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Boris Pahor, 107 anni di saggezza: “Ho vinto la spagnola, vincerò anche il Coronavirus”

Lo scrittore triestino ha attraversato il ventesimo secolo per intero. Dalla Grande guerra ai campi di concentramento durante la Seconda guerra mondiale, passando per le due pandemie di questo secolo: la spagnola e il Coronavirus. In un’intervista a Repubblica, il racconto di un testimone diretto della terribile epidemia che nel 1918 sconvolse il mondo.
A cura di Redazione Cultura
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Oggi Boris Pahor ha l'incredibile età di 107 anni ed è un testimone straordinario del ventesimo secolo. Non c'è tragedia del secolo breve che l'autore di Necropoli non abbia attraversato in prima persona, dalla Grande guerra ai campi di concentramento nella Seconda: ai due estremi di questi eventi le due pandemie che hanno sconvolto il mondo, l'influenza spagnola nel 1918 e il Coronavirus oggi. Ieri Repubblica ha pubblicato un'intervista in cui lo scrittore ultracentenario, a Trieste, nella sua casa affacciata sul mare, ha parlato di quell'epidemia che visse in prima persona e che vide la morte di sua sorella.

"Noi rimanemmo contagiati durante la seconda ondata, quella autunnale, mentre la Prima guerra mondiale stava finendo" ha dichiarato Pahor al microfono di Antonio Iovane. "Ricordo che stavamo a letto e non facevamo che sudare, con 39-40 di febbre, eravamo tutti bagnati. Ho l'immagine di me che scendo dal letto per aiutare mia madre che era scivolata giù. Ricordo che la spinsi di nuovo sul letto. Vivevamo in isolamento, come oggi".

Per comprendere la differenza tra la pandemia di ieri e oggi, nell'intervista a Repubblica, Pahor ci parla anche del modo differente di affrontare la spagnola, rispetto al Coronavirus, visto che all'epoca non esistevano dispositivi di protezione possibile, né cure, ma soprattutto c'era la Grande guerra in atto: "Non portavamo le mascherine, non c'era niente. Non c'erano medicinali e i medici erano pochi, la maggior parte si trovava sul Carso, per la guerra. Eravamo vestiti normalmente, le magliette bisognava cambiarle continuamente perché erano sempre bagnate."

E il giorno in cui la terribile epidemia di spagnola passò? Come si comportarono, ci fu una festa? "Non ricordo di una giornata di festa" dichiara lo scrittore. "Certo, c'era contentezza, ma c'era una grande differenza tra ieri e oggi. Ai tempi della spagnola avevamo fame. Non abbiamo fatto niente di eccessivo, niente di memorabile, perché avevamo fame".

Tutto ciò non può non portare a considerazioni più"storicizzate" su Coronavirus e Covid, nelle parole del centenario Pahor, che dispensa pillole di saggezza e tranquillità. Come ne usciremo da questa pandemia? "Non lo so, io credo che arriverà presto il vaccino" riferisce. "Personalmente bevo quattro caffè al giorno, che mi danno energia, prendo 30 gocce di rosa canina e faccio il vaccino antinfluenzale da quando esiste. Anche quest'anno sto aspettando che il medico venga a casa per il vaccino. Ho vinto la spagnola, vincerò anche questa".

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