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Adriano Olivetti moriva 60 anni fa, il capitalista che amava welfare e ambiente

Era il 27 febbraio del 1960 quando l’ingegnere Olivetti salì su un treno per la Svizzera. Fu colto da una emorragia cerebrale e non si riuscì a salvarlo. Anche quell’anno, come questo (ma per motivi assai diversi), il Carnevale di Ivrea fu annullato. Sessant’anni dopo resta l’idea di un capitalismo sostenibile, che in Italia quasi nessuno ha inteso replicare.
A cura di Redazione Cultura
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Esattamente 60 anni fa moriva Adriano Olivetti. Era il 27 febbraio del 1960 quando l'ingegnere Olivetti salì su un treno per Losanna, in Svizzera. Subito dopo aver attraversato il confine, vicino ad Aigle, fu colto da una emorragia cerebrale. Non si riuscì a salvarlo. Anche quell'anno, come questo (ma per motivi assai diversi), il Carnevale di Ivrea fu annullato. Tanto era importante la figura dell'imprenditore e visionario Adriano Olivetti: all'epoca la sua azienda aveva 36mila dipendenti. Tuttavia, per una vita, l'imprenditore Olivetti fu un insofferente al capitale e ai suoi difetti incorreggibili.

Imprenditore, editore, politico, Olivetti ha incarnato la via italiana al giusto capitalismo, una possibilità mai sfruttata, se non da pochi casi isolati, sostituita troppo presto da un'idea di rapina dell'accumulazione di ricchezza. Famoso per le macchine da scrivere che ne hanno fatto un'icona mondiale, a partire da quella famosa Lettera 22 simbolo pop, in realtà Adriano Olivetti è stato soprattutto un imprenditore illuminato, fautore dell’organizzazione decentrata del personale, delle direzioni per funzioni, della razionalizzazione dei tempi e metodi di montaggio, dello sviluppo della rete commerciale in Italia e all’estero.

E poi il welfare aziendale, la sostenibilità ambientale. Tante le questioni per cui oggi avremmo bisogno più che mai di un Adriano Olivetti. La rete di servizi sociali a beneficio dell’intera comunità dei lavoratori della Olivetti resta un modello ineguagliato, che solo Ferrero ha provato a ripercorrere in Italia. Purtroppo oggi, in Italia, di quel laboratorio del futuro resta molto poco, era una straordinaria opportunità da cogliere. Ma nell'Italia dei precari e della compressione costante dei diritti dei lavoratori, di quella speranza di un laboratorio del futuro, nulla o quasi resta di quel fiore che andava colto per essere ripiantato in altri terreni, in altri settori.

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