata la chiamata pubblica a cui è seguita la consegna da parte delle persone che hanno voluto consegnarci i loro rifiuti. Dopodiché è iniziata la fase in cui, prima con un laboratorio alla Accademia delle Belle Arti e poi con i partecipanti alla Scuola Elementare del Teatro di cui mi occupo a Napoli, abbiamo "lavorato" gli oggetti. Siamo partiti dalle testimonianze di chi ce li ha donati (e che abbiamo registrato a video durante la consegna), in seguito abbiamo lavorato di improvvisazione, collegando le storie, fino a quando nella parte più intensiva del percorso siamo giunti al punto in cui i contenuti si sono sedimentati. Da lì sono partito per individuare un filo comune, dei temi. E mi sono imbattuto nella corrente che trascinava con sé tutti i diversi segmenti narrativi. I versi di Damiano Rossi a inizio spettacolo rappresentano una sorta di prologo dichiarativo della rappresentazione.

@Cristina Ferraiuolo
@Cristina Ferraiuolo

Un processo catartico e quindi ancestralmente teatrale. Come drammaturgo e regista, cos'è per te necessario far arrivare allo spettatore? E che spazio occupa il teatro oggi?

Quando la videocamera ha ripreso i momenti della consegna ho notato spesso dei sobbalzi emotivi nelle persone che ce li affidavano. Quella per me è catarsi. In generale, realizzare questo spettacolo è stato un percorso liberatorio, commovente, soprattutto per me che li raccoglievo dalle mani vive delle persone. Questo è il ruolo del teatro: affondare le unghie nel presente, nella sua problematicità. Come diceva Antonio Neiwiller: "Il compito del teatro è uscire dal teatro, nutrirsi della vita". Perché il teatro è sempre sociale, oppure non è teatro. È sempre politico, oppure non è teatro. Come artisti oggi siamo chiamati ad accorciare la distanza tra le sale e la vita. Evitare ciò che sosteneva Bernard-Marie Koltès quando diceva: "Quello che mi è chiaro quando entro in teatro è che la vita sta da un'altra parte".

Ne "La Luna" ciò che sta da un'altra parte sono i rifiuti, le cose che gli uomini perdono e che finiscono in una discarica. Il richiamo all'"Orlando Furioso" ha a che fare con la perdita della nostra memoria collettiva oggi?

"La Luna" trae ispirazione dal trentaquattresimo canto dell'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, dal verso "ciò che sulla terra si perda, là si raduna". È un progetto che lavora anche sulla memoria, perché la nostra esistenza è disseminata di piccoli scarti. Ne "La Luna" c'è un'epoca del rimpianto ed è l'infanzia, intesa come stagione della vita e non un'epoca precisa della storia.

"La Luna" di Davide Iodice: come, dove, quando

@Cristina Ferraiuolo
@Cristina Ferraiuolo

Quando: da martedì 24 settembre 2019 (repliche fino a domenica 29)

Dove: Palazzo Fondi, Via Medina 24, 80133 Napoli

Orario spettacoli: due repliche al giorno h.18 e h.21 (max 50 spettatori – prenotazione obbligatoria)

Durata: 75 minuti

Biglietti: euro 15 (ridotto under 30 euro 12) acquistabili online su Prevendita: liveticket.it/teatroareanord

Info: tel. 0815514981 – tel. 0815851096  Web:  teatriassociatinapoli.it  Email: teatriassociatinapoli@gmail.com 

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Scrittore, sceneggiatore, giornalista. Nato a Napoli nel 1979. Il suo ultimo romanzo è "Le creature" (Rizzoli). Collabora con diverse riviste e quotidiani, è redattore della trasmissione Zazà su Rai Radio 3.
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